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dal sito della Comunità Progetto Sud
un analisi (ed un impegno di contrasto) delle dipendenze che condividiamo e che cerchiamo di promuovere anche nella nostra realtà.
la Casa della Legalità e della Cultura
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Di che stiamo parlando?
Sebbene le dipendenze principali e più conosciute siano quelle relative alle droghe, esiste un altro gruppo di dipendenze legate a oggetti o attività non chimiche.
In questi ultimi anni si parla sempre più spesso delle cosiddette nuove dipendenze o, per usare un termine inglese, delle "new addictions", cioè di quei comportamenti socialmente accettati, tra i quali la dipendenza dal gioco d’azzardo, da internet, dallo shopping, dal lavoro, dal sesso, dal lavoro e dalle relazioni affettive, che, ripetuti ossessivamente, fino all’estremo o in modo continuamente vano e insensato, smettono di svolgere il loro ruolo sociale per schiavizzare l’essere umano. Tali forme di dipendenza pur non comportando l’uso di sostanze psicoattive, hanno effetti che sono altrettanto preoccupanti ed a volte persino devastanti.
Comprare duecento paia di scarpe, passare ore e ore davanti al computer comunicando con sconosciuti, senza rendersi conto del tempo che passa. Ma anche rimanere in ufficio ben oltre l’orario di lavoro, o rovinarsi la vita per il videopoker, essere ossessionati dall’attività fisica e sportiva. Sono solo alcuni esempi di persone che hanno perso il senso della misura e che, anche se non riescono ad ammetterlo, sono "malate". Annullano la propria vita e quella degli altri.
Il problema vero sembra essere quello di come riempire l’esistenza. Queste nuove forme di dipendenza sono in espansione e mettono radici su incertezze, immaturità, false speranze, sicurezze apparenti. Ci rivelano chiaramente che le trasformazioni della nostra epoca hanno determinato cambiamenti significativi negli stili di vita individuali e collettivi generando, accanto a nuovi benesseri, anche falsi bisogni e nuove inquietudini. Uomini, donne, giovani e adolescenti, super-impegnati, costretti a vivere situazioni sociali, affettive e lavorative di ambizione, di immagine, di efficienza, spesso in realtà sono persone fragili. Il mondo esterno ci schiaccia con richieste insistenti, sostanzialmente ci induce alla ricerca della gratificazione immediata e all’eliminazione di stress, vuoto e noia. Siamo indotti a costruire false immagini di noi stessi per poter stare al passo con i tempi. E se non ci riusciamo abbiamo a portata di mano ricette pronte e falsi conforti.
Queste dipendenze non causate da sostanze sono molto insidiose perché meno riconoscibili e meno trattabili con mezzi terapeutici. Le persone colpite sentono una vera e propria schiavitù fisica e sintomi precisi: senza la loro "droga" avvertono nausea, mal di testa, senso di vertigine, vomito, sviluppano aggressività, ansia ed atteggiamenti patologici.
"Dipendenza"?
Ma cosa significa "dipendenza"? Dipendere significa avere bisogno, necessità, di qualcuno o qualcosa per soddisfare una propria esigenza vitale: un benessere fisico o un equilibrio psicologico. Esistono dunque sia dipendenze sane che dipendenze patologiche. Sane e naturali sono, ad esempio, la dipendenza dall’aria, dall’acqua, dal cibo, dalle relazioni sociali, dagli affetti familiari, dalla vita spirituale, nella misura in cui tutto ciò ci consente di poter vivere e accrescere la nostra interiorità.
Patologiche sono quelle dipendenze che, viceversa, diminuiscono o annullano il controllo su noi stessi, compromettendo gravemente la qualità della nostra vita e quella altrui. Tali dipendenze causano una perdita di controllo sulla capacità di scegliere, di saper dire no. Di questo tipo sono le dipendenze da sostanze e da oggetti (alcool, droghe, farmaci, beni di consumo), le dipendenze da persone (genitori, parenti, partner amorosi o sessuali, capi carismatici) o da situazioni (sesso, trasgressioni, eccessi, ecc.).
La dipendenza patologica s’instaura quando si ricorre sistematicamente ad esperienze fuori dall’ordinario, stordenti o eccitanti, per evitare ansia, panico o depressione, per riuscire a mettersi in relazione con gli altri, per provare emozioni significative nei confronti della realtà o di se stessi, per mantenere un equilibrio psicofisico, per sentirsi all’altezza delle situazioni di vita e di lavoro.
Attenzione, però: non bisogna confondere una intensa attività o un uso intenso e smodato con la dipendenza: colui che sa comunque "gestire" i propri eccessi non è un dipendente, anche se è esposto a diventarlo.
Come facciamo a capire che siamo "dipendenti" da qualcosa o qualcuno?
Alcuni atteggiamenti che possono indicarcelo sono: l’impossibilità a resistere all’impulso di mettere in atto un certo comportamento; una sensazione crescente di tensione prima dell’inizio dell’atto e di perdita di controllo durante; ripetuti tentativi di ridurre o abbandonare il comportamento; reiterazione del comportamento nonostante la consapevolezza che lo stesso possa causare o aggravare problemi di ordine sociale, finanziario, psicologico o psichico; agitazione o irritabilità in caso di impossibilità a dedicarsi al comportamento.
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Nel linguaggio comune si tende a non far distinzione tra indipendenza e autonomia. Molti individui sono indipendenti, fisicamente, praticamente, materialmente, ma non sono autonomi interiormente. Possono anche vivere da soli, essere in grado di mantenersi economicamente, ma non hanno fondato le radici in loro stessi. Continuano a mantenere gli altri come riferimento costante, a dipendere dal loro giudizio e dalle loro prestazioni, a ritenere indispensabili la loro presenza e il loro appoggio.
"L’amo da morire!", è una frase che abbiamo sentito forse centinaia di volte. Ma è vero che si può "morire d’amore"? I francesi, un tempo, lo chiamavano amour fou, amore folle. Oggi, gli anglosassoni lo chiamano love addiction, ossia dipendenza amorosa o affettiva.
Esistono persone, soprattutto donne ma sempre più anche uomini, che vivono la dedizione d’amore fino al limite estremo: sopportano sacrifici, angherie, maltrattamenti, si annullano per l’amato fino a "morirne", non sempre solo in senso figurato.
L’amore può dunque essere considerato una psicopatologia? Ebbene, se la finalità dell’amore non è la crescita dell’Io o dell’amore stesso, ma piuttosto l’autodistruzione, abbiamo il diritto e anzi il dovere di parlare di una psicopatologia.
La dipendenza affettiva patologica nasce da una bassa stima di sé, da una mancata maturazione del sentimento di dignità e di valore personali, che possono derivare sia da esperienze infantili negative, sia da un giudizio morale riguardo a se stessi rigido e persecutorio, di tipo depressivo, più o meno nascosto.
La ricerca inesausta di conferme dall’Altro proviene dall’incapacità di darsele da sé queste conferme. L’Altro diventa così lo specchio e il nutrimento dal quale finiamo col dipendere.
Una relazione affettiva così fondata si basa su una disparità di fondo, che alla lunga non farà che creare malessere.
Una relazione equilibrata è quella in cui l’intimità è reciprocità, è mutuo riconoscimento disinteressato che rende possibili rapporti destrumentalizzati, fondati sulla gioia di dare gioia; è scelta di donarsi. Si raggiunge se si è raggiunta una forte autonomia personale, che consenta di esporsi nella relazione per quello che si è, con le proprie debolezze, senza necessità di controllare l’altro.
Amare significa riconoscere l’altro, la sua identità, il suo spazio psicologico vitale, la sua unicità; una reciproca comprensione che permette di regolare le distanze e di rispettare i confini dell’altro.
Senza dubbio l’amore dovrebbe essere generoso, per sua natura, ma nello stesso tempo dovrebbe poter essere anche sanamente egoistico. Non c’è errore di prospettiva più deformante e dannoso che far dipendere il nostro benessere, la nostra stabilità affettiva e la realizzazione delle nostre aspirazioni da un’altra persona, fosse quella che più amiamo al mondo. Se poi il rapporto si logora e si spezza, la persona maggiormente coinvolta dovrà fare i conti non soltanto con il fallimento di un progetto che aveva colmato il senso della sua vita, ma anche con il deserto che l’assenza di investimenti alternativi gli ha creato intorno.
Abbandono e solitudine sono spauracchi sempre in agguato e diventano validi pretesti per lasciarsi ricattare affettivamente.
La dipendenza patologica da una persona assomiglia a tutte le altre forme di dipendenza, stessi comportamenti compulsivi, stessa degradazione, stesso terrore delle crisi di astinenza, stessa mortale solitudine.
La verità è che in ambito affettivo è più difficile smontare che costruire. È più difficile smettere di amare che innamorarsi. Ed è più difficile sciogliere i legami di dipendenza emotiva, anche quelli che non arrecano benessere, che crearne di nuovi.
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La nozione di dipendenza sessuale a volte è confusa con la normale positiva, piacevole ed intensa sessualità goduta con il proprio partner o con la semplice alta frequenza dei rapporti sessuali. Alcune persone vivono degli eccessi sessuali, ma sono comunque in grado di controllarli e sanno valutare adeguatamente le situazioni in cui vengono a trovarsi.
I dipendenti sessuali, invece, hanno perso il controllo sulla loro capacità di dire no. Invece di approcciarsi alla sessualità come gioco, relazione, comunicazione, scambio di piacere, momento privilegiato dell’intimità, la vivono in modo ossessivo, relazionandosi ad essa per confrontarsi con il dolore, prendersi cura di sé, rilassarsi dallo stress. Tale ossessione trasforma il sesso nella componente primaria della loro vita per la quale tutto il resto viene sacrificato, inclusi la famiglia, gli amici, la salute, la sicurezza ed il lavoro.
Il loro comportamento sessuale è parte di un ciclo di pensieri, sentimenti ed azioni che non riescono più a controllare. Il dipendente sessuale instaura, così, una relazione distorta con la realtà, in grado di modificargli l’umore con le cose e con le persone. Progressivamente, passa attraverso fasi nelle quali si allontana dagli amici, dalla famiglia e dal lavoro. La sua vita segreta diviene più reale di quella pubblica, sebbene a causa di questa doppia identità sperimenti potenti sentimenti di vergogna.
Secondo alcune ricerche poco più della metà dei dipendenti sessuali commetterebbe con alta frequenza reati a sfondo sessuale.
Il prototipo del dipendente sessuale è di sesso maschile, tra i 36 ed i 50 anni, residente al nord Italia, con un basso livello d’istruzione, separato o vedovo. L’uomo, infatti, è più esposto delle donne ai continui e martellanti stimoli sessuali che i mass-media impongono, proponendo figure femminili sempre più provocanti.
L’euforia prodotta dall’atto sessuale dura tanto quanto il rito sessuale. Ma subito dopo l’atto sessuale i dipendenti si sentono inebetiti, tristi, in colpa. Cessato l’orgasmo, queste persone sperimentano sentimenti di intensa disperazione e di odio nei propri confronti. La pressione esercitata dai loro pensieri negativi e i sentimenti di rimorso, vergogna e odio verso se stessi li portano al punto di ricercare il sollievo in modo assolutamente necessario. Come gli alcolisti cercano sollievo nel bicchiere, così i dipendenti sessuali lo cercano nel sesso e nel piacere che questo fornisce loro, stabilendo così il circolo vizioso di questa malattia che alla fine rende le loro vite impossibili da gestire.
Come conseguenza diretta, il soggetto che soffre di dipendenza sessuale può sviluppare disfunzioni sessuali, malattie sessualmente trasmesse o disturbi quali ulcera, pressione alta, calo delle difese immunitarie, esaurimento fisico o disturbi del sonno.
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L’interesse per gli sport estremi e le attività rischiose tra i giovani sembra essersi sviluppato molto tra gli anni ‘80 e ‘90, fino ad arrivare ai giorni nostri, in cui sempre più ragazzi sono attratti dalla sfida contro i propri limiti fisici e le paure o contro quelli della natura: il vuoto, l’altezza, le rapide, il vento e la velocità. Quando si parla di questi temi il pensiero va subito a quella fascia di giovani, il cosiddetto "popolo della notte", in cerca dello sballo continuo. In alcuni casi si parla anche di "baby gangs", gruppi dediti a piccole attività delinquenziali, in cui l’età dei componenti va dai 12 ai 24 anni e in cui si stima che la presenza femminile sia minoritaria.
Ma non bisogna pensare che si tratti soltanto di frange giovanili disagiate; non stiamo parlando soltanto di giovani malviventi o a rischio di devianza.
I dati mostrano che questo popolo di "estremisti del rischio" è composto da ragazzi e ragazze di classi sociali medie (o addirittura alte), senza problemi finanziari, a volte eccessivamente "coccolati" e protetti dalla famiglia, in cui la ricerca della trasgressività ("normale" fase di passaggio dell’adolescenza) si spinge fino ai limiti estremi della pericolosità per sé e per gli altri, della violenza gratuita e di veri e propri reati (danneggiamenti a cose, rapine o furti finalizzati alla ricerca di oggetti status symbol, come cellulari, giubbotti, etc.).
Nell’epoca attuale il rischio riveste una molteplicità di forme e significati con un denominatore comune: la ricerca di limiti che abbiano un valore di garanzia per l’esistenza. "Andare all’estremo di se stessi", "oltrepassare i propri limiti", ecc., sono tutti comportamenti di sfida necessari per affrontare se stessi, sotto gli occhi degli altri. Attraverso la ricerca dei limiti, l’individuo indaga le proprie caratteristiche, impara a riconoscersi, a dare valore alla sua esistenza.
Affrontare un rischio diventa la sfida suprema: incantare simbolicamente la morte. Sfidarla, tracciando i limiti della sua potenza, talvolta cozzandovi frontalmente, rafforza il senso di identità di colui che accetta la sfida. Dal successo dell’impresa nascono un entusiasmo, una boccata di significati capaci di restituire all’esistenza, almeno per qualche tempo, delle basi più favorevoli. Sfidare la paura, sentirsi totalmente liberi, potenti e invincibili, assecondare il bisogno irrefrenabile di spingersi sempre oltre, il tutto accompagnato dalle alterazioni fisiche e mentali che le forti scariche di adrenalina e sensazioni ed emozioni intense riescono a produrre.
Nel corso degli ultimi dieci anni, si è riscontrato un aumento vertiginoso dei comportamenti rischiosi soprattutto tra gli adolescenti: sfrecciare ad occhi chiusi davanti ad un segnale di stop, non fermarsi ad un semaforo rosso, guidare contromano in autostrada, saccheggiare un negozio, lanciarsi nel vuoto appesi ad un elastico, arrampicarsi su muri e palazzi, tuffarsi in acqua da scogli alti e pericolosi, giocare alla famosa "roulette russa", cavalcare i treni (surf metropolitano).
Tutti questi comportamenti che mettono in pericolo l’incolumità di se stessi (ma in realtà anche degli altri) permettono a chi li fa di sentirsi rassicurato sul fatto di esistere e di sperimentare una sottile posizione di dominio. In questo modo la morte cessa di essere una potenza temibile e imprevedibile per trasformarsi in una forza con la quale è possibile, fino a un certo punto, giocare, scommettere o con la quale negoziare e stipulare un patto.
Per i dipendenti dal rischio il tempo del pericolo è un tempo sacro, perché procura l’esaltazione, l’ebbrezza interiore di osare un’impresa in cui la vita è appesa a un filo. Proprio perché c’è la possibilità di perdere tutto, c’è anche quella di vincere tutto.
In una società in cui tutto diventa indifferente, occorre misurare il valore dell’esistenza rischiando di perderla. Paradossalmente, sfiorare deliberatamente la morte conferisce un prezzo alla vita, quando manca un sistema di significati e di valori collettivamente condiviso.
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Giocare d’azzardo è un comportamento estremamente diffuso, tollerato e anche socialmente incentivato. Moltissime persone si lasciano conquistare da forme di gioco d’azzardo, ed è esperienza o consuetudine di parecchi giocare la schedina, acquistare un biglietto di una lotteria nazionale, giocare al lotto o scommettere su una competizione sportiva: è un comportamento che offre la possibilità di sperare, con poca spesa e poca fatica, di poter cambiare la propria vita o realizzare un piccolo sogno, di sfidare o interrogare la sorte, di vivere un’emozione diversa.
La dipendenza dal gioco è l’unica dipendenza legale senza uso di droghe riconosciuta ufficialmente dalla psichiatria americana come un’alterazione psichica originata dal disturbo del controllo degli impulsi. Gli impulsi incontrollati sono accompagnati da una forte tensione emotiva e non si lasciano influenzare dal pensiero riflessivo. Quando il dipendente si abbandona al gioco attraversa un momento di sommo piacere, che può raggiungere il livello della sbornia o dell’estasi, causato dalla sensazione che il tempo si sia fermato e dal fatto che il soggetto esce da se stesso per entrare in uno stato di coscienza particolarmente alterato.
L’impulso irresistibile a giocare riesce a cancellare nel gambler il senso di colpa, che viene nascosto dietro false razionalizzazioni, ragionamenti apparentemente veri ma ingannevoli. "Giocherò solo fino a tale ora e a tale momento"; "Dato che sto vincendo, devo continuare… devo approfittare della fortuna"; "Ora che sto perdendo non devo smettere… devo rifarmi"; "Non giocherò più". È un circolo vizioso: se il giocatore dipendente perde, tenta di continuare il gioco per riguadagnare i soldi persi, e, se vince, continua a giocare perché sente che è il suo giorno fortunato.
Quando il gambler tenta di rinunciare al gioco e di resistere a tale impulso cade in preda ad un profondo malessere sotto forma di ansietà o irascibilità, associato a turbe vegetative e disturbi del comportamento (una sintomatologia depressiva) che possono culminare nell’atto suicida.
Lo stimolo che può scatenare l’impulso al gioco può essere un fattore esterno o circostanziale, come il luogo, l’ora o la situazione, oppure può essere un fattore interno personale di tipo affettivo o cognitivo. In entrambi i casi, il gambler arriva alle stesse conclusioni: "Oggi mi sento fortunato, è il mio giorno".
Di solito questa dipendenza ha inizio in età giovanile (nella tarda adolescenza), ed è associata da una parte ad un rifiuto ansioso nei confronti dei doveri (paura di sottostare alla disciplina dell’ordine, dello studio e del lavoro), dall’altra a meccanismi nevrotici di fuga dalla realtà.
Non esiste un profilo di personalità specifico particolarmente predisposto alla dipendenza dal gioco, bensì alcuni tratti che coincidono più o meno con quelli osservati in altri tipi di dipendenza, quali la mancanza di autocontrollo (responsabile di comportamenti impetuosi ed impulsivi), la bassa autostima e gli elementi che costituiscono la personalità limite, narcisistica e antisociale. Inoltre, il sovraccarico di stress, la sensazione di solitudine e la difficoltà di concentrare la propria attenzione sono fattori caratteriali o situazionali che facilitano l’insorgenza di tale dipendenza.
L’angoscia di sottostare alla vita comune, fatta di tempi lunghi e di fatiche, è tale da spingere questi soggetti verso la falsa "scorciatoia" e l’illusione di una vincita immediata e definitiva che li renda diversi dai "comuni mortali" e definitivamente "liberi". Il disturbo che è al centro di questa dipendenza è una sorta di monomania, per la quale il gioco rappresenta una sfida alle norme e ai doveri vigenti e la vincita un piacere assoluto, che condensa in sé ogni felicità e separa radicalmente dall’angosciosa relazione con gli altri e con la società nel suo complesso.
È anche necessario sottolineare che l’assenza di leggi sufficientemente restrittive, accompagnata dall’incitazione proveniente dalla pubblicità e dall’alta disponibilità degli strumenti di gioco, sono tutti fattori ambientali importanti nella diffusione del fenomeno.
Oggi non è più necessario raggiungere un casinò per poter giocare d’azzardo: i "video-poker" sono macchinette "mangiasoldi" presenti ancora in molti bar italiani. Esistono anche casi di persone che s’indebitano giocando al lotto, che è un gioco d’azzardo "benedetto" dallo Stato, o con le scommesse sulle più svariate competizioni sportive. E naturalmente sfuggono alle statistiche ufficiali tutti i dati relativi al gioco clandestino. I giochi che danno più dipendenza sono quelli che permettono una maggiore prossimità spaziale e temporale tra la scommessa ed il premio, quali ad esempio le slot-machine e la roulette.
Con una dipendenza da gioco che va avanti da tempo è molto probabile che la situazione lavorativa, familiare ed economica del giocatore si aggravi a poco a poco, ma ciò non costituisce comunque un deterrente per l’interruzione del gioco incontrollato. La personalità del dipendente subisce modificazioni nella sfera volitiva, affettiva e cognitiva. In ultima analisi si può arrivare a vere e proprie forme di disperazione causate da diversi fattori: conflitti familiari, crisi professionale o perdita del lavoro, attacchi dei creditori, una salute debole.
Oggi è maggiormente possibile affrontare il problema della dipendenza da gioco e superarlo; esistono infatti sempre più centri specializzati e dei trattamenti terapeutici studiati per guarire da questa pericolosa forma di dipendenza. Da una parte una psicoterapia che aiuti il soggetto a capire le dinamiche antiche e presenti del suo rifiuto dei piaceri ordinari (amore, amicizie, lavoro, gioco disinteressato e sensibilità estetica); dall’altra interventi anche di tipo farmacologico (che sostengano il paziente nel graduale "svezzamento" dal sintomo e nella quasi inevitabile ricomparsa della soggiacente depressione) e gruppi di auto-aiuto con persone sofferenti dello stesso problema o di problemi connessi con la depressione ansiosa.
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La "compulsione all’acquisto" (la smania di comprare cose) si basa sul desiderio morboso e irrefrenabile di acquistare oggetti superflui o del tutto inutili, che spesso non riflettono i gusti abituali dell’acquirente, né tanto meno sono coerenti con le possibilità finanziare dello stesso, arrivando perfino a far andare in rosso i suoi conti economici.
La dipendenza dagli acquisti colpisce più frequentemente le donne piuttosto che gli uomini. La prevalenza femminile sarebbe dovuta a due fattori: in primo luogo, la maggiore predisposizione agli acquisti da parte delle donne, esposte di più all’influenza della moda, al capriccio del momento e al culto dell’immagine; in secondo luogo, la maggiore incidenza nelle donne dei fattori consumistici riguardanti la personalità, come il senso di solitudine e il basso livello di autostima.
Le cause di tale forma di dipendenza, sia negli uomini che nelle donne, sono molteplici: senso di solitudine o di vuoto esistenziale e le forme di personalità impulsiva, narcisistica e insicura. Gli oggetti acquistati dal compratore dipendente variano a seconda del sesso. Le donne di solito si indirizzano verso l’abbigliamento, gli indumenti intimi, le scarpe, i cosmetici e i gioielli, mentre gli uomini si lasciano affascinare dalle giacche, i computer, i video, gli impianti stereo e gli accessori per l’auto. Vi sono dipendenti che diversificano le proprie scelte mentre altri si concentrano esclusivamente su un tipo di prodotto. La maggior parte di queste persone tende a mettere da parte ciò che compra ed a volte finisce per regalarlo o buttarlo via.
Quasi tutti i soggetti dipendenti vanno incontro a serie difficoltà economiche: a volte l’eccessivo dispendio di denaro porta alla bancarotta della famiglia. Generalmente, i dipendenti dagli acquisti provano vergogna e un senso di colpa dovuti alla loro condotta e poche volte confessano ad altri la mancanza di controllo che li affligge. In letteratura si è soliti distinguere due forme principali di consumo patologico:
Consumopatia abusiva: la dedizione esagerata agli acquisti è sintomo di un disturbo psichico di natura patologica, quale ad esempio una depressione, un delirio schizofrenico o una demenza. L’eccesso negli acquisti, in questo caso inteso come disturbo psichiatrico, si attenua quando anche il quadro psichiatrico si attenua e non esige, quindi, alcun trattamento specifico. Consumopatia da dipendenza: la dedizione esagerata agli acquisti, dovuta al mancato controllo dell’impulsività, in questo caso si manifesta seguendo due sequenze: in primo luogo si riscontra la necessità irrefrenabile di acquistare un oggetto, accompagnata da un forte sentimento di ansia e irritabilità se non viene effettuato l’acquisto. Una volta esaudita tale frenesia si entra in uno stato di rilassamento piacevole, in seguito offuscato spesso dal senso di colpa. In secondo luogo, si rileva il ripetersi della necessità di fare acquisti dopo un periodo che può andare da alcune ore a varie settimane o mesi. Al momento dell’acquisto, il soggetto dipendente prova sensazioni acute di piacere, analoghe per alcuni aspetti a quelle prodotte dalla somministrazione di cocaina o di un narcotico a un tossicodipendente.
L’analisi psicologica mostra che, il più delle volte, l’individuo affetto da questa patologia è stato vittima, in età precoce, di una grave mortificazione della sua vera e spontanea identità, e che quindi, divenuto adulto, ricerca tale spontaneità nell’illusoria libertà consentita dal mondo delle merci.
L’insuccesso sistematico di questa ricerca rivela infine al soggetto la sua verità nascosta: l’esser stato e l’essere tuttora un individuo dipendente dal mondo esterno, immerso in uno scenario in cui è già impossibile sfuggire alla suggestione del consumismo: i rapporti umani sono sempre più rarefatti, mentre si moltiplica in modo vertiginoso il rapporto con le cose.
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In questo grande gruppo di dipendenze troviamo non solo quella televisiva (largamente studiata da diversi anni a questa parte), ma anche forme di dipendenza legate ad oggetti e tecnologie relativamente nuovi, come il computer ed Internet, le chat, i cellulari, la play station, i giochi interattivi, ecc. Il tutto in considerazione anche del fatto che negli ultimi anni si è consolidata l’equazione "tempo libero = uso dei mezzi di comunicazione di massa". Tutto ciò ha comportato, nella sfera individuale di numerose persone, un impoverimento di esperienze dirette di confronto con la realtà, a vantaggio del proliferare delle attività di conoscenza e intrattenimento mediate dai mezzi di comunicazione di massa, un processo che frequentemente tende a generare la confusione tra "realtà virtuale" e "realtà concreta".
Come ogni strumento di comunicazione, anche la televisione può essere utilizzata bene o male e può diventare oggetto da cui dipendere quando si ricercano in essa soddisfazioni ai propri bisogni o quando si delegano a questo mezzo compiti e funzioni sociali che non dovrebbe svolgere (educare i bambini, proporre modelli comportamentali per gli adulti, ecc.), divenendo uno "strumento umanizzato", al punto da rappresentare una vera e propria compagnia virtuale, talvolta preferita in parte o in tutto a quella reale.
Si parla di teledipendenza intesa sia come consumo eccessivo di televisione e sia come fissazione anomala nei suoi confronti.
Si usa distinguere dunque due forme di teledipendenza: il teleabuso (contemplazione regolare di una quantità eccessiva di televisione) e la telefissazione (contemplazione della televisione in condizioni del tutto sconsigliabili, per esempio in un atteggiamento silenzioso ed immobile, da soli o ignorando la compagnia delle persone presenti).
Il teleabuso provoca una specie di intossicazione cronica che trasforma gradualmente la mentalità del telespettatore che diventa passivo (con perdita di iniziativa, impulso e senso critico) ed apatico (con indifferenza e mancanza di motivazione), come se si trovasse in uno stato di inerzia dal quale esce ogni tanto con un’ondata di impulsività spesso interpretata come comportamento violento improvviso.
La caratteristica principale della telefissazione, invece, è l’assoluta immersione della mente del telespettatore nello schermo, in modo ripetuto o prolungato. Il suo effetto è un’intossicazione televisiva acuta che si riflette in uno stato mentale che oscilla tra l’ebbrezza, o la trance estatica, ed il vuoto tipico di una semiparalisi mentale. Nel caso dei bambini la telefissazione può provocare stati di trance semiipnotica. L’immagine televisiva si sdoppia e divora la mente infantile, se durante questo processo non intervengono i commenti di un adulto presente. Quasi lo stesso accade negli adulti dotati di scarsa energia psichica, ipersensibili, ultraricettivi o molto suggestionabili.
Esistono teleabusi a tutte le età, da quando si nasce fino a quando si muore. I capricci fatti dai bambini per vedere la TV cominciano già all’età di 3 anni. Ma la passione eccessiva per la televisione coinvolge anche gli adolescenti e gli adulti, creando non pochi disagi.
Il quadro complessivo della teledipendenza si sviluppa progressivamente andando a scapito del rendimento scolastico o dell’efficienza sul posto di lavoro, di attività di svago alternative, della comunicazione socio-familiare e perfino del livello intellettuale ed affettivo del soggetto, sempre più caratterizzato dall’apatia, da un atteggiamento passivo e dalla mancanza di senso critico.
Il teledipendente arriva ad avere crisi di astinenza con nervosismo, irritabilità e agitazione ansiosa, nel momento in cui non ha a disposizione una televisione o tenta di resistere all’impulso di accenderla. Inoltre, è maggiormente predisposto verso altre dipendenze correlate, come quella dagli acquisti o da Internet.
Relativamente alla dipendenza da computer e da Internet ("Internet Addiction Disorder", I.A.D.), bisogna precisare che non tutte le persone che ne fanno uso ne diventano poi dipendenti. Nelle case, sul posto di lavoro e a scuola, milioni di persone ogni giorno spediscono e-mail, ricercano dati per i loro studi e affari, si tengono aggiornati, ecc. Queste persone non restano alzate tutta la notte per colloquiare nelle chat-line, né si perdono per ore in giochi interattivi, ma continuano a prestare attenzione alle relazioni che hanno nella vita reale e non si sottraggono ai loro obblighi e alle responsabilità quotidiane.
Eppure, ogni giorno un numero sempre maggiore di utenti e di loro familiari racconta di esperienze angosciose e di vite sfuggite ad ogni controllo. Persone che arrivano a considerare Internet non come uno strumento tecnologico, ma come una tentazione tecnologica.
La maggior parte degli studi condotti sull’argomento ha dimostrato che: molti Internet-dipendenti hanno già alle spalle significativi problemi emotivi o psichiatrici ancora prima di essersi mai collegati alla Rete (ad esempio, depressione, disturbi bipolari o anche ossessivo-compulsivi); molti Internet-dipendenti sono ex alcolisti o ex tossicodipendenti. In questi casi il ricorso ad Internet sembra strettamente collegato ad un tentativo di compensare le difficoltà relazionali reali, ricercando nella Rete amici o relazioni sentimentali attraverso una via più veloce e che consenta di superare le insicurezze che, invece, sono amplificate dalle quotidiane relazioni faccia a faccia. Ma la Rete, ricca di potenzialità e opportunità di informarsi, conoscere e confrontarsi, risponde molto bene ai bisogni anche di persone che non hanno mai avvertito alcun disturbo psicologico, le quali non sono esenti dalla possibilità di divenire vittime dei propri stessi bisogni, attraverso dei comportamenti rischiosi di eccessivo consumo, talvolta associati ad una complementare riduzione delle esperienze di vita e di relazione reali.
La Rete è molto allettante: consente di annullare lo spazio e le distanze, di inventare le più diverse identità, di fingere, osare, vivere emozioni sentendosi "protetti", sentirsi appartenenti ad uno o più gruppi. Ma rischia anche di attrarre chi è costituzionalmente "indifeso" e impreparato (come i bambini e gli adolescenti) in territori pericolosi, come la pornografia, la sessualità vissuta in maniera distorta e la violenza in generale.
È stato appurato che gli uomini e le donne fanno uso del mondo on-line in modo molto diverso: i primi sono più orientati verso le fonti di informazione, i giochi interattivi di tipo aggressivo, spazi chat sessualmente espliciti e cyberpornografia; le seconde prediligono le chat room per allacciare amicizie che diano qualche tipo di sostegno, per cercare un’avventura romantica o per lamentarsi dei propri problemi personali. Le donne, inoltre, vivono con sollievo il fatto che nessuna persona incontrata in Rete possa conoscere il loro aspetto fisico.
Ciò che sembra accomunare tutti gli Internet-dipendenti è la negazione del problema, come peraltro lo è per qualunque tipo di dipendenza. Queste persone non riconoscono il proprio comportamento come problematico, né si rendono conto delle conseguenze negative che esso produce.
I danni più frequenti provocati da tale tipo di dipendenza sono: a) l’obesità, legata non solo al poco movimento, ma anche all’abitudine di "spiluccare" snack e merendine davanti al monitor; oppure la perdita di appetito, legata all’estraniazione dal mondo reale; b) dolori articolari; c) danni alla vista; d) vertigini e senso di nausea; e) alienazione; f) difficoltà relative alla sfera familiare, lavorativa e affettiva.
Quali sono a grandi linee le vie che conducono all’Internet-dipendenza? Si può provare a schematizzarle così. Prima fase: caratterizzata dall’attenzione ossessiva e ideo-affettiva a temi e strumenti inerenti l’uso della Rete, che genera comportamenti quali controllo ripetuto della posta elettronica durante la stessa giornata; una modalità di fruizione a "zapping" alla ricerca di programmi e strumenti di comunicazione particolari; prolungati periodi in chat.
Seconda fase: caratterizzata dall’aumento del tempo trascorso on-line (anche nelle ore lavorative e nelle ore notturne, in cui si è disposti a rinunciare anche al sonno) con un crescente senso di malessere, di agitazione, di "mancanza di qualcosa" o di "basso livello di attivazione" quando si è scollegati (una condizione paragonabile all’astinenza). E se inizialmente l’aspetto economico relativo ai costi di connessione poteva rappresentare un lieve fattore di inibizione di questa tossicofilia, oggi risulta pressoché irrilevante, date le numerose possibilità di rimanere a lungo collegati a basso costo.
Terza fase: in cui l’Internet-dipendenza agisce ad ampio raggio, danneggiando diverse aree della vita, quali quella scolastica/lavorativa e quella relazionale, in cui si rilevano problemi di scarso profitto, di assenteismo e di isolamento sociale anche totale.
Anche un uso eccessivo ed un attaccamento morboso al cellulare, possono creare forme di dipendenza che riflettono un generico disagio nell’instaurare sane relazioni sociali ed una tendenza all’estraniazione dal mondo reale.
Si può diventare dipendenti anche dal telefonino? Evidentemente sì. Il cellulare provoca dipendenza al pari della cocaina o di altre sostanze stupefacenti. Sebbene nessuna clinica ammetta pazienti dipendenti dal telefono mobile, sono in crescita i medici che confermano questa tendenza. La sindrome si manifesta in età giovanile (ormai ansia e depressione colpiscono anche i più piccoli) ma, crescendo l’età, interessa percentuali sempre più ampie di popolazione.
Alcuni esperti hanno fatto notare che per parlare di dipendenza è necessario che le persone subiscano seri danni. L’uso della cocaina, per esempio, provoca danni al cervello, mentre per i telefoni mobili non si è ancora giunti a una simile conclusione, sebbene si sia parlato dei possibili rischi dovuti alle loro radiazioni. Alcune aziende (inglesi) hanno comunque cominciano a prendere il problema sul serio, pubblicando le raccomandazioni per evitare che l’uso prolungato della tastiera provochi danni alle mani e alle dita. I problemi che nascono da questa sorta di "malattia" sono, appunto: dolori alle mani e in particolare al pollice; un senso di vuoto e addirittura ansia quando non si può usare il cellulare. Molti ricorrono al medico per cercare di rimediare a questi fastidi, soprattutto al dolore alla mano che nasce dall’abitudine eccessiva di spedire SMS e anche da un parallelo uso smodato dei videogame. Oltre a provocare irascibilità e disturbi dell’umore, gli SMS sono responsabili anche della perdita del lessico e della capacità di parlare nei giovani, che preferiscono un linguaggio simbolico e sintetico.
La dipendenza da SMS colpirebbe, secondo alcune indagini, ben un ragazzo su tre!
Da alcune indagini risulta che ben il 70% dei soggetti modifica il proprio comportamento quando è impossibilitato a usare il telefonino, mostrando tic di natura nervosa, mai evidenziati prima, come ad esempio mettersi continuamente le mani in tasca, guardare spesso l’orologio, cercare il telefonino ogni volta che si sente uno squillo, ecc.
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La dipendenza dal lavoro costituisce una delle tante forme di dipendenza lecita senza uso di droghe, descritta dagli specialisti come la più "pulita" delle dipendenze. In realtà tale forma di dipendenza non è poi così recente, dato che la sua presenza si registrava già 50 anni fa, ma solo da pochi anni è oggetto di ricerca sistematica. La novità rappresentata dagli ultimi tempi è che mentre una volta era una forma di dipendenza tipicamente maschile, oggi essa colpisce con una certa frequenza anche le donne.
Molte persone evadono dai problemi relazionali o familiari, dal sentimento di vuoto interiore, buttandosi sul lavoro. Essi aggirano i problemi quotidiani. Il lavoro non ha più la funzione di garantire la base essenziale per sopravvivere, ma diventa una droga, che ci aiuta a superare le inquietudini esistenziali ed i problemi familiari.
A tal proposito, è necessario fare una premessa fondamentale: oggi in tutto l’Occidente il lavoro è il criterio indispensabile per integrarsi nell’ambiente socio-culturale, per essere accettati dagli altri come soggetti di pieno diritto, per conquistare la libertà personale attraverso l’indipendenza economica, ecc. Tutti questi elementi possono trasformare il lavoro in se stesso in una fonte di piacere indiretto. Il lavoro diviene così un’attività che sebbene non risulti gratificante in sé, lo è invece per le sue implicazioni sociali ed i suoi risultati. Gli elementi del lavoro che più scatenano la frenesia ed il piacere sono il successo e il potere.
Il dipendente dal lavoro avverte la forte necessità di dedicare la sua vita ed il suo tempo al lavoro a costo di ridurre o eliminare del tutto la vita familiare e personale. L’elemento della vita che generalmente si altera più precocemente a causa della dipendenza dal lavoro è proprio la vita familiare: mancanza di comunicazione tra i suoi membri, atteggiamento autoritario e spesso irato del soggetto dipendente.
Il dipendente vive per il suo lavoro e si sente desolato, vuoto, angosciato o irritabile quando ne è lontano, come succede in un giorno festivo e nei fine settimana. Pensa giorno e notte al lavoro, si sforza di trovare soluzioni ai problemi dell’azienda, che siano reali o immaginari, ha incubi su supposti errori commessi sul lavoro e fantastica sul migliore dei modi per affrontare il capo.
Altri tratti specifici del lavoratore patologico sono: l’iperattività, lo spirito di competizione e sfida, un forte spirito d’impresa, il desiderio illimitato di soddisfazione professionale, il culto dell’impresa e del lavoro, una relazione difficile con il tempo libero, la difficoltà a rilassarsi durante le vacanze ed il fine settimana, negligenza nella vita familiare, manifestazione di stress nel lavoro, un comportamento aggressivo e impaziente verso i colleghi di lavoro.
Sintomi psichici del dipendente possono essere stati di esaurimento, depressioni leggere, paure infondate e disturbi della concentrazione. Mentre i disturbi fisici si manifestano tramite mal di testa, mal di stomaco, disturbi cardiaci o disturbi circolatori.
I dipendenti nonostante tutto ciò continuano a dedicarsi sempre di più al lavoro. Le loro forze lavorative sembrano inesauribili. Tali persone accumulano sempre abbastanza lavoro e si sentono inutili se non sono sotto pressione. L’essere commiserati dagli altri a causa del tanto lavoro da svolgere riesce a diminuire i loro sensi di colpa ed a rafforzare la loro autostima.
Intensificandosi questo ritmo i problemi derivanti sono di natura sempre più preoccupante: pressione alta, ulcera e depressioni talmente gravi da rendere necessario un intensivo trattamento medico. Nella fase cronica della dipendenza è possibile che il rendimento lavorativo subisca una brusca diminuzione (anche perché la persona dorme sempre di meno, e magari lavora di nascosto) e che si passi all’uso di stimolanti e calmanti, di alcool e nicotina che non fanno che accelerare il fallimento morale e sociale.
I dipendente dal lavoro sopra- o sottovalutano se stessi. Si vedono come persone molto abili oppure come dei buoni a nulla. Pensano che le altre persone non li rispettino per quello che sono; per tale motivo le loro capacità vengono mostrate in modo esagerato e gli errori non vengono quasi mai nominati.
Sembra possibile che una predisposizione alla dipendenza dal lavoro venga agevolata nel caso in cui il dipendente abbia spesso dovuto guadagnarsi l’affetto dei genitori con rendimenti buoni. In molti dipendenti le proprie prestazioni lavorative diventano un tentativo inconscio di ottenere la loro approvazione.
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C’è chi di fitness si ammala, nel senso che ne rimane schiavo a tal punto da esasperare gli sforzi e le sedute di allenamento mettendo a repentaglio la propria salute.
Tanti sono gli ultraquarantenni che, sottoponendosi a sforzi esagerati per sfuggire all’invecchiamento, restano vittime di ictus e attacchi di cuore. Ma molte sono le persone che si impongono esercizi ed attività fisiche estenuanti (magari non sostenute da programmi di allenamento ben calibrati rispetto al proprio organismo) perché vivono con ossessione la cura del proprio corpo e la ricerca di una forma estetica perfetta.
La dipendenza da sport è uno squilibrio dell’allenamento che si verifica quando l’attività fisica praticata è talmente intensa che il nostro organismo non riesce, nei tempi di recupero, a smaltire la fatica accumulata. I suoi effetti sull’organismo sono significativi.
La dipendenza da sport è meglio conosciuta come overtraining che propriamente significa "eccesso di training", ma il termine viene utilizzato per indicare una condizione clinica che andrebbe più correttamente definita come "Sindrome da Overtraining (OT)". La "Sindrome da OT" è una situazione cronica, stabilizzata, per il cui recupero sono necessari mesi di riposo; è fondamentale infatti differenziarla dall’overreaching che è di breve durata (recuperabile con due settimane di riposo) e dal banale "senso di fatica" che perdura uno o due giorni dopo un sovraccarico di allenamento.
Come si genera l’overtraining?
Il nostro organismo ha bisogno di mantenere costanti nel tempo alcuni indici fisiologici quali: la temperatura corporea, la glicemia e lo stato di acidità del sangue. Quando ci alleniamo, mettiamo sotto stress il nostro corpo, perché questi parametri vengono modificati, e lo costringiamo ad adattarsi e ad elevare le sue prestazioni. Ciò non può avvenire in modo indiscriminato: occorre che ci sia un adeguato recupero tra una sollecitazione e quella successiva.
Oltre che da un’errata metodologia di allenamento, l’overtraining può essere determinato anche dalla monotonia degli esercizi, una cattiva alimentazione, lo scarso riposo notturno, un regime di vita non conforme alle norme sportive, l’uso di sostanze mediche pericolose, problemi di carattere personale, ecc.
In linea generale, i principali sintomi dell’overtraining sono:
- un eccessivo affaticamento per ogni minimo sforzo compiuto
- minore capacità di prestazione
- l’insorgenza di strane intolleranze alimentari
- nausea e disturbi gastro-intestinali
- l’abbassamento della frequenza cardiaca a riposo
- disturbi nel rapporto sonno/veglia.
A livello psicologico si registrano:
- scarsa concentrazione e tendenza a distrarsi
- poca voglia di allenarsi
- umore instabile
- irritabilità
- abbassamento dell’autostima
- poca determinazione e scarsa capacità di autovalutarsi.
Anche il fitness dunque, se vissuto negativamente, può far male. È necessario ricordare che fare sport non significa mai "dare il massimo" o "dimagrire ad ogni costo", ma ricercare, nell’attività che facciamo, il benessere psicofisico, conservando il massimo rispetto per il nostro organismo, limiti compresi.
Non è infrequente purtroppo riscontrare tra i dipendenti da sport anche chi ricorre al cosiddetto DOPING, in cui può instaurarsi una dipendenza da sostanza vera e propria (l’utilizzo di qualsiasi intervento esogeno farmacologico, endocrinologico, ematologico, ecc. che, in assenza di precise indicazioni terapeutiche, sia finalizzato al miglioramento delle prestazioni). Tale pratica va a produrre danni organici che, purtroppo, sono diagnosticabili solo a posteriori, oltre a creare una dipendenza psicologica frutto di un’alterata percezione di sé e del proprio corpo.
Presentazione sintetica del progetto
MESSA ALLA PROVA – ragazzi sentinelle di Legalità
Considerando la necessità di promuovere la socialità dei minori coinvolti e la promozione dei valori della legalità e del rispetto delle regole, la messa alla prova si suddividerebbe in due tipologie di intervento:
- a - educativa legata al tempo libero ed alla socialità
- b - inserimento-relazione sociale legata al contatto con il territorio e la comunità
Nello specifico:
-a- imparare i giochi educativi quali quelli promossi dalla ludoteca Labyrinth e degli Scacchi con la Scuola di Scacchi per far sì che i ragazzi coinvolti possano insegnare a loro volta ai ragazzi del quartiere e delle scuole le modalità di gioco. Un'attività apparentemente soltanto ludica, con questi "giochi" diviene canale di insegnamento dell'importanza delle regole e del loro rispetto, l’accettazione della sconfitta, il rispetto degli altri in quanto tutti si è uguali e la promozione dell’incontro-relazione con persone e non con giochi elettronici.
-b- osservare, conoscere, spiegare e interpretare la realtà che ci circonda. Attraverso un lavoro di osservazione e scatto di fotografie del territorio, in cui i ragazzi selezionino la realtà tra le cose belle e le cose brutte (alcuni esempi: il giardino pubblico pulito e con giochi e l'area abbandonata, la zona verde integra e le aree utilizzate come deposito di rifiuti abusive,...), collegate ad una relazione sul territorio dove sia determinante il loro contributo intellettuale.
Rilevazione dello stato di percezione di sicurezza e di vivibilità, attraverso questionari ed interviste, coinvolgendo in questo specifico lavoro i CIV di Rivarolo e di Sampierdarena al fine di ottenere un quadro dell’opinione degli operatori del tessuto commerciale e della comunità di abitanti delle zone coinvolte. L'azione di rilevazione dovrà poi vedere i ragazzi coinvolti nella stesura dell'interpretazione dei dati raccolti.
Inoltre, su entrambi i settori del progetto dovrebbe andarsi ad inserire (legandosi il presente al progetto Strummerville") il coinvolgimento delle cosiddette "tribù" di ragazzi sparse sul territorio, facendo sì che queste vengano coinvolte sia nelle azioni dei lavori di "osservazione-indagine" del territorio e della comunità sia come fruitori delle attività, ludiche e musicali che la struttura offre in modalità completamente gratuita, proprio per la promozione dell'aggregazione e socialità "pulita" dei ragazzi e delle ragazze.
ULTERIORI COINVOLGIMENTI
Naturalmente, nel perseguire questo progetto, si continueranno a svolgere le attività di incontro e laboratori di educazione alla legalità nelle e con le scuole. I ragazzi coinvolti presso la nostra struttura, verranno costantemente coinvolti nel "dialogo con i ragazzi".
Presentazione sintetica del progetto
"STRUMMERVILLE" educazione alle legalità con i ragazzi border-line
"Oltre le sbarre e i confini, oltre il deserto e ancora più in là,
stanotte è caduta una stella proprio sull’orlo della libertà..."
PERCHE’ «STRUMMERVILLE»
Genova è divenuta una megalopoli, con il suo centro "ripulito" e "animato" e l’abbandono completo delle periferie, soprattutto nel Ponente e nella Val Polcevera, dove al degrado urbano e sociale, l’unica risposta è stata quella dei "centri commerciali" e della desertificazione. Mentre questo processo di "ghettizzazione" delle periferie post-fordiste è avanzato, la necessità di socialità e incontro veniva segnalata come fondamentale dalla natura sempre più multietnica della popolazione. L’unica risposta attuata è stata quella della violenza ed il progressivo impoverimento della comunità locale a determinato un evidente inculturazione e chiusura nei confronti di qualsiasi stimolo culturale e sociale rispetto al territorio, con una ricaduta in un circolo vizioso di rifiuto delle regole, della convivenza con nuove realtà. Si è verificata uan differenziazione nei comportamenti sociali a livello generazionale, la popolazione adulta ed anziana tenedenzialmente si è chiusa in un ghetto casalingo, la popolazione giovanile variegata e molto spesso di provenienze culturali diverse si è riversata nelle strade e nei ghetti naturali di piazze come di aree Verdi sempre più dismesse. Sicuramente dal punto di vista sociale la caduta della presenza refenziale delle istituzioni primarie per l’adolescenza, la famiglia e la scuola, hanno determinato un ulteriore abbandono di queste "tribù metropolitane" che si avvicinano sempre di più come caratteristica a quelle dei nostri cugini dell’amercia centrale e latina (i ragazzi di strada). Queste generazioni, isolate nel ghetto e nei confini della propria solitudine, non agiscono la tendenza tipicamente adolescenziale: quella del sogno e del progetto. Joe Strummer ha portato intere generazioni ad andare "oltre", ad inseguire I prorpri sogni e progetti, incontrando le più diverse culture e tradizioni. Quindi Strummerville vuole risvegliare questi sogni sopiti ridando fiducia e ri-conoscendo il valore di ognuno come soggetto protagonista della propria storia.
OBIETTIVI DEL PROGETTO
1) Valorizzare le periferie in termini di risorse umane e territoriali recuperando valori, storia e rapporti sociali.
2) Contaminarsi con i nuovi linguaggi giovanili e tentare di educere le potenzialità artistiche e relazionali di quelli che non considerati dai comportamenti considerati border-line.
3) Tentare di comunicare I valori della legalità inetsa non come pura accettazione delle regole e delle leggi fine a se stesse ma come fondamamento di una comunità fondata sulla giustizia sociale.
4) Promuovere concretamente una comunità pienamente aperta e inclusive delle nuove culture,
libera dalla violenza e dai fortissimi condizionamenti al consumo.
5) Tentare di trasmettere il valore di comunità e di famiglia dove questa non esiste e non riesce ad arrivare ne la realtà pubblica ne quella informale della società civile (istituzionale e non)
6) Proporre risposte differenti al disagio, anche nell’utilizzo delle sostanze che non non devono essere le uniche risposte ai molteplici problemi esistenziali: acquisire le capacità di non farsi usare dalle cose e dalle relazioni.
7) Riuscire a valorizzare I soggetti protagonisti di questi territori come potenziali educatori di strada e quindi stimolare e valorizzare le capacità individuali come risorse artistiche, culturali, manuali nella costruzione di un "mondo possibile"
Scheda di progetto per il riutilizzo dei beni confiscati siti in Vico delle Mele a Genova
[dicembre 2005]
Presentazione sintetica progetto
SCUOLA - Educare alla legalità e giustizia sociale
La diffusione di fenomeni di grande criminalità e della corruzione politico-affaristica hanno posto in rilievo quanto sia scarsa la cultura della legalità e il rispetto delle regole del vivere civile. L'intuizione di Antonino Caponnetto è stata quella di stimolare la riflessione e l'attenzione dei giovani e dei cittadini, perché solo in questo modo era possibile scuotere le coscienze e far emergere un senso di appartenenza e di condivisione delle norme poste a fondamento della convivenza, a cominciare dalla Carta costituzionale. La stessa scuola elude il compito di insegnare l'Educazione civica, disciplina questa che è stata ai margini dei curricola educativi, prima di essere del tutto eliminata. Gli studenti non hanno così la possibilità di conoscere e approfondire la Carta fondamentale della nostra convivenza civile. Per queste ragioni la Fondazione è impegnata a proseguire l'attività del giudice Caponnetto promuovendo incontri e conferenze nelle scuole sui temi della legalità e della giustizia. Alle iniziative partecipano insegnanti, studiosi dei fenomeni della criminalità, magistrati, giornalisti. Il tentativo è quello di offrire un primo momento di riflessione, in accordo con i docenti delle singole scuole, che costituisca l'avvio di un progetto di lungo respiro, coordinato da quegli stessi insegnanti e che si sviluppi nel corso dell'anno scolastico attraverso forme di comunicazione, di discussione e di riflessione diverse. La Fondazione avrà il compito di sostegno e di collaborazione per docenti e studenti, per tutta la durata del progetto stesso, fornendo materiale didattico, partecipando a dibattiti e invitando esperti. Alla fine, un nuovo incontro servirà a confrontarsi sul lavoro svolto. In questo modo è possibile costruire un vero e proprio percorso di Educazione alla legalità che permetta di formare dei cittadini maturi e consapevoli dei loro diritti e doveri nella società civile. Accanto alle conferenze, la Fondazione produrrà un volume di Educazione alla legalità, cui è allegato un DVD che riproduce alcune lezioni di Antonino Caponnetto tenute a studenti, che saranno diffusi nelle scuole. Proprio questo rapporto diretto con un gran numero di giovani costituisce una sorta di investimento sul futuro: nel loro percorso educativo faranno esperienza di cosa sia la legalità e la giustizia con la lettura, la riflessione e l'ascolto di testimonianze, e grazie ad essa saranno capaci di resistere alle tentazioni delle scorciatoie extralegali.
LE RAGIONI E GLI OBIETTIVI
"Gli uomini passano, le idee restano, restano le
loro tensioni morali, continueranno a camminare
sulle gambe di altri uomini."
Giovanni Falcone
"E' giunto il tempo mi sembra delle grandi
decisioni e delle scelte di fondo, non è più
l'ora delle collusioni degli attendismi dei compromessi e
delle furberie, e dovranno essere uomini credibili, onesti,
dai politici ai magistrati, a gestire con le tue illuminate
direttive questa fase necessaria di rinascita morale: è
questo a mio avviso il primo e fondamentale problema
preliminare ad una vera e decisa lotta alla barbarie mafiosa."
Antonino Caponnetto
La lotta alle mafie è questione che riguarda ciascuno di noi, dal cui esito dipende l’effettiva garanzia dei diritti di ogni individuo, in ogni parte del Paese, togliendo arbitrio e violenza, ingiustizie e soprusi. La mafia sà rendersi invisibile, sa infiltrarsi in territori estranei alla sua origine. La mafia quando è in accordo con il potere, quando ha ciò che vuole, non spara, non uccide in modo eclatante, uccide i diritti delle persone libere, di chi non si piega, di chi è più debole.
La Casa della Legalità lavora con quanti vogliono sconfiggerla. Per questo portiamo avanti i progetti e le iniziative della Fondazione Antonino Caponnetto, di Libera contro le Mafie di Don Luigi Ciotti e Rita Borsellino, di liberaMente, del Centro Sportivo Italiano, di Riferimenti - coordinamento nazionale antimafia, della Rete del Bottone e del Centro Falcone-Borsellino.
Per noi l’impegno per la Legalità e la Giustizia Sociale, la lotta alle mafie non è questione di parte, è questione civile e culturale, fatta di interventi concreti quotidiani.
“La lotta alla mafia è il 1° problema da
risolvere nella nostra bellissima terra e
disgraziata...Non doveva essere soltanto
una distaccata opera di repressione ma
un movimento culturale e morale che
coinvolgesse tutti e specialmente le nostre
giovani generazioni le più adatte a sentire
subito la bellezza del fresco profumo di
libertà che fa rifiutare il puzzo del
compromesso morale, dell’indifferenza,
della contiguità e quindi della complicità.
Ricordo la felicità di Falcone quando in un
breve periodo di entusiasmo egli mi disse:
La gente fa il tifo per noi. E con ciò non
intendeva riferirsi soltanto al conforto che
l’appoggio morale della popolazione dava al
lavoro del giudice, significava qualcosa di più,
significava soprattutto che il nostro
lavoro stava anche svegliando le coscienze”.
Paolo Borsellino
La diramazione delle mafie, la sottocultura che questa porta con se, il degrado sociale e urbano che produce e di cui si nutre, i silenzi e l’indifferenza con cui sa avvolgere i propri affari, sono arrivate anche nella nostra Liguria, anche a Genova. Da decenni si sono radicate ed ora agiscono quasi nell’ombra più totale, nei suoi settori tradizionali. Oltre alle mafie italiane (Cosa Nostra, ‘Ndrangheta, Camorra, Sacra Corona Unita) sono giunte ed operano nuove mafie, quelle straniere (ex Urss, Albanese e Slava, Cinese, Marsigliese, Turca, Nigeriana e Magrebina). Le mafie hanno saputo farsi strada anche nelle stanze del “potere”, si sono forniti di nuovi abiti e di nuove e rinnovate identità, ma non hanno perso la loro prerogativa violenta. Agiscono e condizionano ampi settori: traffico droghe e armi, prostituzione e immigrazione clandestina, gioco d’azzardo e scommesse clandestine, lavoro nero e caporalato, contraffazione e sofisticazione alimentari, corruzione, usura e pizzo, oltre a tutti i reati delle cosiddette ‘ecomafie’.
"Per sconfiggere la criminalità mafiosa ci vuole dunque un organizzazione che gli si contrapponga, non soltanto sul versante degli apparati repressivi, ma anche su quello della società civile. Se la mafia è percepita dalla gente come una questione da osservare stando a rispettosa distanza, senza lasciarsi coinvolgere più di tanto e vinca chi può, chi ci guadagna è la mafia. A rimetterci sono i cittadini"
da "un Magistrato fuori legge" di Gian Carlo Caselli, attuale PG di Torino
LA MAFIA A GENOVA...
...SE CE LO AVESSERO RACCONTATO
Il cammino contro le mafie non è altro che l’impegno quotidiano per vincere il silenzio e sostenere l’azione di prevenzione e repressione portata avanti dalle donne e dagli uomini della Magistratura e delle Forze dell’Ordine.
Incontri, dibattiti nelle scuole, nei circoli, nelle parrocchie, nei centri civici come nelle piazze della città e della ‘rete’. Con il dialogo si vince il silenzio e si rompe quell’equilibrio fondato sull’indifferenza, spezzando ogni possibile tentazione alla convivenza, quando non alla connivenza.
Il cammino contro le mafie è fatto da uomini e donne in carne ed ossa, non da eroi. Ciascuno può percorrerlo insieme a noi, dando nuovo slancio e fervore alla rivolta civile e morale, unico sbocco naturale all’indignazione ed alla difesa della legalità e della giustizia sociale come bene irrinunciabile di tutti noi e delle future generazioni.
vuoi organizzare un incontro?
vuoi dare vita ad un ciclo di iniziative?
puoi contattarci e possiamo farlo!
siamo partiti così, era il dicembre 2004 con questo "progetto"
UN PROGETTO DI ANIMAZIONE SOCIALE CULTURALE E DI EDUCAZIONE ALLA LEGALITA’
IN VALPOLCEVERA
FINALITA' E OBIETTIVI
Il 17 dicembre 2004 la 'SMS Perugina' riapre le porte alla cittadinanza come “Casa della Legalità e della Cultura”, in uno spazio "storico" del quartiere di Certosa - la sede dell'antica Società di Mutuo Soccorso Perugina-, al fine di recuperare e rendere attuali i valori che, a partire dal secolo XIX, hanno animato e motivato la fondazione e vita delle Società di Mutuo Soccorso: la promozione della coscienza civile, della cultura della solidarietà, e dell'inclusione sociale.
Nella nostra società è sempre più visibile l'autoisolamento, il rinchiudersi nelle case per 'consumare' le trasmissioni televisive o le dirette calcistiche, gli adulti, le chat o le ultimissime uscite discografiche e cinematografiche via internet, gli adolescenti. Ad essi vanno ad aggiungersi i 'nuovi passatempo', passivi e diseducativi, quali la maggioranza dei videogiochi o delle macchinette da gioco da bar.
Per offrire una necessaria alternativa, abbiamo voluto compiere un passaggio importante che va a mettere in discussione la facile scelta di spazi associativi ridotti esclusivamente al passare passivo del tempo libero dei frequentatori.
Viviamo in una società in cui i rapporti interpersonali sono sempre più ridotti alla sfera lavorativa, chiusa la quale ognuno si 'rintana'. Questo modus vivendi ha portato, con l'avvento delle reti telematiche con le 'connessioni ad alta velocità', a vivere in modo virtuale i rapporti umani degli adolescenti, come degli adulti, spingendo anche spesso a fratture profonde nei rapporti familiari.
La nostra società vive un passaggio epocale, in cui le nostre città sono ormai di fatto multietniche e quindi multiculturali. Questo avviene mentre il senso del Diritto, dello Stato e delle Istituzioni rappresentative vengono concretamente posti in discussione nella loro certezza e capacità regolatrice della nuova economia globale. L'attenzione dei cittadini, il dialogo reale, il confronto, l'attaccamento a valori quali l'uguaglianza, la solidarietà e la giustizia vengono meno.
Vogliamo mettere in atto una risposta dal basso, popolare, di mutuo sostegno civile e culturale, di crescita individuale cioè collettiva, partendo dalle nuove generazioni, come dai 30-40enni. Questo anche considerando che non esistono spazi nella vallata e nel ponente con attività gratuite rivolte a queste generazioni. Un luogo 'aperto' a tutti coloro, singoli, famiglie, gruppi, che liberamente vivono la loro vita ma vogliono divertirsi, crescere, conoscere altre persone, senza alcuna discriminazione etnica, politica, religiosa, sessuale, socio-economica o culturale. La socializzazione, come la cultura e l'attività ricreativa, debbono essere gratuite.
La Sms Arci Perugina si pone, allora , come luogo non solo fisico ma relazionale e sociale, in cui ogni persona può portare la propria esperienza, per una crescita sociale e culturale comune.
Per perseguire al meglio gli obiettivi e le finalità crediamo imprescindibile un rapporto di collaborazione e coordinamento con le Istituzioni locali, partendo dalla Circoscrizione.
LA REALIZZAZIONE IL PROGETTO
Gli obiettivi e le finalità del progetto vengono perseguiti con l’utilizzo polifunzionale degli spazi della Sms Arci Perugina , la proposta di attività culturali e di animazione sociali ( quali mostre, presentazioni di libri con autori, incontri di narrazione, corsi di aggiornamento), la collaborazione di diversi soggetti culturali, civili, sportivi e ricreativi.
L'utilizzo polifunzionale delle sale permette la realizzazione di attività quali:
- sportelli di servizio e informazioni quali il patronato e le consulenze ai consumatori
- attività socio-educative e ludiche per i minori
- Attività di laboratorio culturale ed educativo rivolte ai ragazzi della scuola primaria e secondaria, sui temi dell'educazione alla legalità, i diritti umani, la didattica della storia, le criticità sociali ( es: La prevenzione al bulismo)
-Attività culturali per giovani adulti ed adulti: presentazioni di libri, riviste, video, rassegne cinematografiche, concerti
- Promozione di attività benefiche a sostegno di campagne e associazioni umanitarie.
- Corsi di scacchi per adulti e bambini
- Corsi di dama per adulti e bambini
- Gioco libero e tornei di scacchi
- Gioco libero e tornei di dama
- Giochi di ruolo e giochi da tavolo
- Corsi di computer e navigazione 'sicura e utile'
- Eventi musicali di ascolto e di ballo
- Feste e iniziative degli abitanti del quartiere.
Le collaborazioni cui ci avvaliamo:
- civili e culturali
Associazione liberaMente di Adriano Sansa.
Centro Falcone-Borsellino
Fondazione Antonino Caponnetto
"Libera" associazioni, nomi e numeri contro le mafie di Don Luigi Ciotti
L.A.V. Liguria . ( Lega Anti Vivisezione)
Maria Pedriali, narratrice e formatrice, esperta di criticità sociali
- sociali
Spi CGIL di Rivarolo
Arci nuova associazione
Associazioni dei Consumatori
- sportive
Circolo Damistico "Genova Dama"
Circolo Scacchistico "Genova Scacchi"
Scuola di Scacchi Genovese - FSI
Comitato Regionale Liguria Scacchi -FSI
- Ricreative-musicali
Red Fire - blackmusic team
II servizio bar (riservato ai soci Arci) si rifà alla filosofia e ai valori di base del progetto: esclude la distribuzione e la somministrazione di prodotti con OGM, o prodotti da multinazionali responsabili di violazioni dei diritti dei lavoratori ( lavoro minorile, per es.) e/o di mancata tutela ambientale nei paesi in via di sviluppo. Vengono promossi ,invece, i prodotti naturali nostrani, prodotti della Bottega Equo-Solidale, e quelli a marchio Libera Terra.
LE INIZIATIVE ATTIVATE
- Corsi individuali e gioco di Scacchi
- Corsi individuali e gioco di Dama
- Giochi da tavolo
- Presentazione libri
- Spazio di discussione per i cittadini
- Centro di raccolta aiuti per l'emergenza del sud-est asiatico
- Promozione dei prodotti di Libera Terra per il riutilizzo dei beni sequestrati alle mafie
- Biblioteca
- Raccolta fondi a sostegno di Emergency
- Concerto dei "the gang" per Emergency
- Concerti con ingresso gratuito
- Feste danzanti con liscio gratuito
- Festa della Pentolaccia gratuita
- Serate di ascolto e ballo con i generi afro-americani (black music) con ingresso gratuito
- Servizio di patronato con lo SPI CGIL di Rivarolo
- Fase provinciale dei Campionati Studentechi di Scacchi (GSS-Genova)
- Fase regionale dei Campionati Studenteschi di Scacchi (GSS-Liguria)
LE INIZIATIVE IN PROGRAMMA
- La "1° festa della legalità" (aprile-maggio-giugno 2005.): ciclo di incontri, attività educative e culturai sul tema della legalità a 360 gradi
- "Dialogando sulla Costituzione" con Adriano Sansa e Giuliano Galletta (maggio-giugno)
-Comb-attenti :mostra fotografica, narrazioni e interviste, laboratori sui diritti degli animali e il fenomeno dei combattimenti tra i cani. In collaborazione con L.A.V. Liguria (aprile)
- "L'erba voglio": laboratori sul tema dei diritti dell’infanzia per i bambini della scuola dell'infanzia e del primo ciclomdella scuola primaria ( aprile- maggio)
-"Sono io il più forte!": laboratori sull'educazione alla legalità e la gestione dei conflitti per i bambini del secondo ciclo della scuola primaria di primo grado (aprile, maggio)
-"Diritti, rovesci e ancora diritti": laboratori di educazione alla legalità, prevenzione del bullismo e didattica della storia per i ragazzi della scuola primaria di secondo grado, e delle scuole secondarie (aprile, maggio)
- Incontri e proiezioni per il 60° anniversario della Liberazione (aprile-maggio)
- Promozione prodotti Equo-Solidali (da maggio)
- Sportello dei Consumatori (da maggio)
- Torneo di scacchi “dai Scacco alla guerra, sostieni Emergency” IV° memorial Giabbani (set.)
- torneo di dama memorial Battaglia (settembre)
- Campionato Regionale di Dama Italiana (maggio)
- Campionato Provinciale di Dama Internazionale (giugno)
- Giochi di ruolo (da luglio o settembre)
- Incontri nelle e con le scuole sulla Costituzione e la Legalità (da settembre)
- Mostra sull'orrore nazista (ottobre)
- progetto "Fabrizio in volo per il mondo" rivolto alle scuole elementari e medi (da ottobre)
- rassegna su Govi con proiezione delle principali opere (settembre)
- rassegna cinematografica su Ken Loach e Robin Williams (ottobre-novembre)
- incontri pubblici su diverse tematiche (da settembre)
- corsi di computer e navigazione internet 'sicura ed utile' (da ottobre)
- tornei amatoriali di scacchi per adulti e juniores (da ottobre)
- tornei amatoriali di dama e cirulla (da giugno)
- rassegna di gruppi musicali in acustico e cantautori emergenti (da settembre).
ATTIVITA' DIVULGATIVE ED ESTERNE
Tra le attività promosse nell'ambito della Sms Arci Perugina, vi sono alcune attività che si possono svolgere anche all'esterno, nelle scuole come nelle piazze del quartiere e della circoscrizione.
Tra queste attività si evidenziano:
- "Fabrizio in volo per il mondo" in quanto tutte le prime fasi si svolgono nelle scuole, mentre la mostra conclusiva dei lavori e lo spettacolo finale si svolge presso la sede della Sms Arci Perugina, per divenire poi itinerante ove ne sussistano le condizioni; (vedere scheda specifica allegata)
- Promozione degli scacchi con presentazione del gioco nelle scuole elementari, medie e superiori, oltre che realizzazione di tornei amatoriali nelle scuole stesse o nelle piazze (in questo ultimo caso rivolti anche agli adulti) (vedi sito della Scuola di Scacchi Genovese - FSI);
- Attività ludico-educative e laboratori per minori che si possono svolgere anche presso le Scuole come presentazione delle attività presso la sede della Sms Arci Perugina o come attività esterna;
- Musica da ascolto e ballo con i generi afro-americani (black music) che si possono svolgere nell’ambito di feste o come iniziative isolate nelle piazze. Per la realizzazione di questa attività possiamo fornire oltre alla realizzazione dello spettacolo anche la strumentazione, l'impianto audio con relativo trasporto e montaggio.
L'AZIENDA
CHE HA
RESISTITO
ALLA
'NDRANGHETA,
DENUNCIANDO,
COSTRETTA
ALLA
CHIUSURA
PER LE
OMISSIONI
DEL COMUNE
leggi e scarica
gratuitamente
il volume,
in formato.pdf
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DOSSIER SU
"SARZANA.
Tra sinistra,
'ndrangheta,
speculazioni
(e l'omicidio
in famiglia)"
edizione aggiornata
al 15 MARZO 2015
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SCARICA IL
DOSSIER SU
"SLOT & VLT
le inchieste,
la storia,
i nomi e cognomi"
- formato .pdf -
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SCARICA IL
DOSSIER SU
"DIANO MARINA
LA COLONIA"
QUELLA STORIA
CHE QUALCUNO
VUOLE
NASCONDERE
RICOSTRUITA
ATTRAVERSO
ATTI E DOCUMENTI
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SCARICA IL
DOSSIER SU
"TIRRENO POWER ED
I SUOI COMPLICI"
nel disastro doloso
(ambientale e
sanitario)
- formato .pdf -
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SIAMO DI NUOVO
OPERATIVI ONLINE
(IN ESILIO DIGITALE)
Dal 29 dicembre si è
lavorato sodo per
salvare i dati e portare il
sito in sicurezza all'estero.
Abbiamo cercato, già che
si doveva operare sul sito,
di rinnovarlo e migliorarlo.
Ci sono ancora alcune cose
da sistemare e lo faremo
nei prossimi giorni.
Ma intanto si riparte!
Andiamo avanti.
f.to i banditi
SCARICA IL
DOSSIER SU
"PEDOFILIA
E OMERTA'
Savona,
chi sapeva ed
ed taciuto su don
Nello Giraudo?"
con documenti
dell'inchiesta su
don Nello Giraudo
e documenti interni
della Chiesa
- formato .pdf -
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