Si squarcia il velo sulla 'ndrangheta nel Tigullio, nei suoi rapporti con la politica ed oltre...
More...Una sfida per ristabilire la verità dei fatti ed il Dirtto. Noi ci siamo, vediamo chi ci stà...
More...I catanesi al centro dell'inchiesta ANAS sono gli stessi dei grandi lavori nel Porto di Genova e per la Ferrovia…
More...Dopo il boom di iscritti, il nipote del boss eletto segretario GD Val di Magra, e quelli della banda dell'estorsione…
More...Torniamo sui crotonesi. Dopo la nuova operazione delle DDA di Catanzaro e Bologna per fare il punto e entrare nei…
More...Dalla questione della ECOSCAVI al Collette Ozotto ed e Colli, nell'imperiese che torna indietro quando nessuno vedeva...
More...Quando un ragazzo di 18 anni muore per omertà e connivenze istituzionali con la 'ndrangheta. La storia di Gabriele Fazzari...
More...Il punto (dagli Atti) sulla 'ndrangheta dell'estremo ponente ligure, dopo la "svoltina" della Corte d'Appello...
More...Le cose da raccontare sul nucleo FAZZARI-GULLACE sono ancora tante. Qui ci portiamo avanti...
More...Borghetto S.Spirito, dove la 'ndrangheta c'è dagli anni Sessanta. Tra rifiuti speciali, esplosivo, edilizia ed altro...
More...Le imprese dei VENTRE, mappate in Minotauro dalla DDA di Torino, arrivano al Porto di Savona...
More...L'inchiesta sul condizionamento del voto in Liguria dagli anni Ottanta ad oggi, comprese le Primarie del PD...
More...Dall'inchiesta della DDA di Reggio Calabria emerge un "livello superiore" funzionale alla cosca dei GRANDE ARACRI, eccolo...
More...Tra Atti di inchieste e testimonianze una realtà di cointeressenze che troppo spesso restano nascoste...
More...Capolista del M5S ad Imperia rivendica l'amicizia con un (attivista) esponente della famiglia MAFODDA, che è storica famiglia di 'ndrangheta...
More...6 'ndrine per 6mila abitanti. Dagli Atti, documenti e fatti quella realtà su cui qualcuno vuole il silenzio...
More...Gli approfondimenti (da Atti e fatti) sulla colonia della 'ndrangheta nell'Emilia occidentale (ed oltre), dopo l'Operazione AEMILIA...
More...Più si incrociano i dati delle diverse inchieste antimafia più emergono le cointeressenze dell'affare "Porto di Imperia"...
More...La centrale a carbone di Vado Ligure pretende di continuare a devastare ambiente e salute. Alcuni la difendono...
More...L'inchiesta che ha portato alle condanne per 416-bis nell'estremo ponente ligure...
More...Nuovo Consiglio Regionale della Calabria. Un ritratto di Francesco D'Agostino...
More...Dalle inchieste savonesi a quella di Genova, l'illegalità devastante che dominava la CARIGE con il clan BERNESCHI...
More...Domandarsi da dove venga la fortuna imprenditoriale dei FOGLIANI è legittimo. E noi lo facciamo...
More...Uno dei più potenti boss della 'ndrangheta ancora libero al Nord. Ecco perché occorre fermarlo...
More...Di nuovo Genova e la Liguria piegate da un territorio senza difese ed altro cemento...
More...Li abbiamo attenzionati dall'inizio. I loro affari e rapporti. Ora sono dentro...
More...Dall'inchiesta "PANDORA" intrecci indicibili che non si vogliono affrontare. Sveliamoli...
More...La storia attraverso inchieste ed Atti della famiglia che ha scalato il mercato savonese...
More...
La mappatura della Liguria
con le famiglie di 'Ndrangheta
e le radici di Cosa Nostra.
VAI ALLA MAPPATURA
Quella realtà di Diano Marina
che vorrebbe oscurare i fatti,
oscurando noi. Tutta la storia.
VAI ALLO SPECIALE
Le cementificazioni hanno un
prezzo come la mancata messa
in sicurezza del territorio
VAI ALLO SPECIALE
La messa in sicurezza latita,
la bonifica è lontana e qualcuno
vuole anche riaprire la Discarica.
VAI ALLO SPECIALE
Appalti illeciti:
Indagato il Presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero
30/11 Il presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero, è indagato nell'ambito di un'inchiesta condotta dalla Procura della Repubblica di Catanzaro in merito ad appalti riguardanti il settore della sanità. Nei confronti di Loiero, che sabato scorso era stato sentito come persona informata sui fatti dal sostituto procuratore Luigi De Magistris, vengono ipotizzati i reati di abuso d'ufficio e turbata libertà degli incanti. Loiero dovrà presentarsi in Procura il 15 dicembre per essere sottoposto ad interrogatorio, secondo quanto stabilito in un invito a comparire emesso nei suoi riguardi. I reati che vengono ipotizzati nei confronti del presidente Loiero sarebbero stati commessi, secondo l'accusa, in concorso con altre persone. Loiero, secondo l'ipotesi accusatoria, in qualità di presidente della Regione Calabria, ed anche prima delle elezioni regionali svoltesi nell'aprile del 2005, in rapporto di collusione con i componenti del sodalizio criminale facenti capo alla società Ital Tbs, con sede legale a Trieste, ed in particolare con Francesco De Salvia e Alessandro Firpo, ai quali era legato da consolidato rapporto per conseguire profitti nel settore della sanità, anche attraverso mezzi fraudolenti. Gli appalti in relazione ai quali è indagato Loiero riguardano, in particolare, le forniture e la manutenzione di apparecchiature elettromedicali, con riferimento specifico all'Azienda ospedaliera Pugliese-Ciaccio di Catanzaro, all'Asl 11 di Reggio Calabria, all'Azienda ospedaliera Mater Domini di Catanzaro, all'Asl 9 di Locri e all'assistenza domiciliare integrata per la Regione Calabria. - "L' on. Agazio Loiero, presidente della Giunta regionale, è stato iscritto nel registro degli indagati in relazione a reati connessi al settore della sanità". E' quanto si afferma in un comunicato stampa della Procura della Repubblica di Catanzaro. "Le indagini - prosegue il comunicato - sono condotte dal sostituto procuratore dott. Luigi De Magistris e seguite dal procuratore della Repubblica dott. Mariano Lombardi e dal procuratore aggiunto dott. Salvatore Murone".
L’indagine verte su appalti illeciti
30/11 Ruota attorno ad un presunto appalto illecito aggiudicato il 6 luglio del 2005 ad un'associazione temporanea di imprese, con capogruppo la società Ital Tbs di Trieste, l'inchiesta condotta dal sostituto procuratore della Repubblica di Catanzaro Luigi de Magistris che ha portato all'emissione di un invito a presentarsi nei confronti del presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero. Il presunto appalto illecito riguarda, in particolare, l'aggiudicazione ad un'associazione temporanea di imprese, con capofila l'Ital Tbs, della gara d'appalto avente ad oggetto la fornitura di un servizio integrato per la gestione di apparecchiature elettromedicali installate presso l'azienda ospedaliera Pugliese-Caccio per un importo di un milione e 400 mila euro. Nell'inchiesta sono indagate, complessivamente, dieci persone nei confronti delle quali vengono ipotizzati vari reati che vanno dall'associazione per delinquere e dalla corruzione alla turbata libertà degli incanti, all'estorsione ed alla truffa. Gli indagati, che nel dicembre dello scorso anno hanno ricevuto un'informazione di garanzia con contestuale decreto di perquisizione, sono Riccardo Fatarella, ex direttore generale dell'Azienda ospedaliera Pugliese-Ciaccio di Catanzaro; due dipendenti della stessa Azienda, Giovanni Iiritano e Marcello Ferro; un collaboratore di quest'ultimo, Raffaele Farrelli; Domenico Vincenzo Scuteri, direttore amministrativo dell'Azienda Pugliese-Ciaccio; Mario Iacono, dirigente della società Ital Tbs, e Giuseppe Giusto, responsabile dell'area sud dell'Ital Tbs. Informazioni di garanzia furono notificate e decreto di perquisizione furono notificati ad Alessandro Firpo e Francesco De Salvia. Dall'attività investigativa svolta dai carabinieri del Reparto operativo di Catanzaro è emerso - questo il quadro accusatorio - che gli indagati avrebbero gestito in maniera illecita forniture di materiale per l'Azienda Pugliese-Ciaccio eludendo la normativa di settore ed utilizzando un modo illecito il presupposto dell'urgenza dei lavori da espletare. E' emerso, inoltre, che gli indagati Ferro e Iiritano avrebbero utilizzato ditte compiacenti per la forniture ed i lavori da espletare, ottenendo in contropartita illeciti guadagni. Le indagini hanno riscontrato l'effettuazione di lavori su indicazione, in particolare, di Iiritano. Sempre secondo l'ipotesi accusatoria, gli indagati Firpo, Iacono, Giusto e De Salvia avrebbero costituito un sodalizio finalizzato, per conto della Ital Tbs, all'aggiudicazione illecita di rilevanti appalti presso ospedali e strutture sanitarie della Calabria, con la capacità di incidere e tentare di condizionare le strategie sanitarie degli organismi di gestione. Nello svolgimento della gara d'appalto aggiudicata all'Ital Tbs ogni indagato avrebbe rivestito, sempre secondo l'ipotesi accusatoria, un ruolo centrale: per consentire l'aggiudicazione illecita; De Salvia quale referente della capogruppo in Ati curando tutte le fasi fino all'aggiudicazione e mantenendo stretti contatti con i dirigenti dell'Azienda ospedaliera Pugliese Ciaccio e con i dirigenti, anche nazionali dell'Ital Tbs; giusto quale referente per la Calabria della stessa Ital Tbs, affiancando De Salvia nella trattativa per l'aggiudicazione della gara di Catanzaro, così come per le altre Asl calabresi e Firpo e Iacono impartendo le direttive a De Salvia. Modalità illecite di aggiudicazioni sarebbero state perpetrate anche con riferimento ad un appalto per l'Azienda sanitaria 7 e l'Azienda ospedaliera Mater Domini di Catanzaro. Le capacità collusive di De Salvia e Giusto, secondo l'accusa, sarebbero emerse anche con riferimento all'Asl 11 di Reggio Calabria, dove De Salvia avrebbe ottenuto il canale giusto per raggiungere lo scopo voluto essendogli stato indicato da persona che riveste un ruolo apicale presso la Regione Calabria ed in particolare, quale punto di riferimento per diverse questioni sanitarie, il dott. Michele Lanzo, già commissario straordinario dell'Asl di Crotone, anche con un ruolo di vertice presso la regione Calabria, il quale si attiva anche per la gara presso l'ospedale di Crotone. Nella prima fase del'inchiesta, inoltre, la polizia giudiziaria aveva segnalato "materiale di interesse investigativo" presso gli uffici del consigliere regionale Piero Amato con riferimento ai collegamenti con Lorenzo Costa, persona collegata a Benedetto Arcuri, amministratore unico dell' dell'Omnia Hospital office, i nomi dei quali rientrano nell'indagine preliminare che è in corso.
dal blog di Beppe Grillo
In un’area di servizio sono stati fotografati in vendita robusti manganelli di legno di dimensioni tra i 60 e i 90 centimetri . Manganelli neri con il brand: il Duce con l’elmo da soldato. E una gamma di scritte a scelta per l’automobilista di passaggio. “Molti nemici, molto onore”, “Me ne frego”, “Dux Mussolini”.
Fa parte del revisionismo storico in atto. Ci sono le magliette con scritto “Mafia – Made in Italy” e “Baciamo le mani” che vanno a ruba a Palermo tra i turisti stranieri. E in rete si comprano polo con la scritta: “Cosa Nostra” davanti e “affiliato” dietro.
E’ il nuovo Made in Italy. Legato alle nostre radici. Genuino e perciò internazionale, da esportazione. Si può già prevedere il rilancio dell’olio di ricino fascista come purgante da usare per risolvere ogni situazione di conflitto. Qualche bombetta anarchica, deviata dai servizi, o nera autentica, a scelta dell’acquirente. Per un ritorno all’indimenticabile stagione delle stragi. Pullover delle Brigate Rosse con l’immagine di Curcio e della stella a cinque punte. Sciarpe con scritte revival: “Piazza Fontana for ever”, “10, 100, 1000 Italicus”, “Chi non salta Aldo Moro è!”, “W Ustica”, “Forza P2” (ma forse questa c’è già). Un business!
L’Italia è ricca di episodi storici sottovalutati. Sono una miniera. Nel mondo abbiamo una pessima reputazione. Sfruttiamola. Siamo un popolo di mafiosi, post fascisti, bancarottieri, piduisti, evasori fiscali, bombaroli? Basta vergognarcene! Andiamone fieri a testa alta. E’ un filone senza fine. Pensate solo a nuovi parchi di divertimenti “Dux” o a video games su come far saltare i giudici. Al caffé alla Sindona. A Tele Mafia. Un filone inesauribile.
dal sito Democrazia e Legalità
Pubblichiamo questo colloquio sperando che non arrivi la polizia postale a sequestrarlo.
Gianni: Silvio come stai? C’è qualcosa al cuore che non va?
Silvio: Ma va! Sto benissimo. Nessun calo pressorio di cui hanno parlato i giornali.
Gianni: E allora?
Silvio: Allora sono depresso. Sono depresso e mi va giù anche la pressione, ma per la depressione
Gianni: Depresso? E perché?
Silvio: Gianni, mi meraviglio di te. E’ possibile che non capisci? Volevo mandare a casa il Parroco, Prodi, lo sai che in privato lo chiamo così . Ci sono tutte le condizioni perché due o tre senatori passino con noi. Anzi diciamo che li ho già trovati perché mi hanno contattato spontaneamente. C’è n’è uno anche a vita.
Gianni: Bene, no?
Silvio: Bene un cazzo. Ma come facciamo a mandare al casa il Parroco se fa tutto quello che abbiamo fatto noi? Anzi, con l’indulto è andato oltre le nostre proposte. Le leggi che loro chiamano vergogna e che fanno comodo anche a loro non le toccano. La riforma Biagi non la toccano. La riforma Moratti non la toccano. Il conflitto di interesse sarà una sceneggiata napoletana perché per le mie televisioni non cambierà niente. La riforma dell’ordinamento giudiziario… campa cavallo. La distruzione delle intercettazioni illegali, abbiamo votato insieme. I soldati in Iraq restano fino a dicembre come avevo predisposto io e, novità assoluta, la sinistra non dice più che sono truppe di occupazione ma missione di pace. Previti col mio governo in carica è andato in carcere adesso se va bene forse resta anche deputato. Cosa gli dico io alla gente? Che lo mando a casa perché mi è antipatico? E poi non lo vedi che nei sondaggi siamo in netto vantaggio perché il governo fa le stesse cose che abbiamo fatto noi e la gente pensa che abbiamo governato bene. Loro hanno fatto solo una toccatina alle aliquote fiscali e basta. Perciò la gente ci premia.
Gianni: E allora con la manifestazione del 2 dicembre come la mettiamo?
Silvio: La mettiamo che la giustifichiamo con le tasse enfatizzando le nuove tasse che poi ci sono e non ci sono. Per il resto stiamo zitti perché non ci possiamo lamentare davvero.
Gianni: E con Casini?
Silvio: Casini è un furbo di tre cotte. Da democristiano conosce i suoi polli. Tu lo sai bene che quella era una scuola eccezionale. Lui ha capito che non possiamo giustificare una opposizione troppo strumentale e in piazza non viene. E’ convinto che il Parroco è davvero come il semaforo di Guzzanti. Sta fermo e aspetta. Allora in piazza non viene.
Gianni: E non possiamo aspettare anche noi?
Silvio: Caro Gianni io non ho tempo e poi se penso che lui è a palazzo Chigi e fa le stesse cose che ho fatto io vado in bestia. Gianni, ma lo sai che quando mi ha telefonato per chiedermi come stavo mi ha anche chiesto dei consigli? E io dovrei lasciarlo su quella poltrona? Inventati qualche cosa. Parla con tuo nipote e lavoriamo per le larghe intese. Un governo di un anno e poi le elezioni. Le vinciamo e io torno a Palazzo Chigi.
Fine della telefonata. E non sono bazzecole.
Finale, l´assedio del cemento
Due progetti, nuovi volumi per 400.000 metri cubi. Ed è polemica
Il mattone ora divide anche l´opposizione: Gloria Bardi chiede la creazione del Parco I progetti per cave Ghigliazza e Piaggio. Una galleria da 30 milioni per spostare amonte l´Aurelia Nuova giunta sotto accusa: "Ma noi abbiamo applicato il piano del centrosinistra"
di Marco Preve
FINALE LIGURE - Prendete Spotorno, spostatela di qualche chilometro e infilatela dentro Finale. Eccola Finale 2, ecco come diventerà, dopo l´ennesima cura al cemento di questa Liguria al calcestruzzo, il capoluogo della Riviera delle Palme. Due progetti, cave Ghigliazza e stabilimento Piaggio, che si trasformeranno in 400milametri cubi di alberghiero, poco, e residenziale, tanto. Un quadro che è frutto discelte avviate da un´amministrazione di centrosinistra, poi confermate e potenziate da quella di centrodestra. Ma in questo calderone politico urbanistico che rischia di diventare un caso nazionale, c´è di tutto: l´immancabile diaspora a sinistra; un imprenditore che sta per investire decine di milioni di euro e l´anno scorso è finito in manette per traffico di cocaina; il "ricatto occupazionale della Piaggio", come lo chiama il vicesindaco; l´incognita di un Puc che secondo i consiglieri de "L´altra Finale" nasconde altri 300mila metri cubi di garage, sottotetti e nuove abitazioni sparpagliate. Pure sulla collina a ridosso del borgo di Varigotti, immortalato da Cesare Pavese nel romanzo breve "La Spiaggia". Oggi Varigotti è un paese che d´inverno muore e rinasce solo in estate. Ma tutta Finale fa i conti con il calo demografico, quasi il 7% negli ultimi dieci anni. I residenti sono 11.800, e metteteci pure dentro i nonni milanesi che risultano cittadini per risparmiare sulla seconda casa. Le abitazioni sono circa altrettante, e la metà di piemontesi e lombardi. Ci sono diversi alberghi chiusi da anni. A parte il Miramare che pare venga ristrutturato per riprendere l´attività, gli altri vogliono solo mutare pelle e diventare alloggi (Ricky e Lido). E appartamenti vogliono fare i grandi gruppi immobiliari che già pregustano il mega business di cave Ghigliazza e Piaggio. Due spazi che ad altre latitudini sarebbero stati, magari, un la boratorio per qualche innovativa sfida urbanistica. Invece, meglio andar sul sicuro: barche e mattoni. Le Ghigliazza sono quella voragine a cielo aperto sotto la rocca di Caprazoppa, verso Borgio Verezzi, affacciata sul mare. Una storia travagliata di devastazione ambientale e fallimenti societari. Adesso la proprietà è della Arene Candide che fa capo all´imprenditore di Asti, Alberto Fassio, lo scorso anno arrestato dalla squadra mobile della città piemontese nell´ambito di un´inchiesta per spaccio di cocaina. l progetto presentato prevede un porto canale e circa 120 mila metri cubi di mattone. «Abbiamo ereditato il progetto dalla passata amministrazione di centrosinistra», spiega Giovanni Ferrari, vicesindaco Sdi («macchè pecora nera, qui a Finale abbiamo anticipato il compromesso storico») e assessore all´Urbanistica della giunta guidata dal medico Flaminio Richeri. «Potevamo revocare o migliorare - prosegue -. Per rispetto ai cittadini, ai soldi già spesi in consulenze dai nostri predecessori, ed evitare richieste risarcitorie, abbiamo scelto la seconda opzione. E abbiamo detto ai costruttori che se vogliono fare il porticciolo stile Portofino si devono scordare di avere davanti alle case la barriere dell´Aurelia con un muro di contenimento alto 12 metri. Se vogliono il porto, devono bucare il promontorio e spostare a monte l´Aurelia, così di sotto loro avranno la darsena e noi la passeggiata più altri oneri, come la caserma della finanza e il museo archeologico». «E´ vero, quel progetto è partito con la nostra amministrazione - ammette Franco De Sciora capogruppo ds - ma il loro è ancora più pesante, le cubature aumentate». «I costruttori accetteranno di fare la galleria in cambio di ulteriori volumetrie - attacca Gloria Bardi, battagliero consigliere di L´Altra Finale da quando è uscita da una sinistra considerata da lei e da altri cittadini troppo tiepida nei confronti del mattone -. Qui si governa a colpi di varianti e nessuno pensa più al Parco Regionale del Finalese, lo strumento di qualità per lo sviluppo turistico, un progetto messo da anni nel cassetto, ma che la giunta Burlando si è impegnata a concretizzare». La Bardi sottolinea anche l´assenza di uno studio di sostenibilità che valuti l´impatto non solo urbanistico, ma anche viario e sociale dei due progetti congiunti Ghigliazza- Piaggio. E questa sera proverà a far riflettere la maggioranza nel corso del consiglio comunale chiamato a votare le osservazioni al Puc. «Guardi che preoccupa anche noi - dice Ferrari -. E´ come se traslocassimo Spotorno dentro la nostra città. Ma noi stiamo cercando di contenere al massimo. La Piaggio ha fatto un ricatto. Dicono "Se non ci date l´area di Villanova, andiamo a Napoli e mille operai restano a casa". Noi però abbiamo vincolato l´intervento immobiliare alla condizione che la fabbrica vada davvero a Villanova. E i 275 mila metri cubi sono il massimo. E dentro ci deve stare anche edilizia convenzionata». «Ma a chi la raccontano - ribattono Ds e Altra Finale -. Con i prezzi che ci saranno quelle case le compreranno industriali e commercialisti di Finale». Che l´intervento, per quanto di tempi lunghi, sia assai probabile, lo dimostra l´acquisto del 20% di Piaggio da parte di Aedes, quarto gruppo immobiliare italiano. Su Piaggio e Ghigliazza sarà comunque la Regione a definire il percorso e a imporre modifiche («l´assessore regionale all´urbanistica Ruggeri ha detto che la galleria nella montagna di arenaria difficilmente si farà» dice Donata Scarrone di Altra Finale). Ma, intanto a Finale non si perde tempo. A Punta Crena la Soprintendenza ha autorizzato un intervento per 65 box interrati e la sopraelevazione di una casa, osteggiato però dal Comune. Che, per contro, ha concesso la realizzazione, in variante, di un contestato silos per auto in via Brunenghi. La città sta per affrontare una trasformazione storica, ma i finalesi disertano il dibattito e si godono il sole primaverile di questo finto inverno. Mica per niente da queste parti si coltiva un vizietto particolare: l´ultimo condono ha graziato 650 abusi edilizi. alberghiero, poco, e residenziale, tanto. Un quadro che è frutto di scelte avviate da un´amministrazione di centrosinistra, poi confermate e potenziate da quella di centrodestra. Ma in questo calderone politico urbanistico che rischia di diventare un caso nazionale, c´è di tutto: l´immancabile diaspora a sinistra; un imprenditore che sta per investire decine di milioni di euro e l´anno scorso è finito in manette per traffico di cocaina; il "ricatto occupazionale della Piaggio", come lo chiama il vicesindaco; l´incognita di un Puc che secondo i consiglieri de "L´altra Finale" nasconde altri 300mila metri cubi di garage, sottotetti e nuove abitazioni sparpagliate. Pure sulla collina a ridosso del borgo di Varigotti, immortalato da Cesare Pavese nel romanzo breve "La Spiaggia". Oggi Varigotti è un paese che d´inverno muore e rinasce solo in estate. Ma tutta Finale fa i conti con il calo demografico, quasi il 7% negli ultimi dieci anni. I residenti sono 11.800, e metteteci pure dentro i nonni milanesi che risultano cittadini per risparmiare sulla seconda casa. Le abitazioni sono circa altrettante, e la metà di piemontesi e lombardi. Ci sono diversi alberghi chiusi da anni. A parte il Miramare che pare venga ristrutturato per riprendere l´attività, gli altri vogliono solo mutare pelle e diventare alloggi (Ricky e Lido). E appartamenti vogliono fare i grandi gruppi immobiliari che già pregustano il mega business di cave Ghigliazza e Piaggio. Due spazi che ad altre latitudini sarebbero stati, magari, un laboratorio per qualche innovativa sfida urbanistica. Invece, meglio andar sul sicuro: barche e mattoni. Le Ghigliazza sono quella voragine a cielo aperto sotto la rocca di Caprazoppa, verso Borgio Verezzi, affacciata sul mare. Una storia travagliata di devastazione ambientale e fallimenti societari. Adesso la proprietà è della Arene Candide che fa capo all´imprenditore di Asti, Alberto Fassio, lo scorso anno arrestato dalla squadra mobile della città piemontese nell´ambito di un´inchiesta per spaccio di cocaina.
A Catanzaro la Procura dichiara guerra ai reati ambientali, crea una task force anti inquinamento e punta il dito contro gli amministratori "distratti"
Sequestrate cinque aziende, terreni e camion per un valore di 100 mln
di Betty Calabretta
La Procura di Catanzaro dichiara guerra ai reati ambientali e "usa il bisturi" intervenendo con atti concreti. Cinque insediamenti industriali (le aziende Seteco srl, Cos.Ma srl, Senese, Geim e Mdn) ubicati nel capoluogo e nei paesi limitrofi, terreni per 120 mila metri quadrati e otto camion, per un valore complessivo di circa 100 milioni di euro, sono stati sottoposti a sequestro. Questo il corposo bilancio di un'operazione condotta dai carabinieri della Compagnia di Catanzaro guidata dal maggiore Davide Giannì, e dal Nucleo operativo ecologico coordinato dal comandante Gregorio Chiarella. Il blitz, che non ha precedenti in Calabria e si è consumato nell'arco di pochi giorni, ha anche portato alla denuncia in stato di libertà di 21 persone.
A fornire i particolari dell'operazione sono stati il procuratore della Repubblica vicario di Catanzaro, Salvatore Murone (affiancato dal pm titolare dell'indagine, Antonia Salamida) e il comandante Giannì.
Eclatante il caso dell'azienda sequestrata a Marcellinara, comune alle porte di Catanzaro. Dalle indagini dei militari è emerso che l'insediamento industriale sequestrato avrebbe prodotto rifiuti organici provenienti dalla lavorazione di concimi biologici, una parte consistente dei quali invece di finire nei fertilizzanti è stata sotterrata in una collinetta che sorge vicino all'impianto dopo uno sbancamento abusivo. Nel corso dei controlli scaturiti da segnalazioni e denunce e compiuti anche con l'ausilio del nucleo elicotteri di Vibo Valentia, i carabinieri hanno individuato, nel territorio tra Catanzaro e Lamezia, oltre all'azienda di riciclaggio dei rifiuti organici anche quatto stabilimenti per la lavorazione di inerti e la produzione di calcestruzzo. Le quattro aziende, secondo l'accusa, scaricavano i fanghi derivanti dalla lavorazione nei fiumi Amato e Corace, divenuti "asfittici" per il materiale inquinante. Sarebbe stato quest'ultimo corso d'acqua, confluendo in mare nella zona del quartiere Lido, a provocare l'inquinamento del tratto dello Jonio antistante il capoluogo. Le immagini filmate dall'elicottero dell'Arma hanno evidenziato i risultati degli smaltimenti illegali sui due fiumi, le cui acque appaiono di colore marrone, così come il mare alla foce dei due corsi d'acqua. Individuate anche discariche abusive e fogne a cielo aperto. Tra i 21 denunciati ci sono i legali rappresentanti delle aziende sequestrate, oltre a privati e singoli cittadini. Sequestrato anche un parcheggio in pieno centro a Catanzaro, realizzato su una discarica abusiva alle spalle del teatro Politeama. Un'altra discarica è stata scoperta nel rione Cavita. Il procuratore Murone ha annunciato che la task force costituita in Procura per individuare i reati ambientali si occuperà anche dei depuratori e degli amministratori che omettono i controlli danneggiando anche il turismo.
Costretti per anni a subire l'imposizione della guardiania
E i produttori di clementine si ribellarono alla 'ndrangheta
COSENZA La polizza assicurativa stipulata col clan. «Gl'imprenditori si rivolgevano alla 'ndrangheta per non avere fastidi», ha spiegato il procuratore distrettuale Mariano Lombardi. Il "pizzo" imposto sotto forma di guardiania, «un delitto silente. Ne sono al corrente solo la vittima e l'autore se non viene denunciato», ha chiarito ancora il capo dell'Antimafia. Nella Sibaritide dominata dal malaffare quello della guardiania era diventato un business per il locale. La 'ndrangheta prometteva tranquillità ai produttori di clementine della Piana in cambio di quattrini. Fiumi di denaro che finivano nelle casse dell'organizzazione criminale che era pronta a reinvestire i guadagni nella droga.
Chi non si piegava subiva danni all'azienda. «Il settore delle clementine era stato bloccato dalla cosca che riusciva a fagocitare energie», ha puntualizzato il pm antimafia Vincenzo Luberto.
Vendette, ritorsioni. Chi non s'affidava alla 'ndrangheta rischiava di ritrovarsi a dover fare i conti con danni inestimabili. Capitava spesso di ritrovarsi l'impianto d'irrigazione danneggiato o che le chiavi delle «saracinesche» degli stessi impianti sparissero nel nulla. Senza l'acqua le piante di clementine sono destinate a morire. Un disastro per i bilanci aziendali. E chi tentava di resistere oltre, poteva addirittura ritrovarsi gli alberi piantati.
Meglio, dunque, pagare. «L'imprenditore che si vede arrivare un personaggio legato al clan, paga per evitare guai peggiori», sottolinea ancora Lombardi.
Un clima d'omertà descritto dal procuratore nazionale antimafia aggiunto, Emilio Ledonne: «È devastante la percezione che gli agricoltori avevano dell'imposizione della guardiania, considerata quasi come una necessità da accettare per poter continuare a svolgere il loro lavoro beneficiando della protezione. Solo in un secondo tempo è arrivata la presa di coscienza della gravità del fenomeno, con la decisione successiva di collaborare. Ma per molti anni l'organizzazione criminale ha potuto tranquillamente attuare i suoi metodi. I risultati concreti dell'inchiesta che è stata condotta dalla Dda di Catanzaro, potrebbero rappresentare un momento di svolta inducendo altri imprenditori a collaborare con gli organi di giustizia».g.p.
Il mondo politico plaude al coraggio della realtà agricola sibarita
Ringraziamo quegli imprenditori che hanno denunciato gli estortori
Cosenza - Il plauso del Governo e del vice ministro agli Interni Marco Minniti a tutti gli uomini impegnati «nelle operazioni che si stanno susseguendo in Calabria settimana dopo settimana dispiegando una controffensiva dello Stato che non solo punta a battere colpo su colpo l'arroganza delle cosche ma che ha l'obiettivo di sconfiggere definitivamente la 'ndrangheta». Lo ha dichiarato lo stesso numero due del Viminale, che s'è complimentato con il generale dell'Arma Siazzu per l'operazione "Corinan" eseguita dal Comando provinciale dell'Arma di Cosenza su mandato della Dda di Catanzaro.
«Il pesante colpo inferto alle cosche dello Jonio cosentino svela la preoccupante pressione che la 'ndrangheta esercita sull'imprenditoria agrumicola, tra le principali risorse della Calabria». Lo ha dichiarato Angela Napoli, componente della commissione parlamentare Antimafia, congratulandosi anch'ella coi carabinieri del Comando provinciale di Cosenza e delle Compagnie di Corigliano e Rossano, oltre che con la Dda per l'operazione "Corinan". «La capacità di indagine dei carabinieri è stata suffragata dalle denunzie degli imprenditori locali – ha osservato l'on. Napoli – a dimostrazione della necessità di uscire dalla cappa di omertà per contribuire al reale ed efficace contrasto alla criminalità organizzata. Il filone dell'operazione riguardante il traffico di sostanze stupefacenti anche nella zona della Sibaritide, evidenzia come la 'ndrangheta sia stata capace di estendere traffico e spaccio su tutto il territorio calabrese, un fatto che inquieta in particolare, per i giovani».
Il presidente della commissione Antimafia, Francesco Forgione, ha invece sottolineato che «l'importanza dell'operazione "Corinan" è dovuta soprattutto al significativo numero di imprenditori che hanno denunciato il racket contribuendo così a colpire la 'ndrangheta». Anche l'onorevole Forgione si è congratulato con la Dda e i carabinieri. «Sono stati liberati – ha aggiunto – pezzi significativi di territorio e di economia ed è stato dimostrato che la collaborazione dei cittadini permette alle Istituzioni di lottare al meglio contro le mafie». L'ex sottosegretario alla Giustizia e ora membro dell'Antimafia, Jole Santelli, ha ringraziato gli imprenditori agricoli che con le loro testimonianze hanno permesso agli inquirenti di raccogliere utili elementi ai fini della indagini». d.m.
Locri Parole dure del prefetto De Sena all'incontro-dibattito organizzato dal Rotary Club
La mafia è radicata nelle istituzioni
E basta con l'assistenzialismo arrogante
di Antonio Condò
«C'è troppa richiesta, talvolta arrogante, di assistenzialismo. Dovremmo fare tutti un'autocritica concreta. Le pubbliche amministrazioni spesso hanno creato sfiducia, quella "zona grigia" tra mafia e persone perbene. Dovrebbero distribuire legalità, non pietirla; bisogna quindi creare un nuovo itinerario di recupero dei consensi». Lo ha detto il prefetto di Luigi De Sena, intervenendo a un incontro dibattito sui temi della legalità organizzato dal Rotary Club di Locri. All'incontro-dibattito su "Legge, legalità, Locride" ha partecipato un numeroso pubblico composto da rappresentati del mondo politico-istituzionale, scolastico, associazionistico ed imprenditoriale ed alcuni familiari di vittime della criminalità.
Aprendo i lavori, il presidente del Rotary, Salvatore D'Agostino, ha evidenziato che «nella Locride manca la politica; i diritti elementari sono ancora oggi oggetto di discussione e v'è necessità di un rinascimento culturale e sociale». E lo studente Antonio Esposito, rappresentante del forum "Fo.Re.Ver." ha aggiunto che «è necessario snellire i tempi della magistratura e avere un controllo più forte del territorio. La cultura chiede coraggio e non silenzi, perché il silenzio uccide». «La legalità non è solo osservanza delle regole, anche se serve, è un fatto importante, ma da solo non basta: necessita infatti di tensione etica», ha sottolineato don Vincenzo Ruggiero, procancelliere della Diocesi di Locri-Gerace intervenuto su delega del vescovo mons. Bregantini. «Etica e politica vadano di pari passo», ha ribadito
È seguito l'intervento di Domenico Bova, ex deputato dei Ds ed ex componente della Commissione parlamentare antimafia per il quale «la politica dev'essere trasparente; non serve militarizzare il territorio»; durante la campagna elettorale va fatta «un'opera di "verifica" dei candidati». «Smettiamola con gli alibi», ha tuonato Giacomo Saccomanno, avvocato, ex sindaco di Rosarno, per il quale la «mafia è un fenomeno radicato in certe famiglie e non è risolvibile col pentito di turno; la mafia si nasconde dietro professionisti e uomini dello Stato e sono troppo lunghi i tempi per la confisca dei patrimoni illeciti».
«Quali messaggi si inviano dalla Calabria?», si è chiesto il superprefetto De Sena. «Lo Stato è presente, ma qui si disconoscono i fatti», ha aggiunto, sottolineando di parlare «da meridionale e da meridionalista. Qui al Sud siamo capaci di "negativizzare" anche i fatti positivi. I meridionali sono individualisti affetti da pessimismo atavico. Bisogna creare la cultura della prevenzione ed i risultati ci saranno, alcuni ci sono già, se ci si rende conto che le pubbliche amministrazioni compiono un cammino diverso; ciò avverrà quando da loro verranno messe al bando quattro categorie: gli irresponsabili, gli incompetenti, gli incapaci ed i nullafacenti».
Sono seguiti gli interventi del sindaco di Locri, Francesco Macrì, («c'è bisogno di una nuova progettualità, bisogna investire nella scolarizzazione»), di Mario Congiusta, padre di Gianluca, il giovane imprenditore sidernese assassinato lo scorso anno; di Maria Grazia Messineo studentessa, del Movimento "E adesso ammazzateci tutti" («Si prendano tutte le misure preventive per mandare a casa "gli onorevoli" della mafia: è inconcepibile che certe persone ci rappresentino»).
Hanno concluso i lavori Angela Napoli, parlamentare di An, e il sen. Giuseppe Valentino, ex sottosegretario alla giustizia.
Il piano ideato per assassinare Vincenzo Fabbricatore e la vendetta trasversale progettata contro il pentito Tommaso Russo
I summit mafiosi convocati dai boss a Mullheim
La saga delle vendette venne largamente preparata in Germania. Nella Sibaritide l'assenza del capo carismatico, Santo Carelli, aveva creato, all'inizio del Terzo millennio, pericolosi vuoti di potere e, pertanto, vennero progettati una serie di attentati. In meno di un anno, tra il 2001 e il 2002, si registrarono quattro morti ammazzati. I nomi delle vittime? Saverio Albamonte, Katarzina Pacholak, Vincenzo Fabbricatore e Vincenzo Campana. Con Albamonte trovò la morte, il 24 novembre del 2001, una giovane polacca che si trovava in sua compagnia. L'esecuzione venne compiuta in contrada Fabrizio di Corigliano. Fabbricatore e Campana vennero invece massacrati il 25 marzo dell'anno successivo, in un plateale agguato lungo la 106 jonica, in contrada Salice. Ad accomunare i morti ammazzati di Corigliano, l'utilizzo dei potenti fucili mitragliatori kalashnikov. A descrivere lo scenario di una strategia di morte – già decisa nel 1997 dai vertici del "locale" coriglianese, e finalizzata ad annientare le ambizioni di potere del gruppo facente capo a Fabbricatore – è stato, negli anni scorsi, proprio il collaboratore di giustizia Giorgio Basile, nel corso della deposizione resa al maxiprocesso "Set-up".
Alla fine degli anni '90 Basile era il sicario di "fiducia" del gruppo storico della 'ndrina guidata da Santo Carelli, il capobastone di Corigliano definitivamente condannato all'ergastolo. Oggetto delle ambizioni di Fabbricatore – ha dichiarato il pentito – era proprio la "reggenza" del "locale": una leadership mafiosa che avrebbe per diverso tempo conteso a Pietro Giovanni Marinaro, il fedelissimo luogotenente di Carelli. Basile ha dichiarato che «nei confronti di Fabbricatore e dei "compari" passati sotto la sua "fibbia" la sentenza di morte era stata emessa già dal '97». "Il tedescu" ha infatti raccontato che il boss della fazione avversaria «doveva morire per primo, ma non siamo mai riusciti a prenderlo al momento giusto», ed ha pure rivelato che in tale disegno «dovevano morire anche Arcangelo Conocchia e Giovanni Viteritti "u pazzu" (poi uciso nel '97)». A Vincenzo Campana detto "qua-qua", invece sarebbe toccato per ultimo, «tanto l'avremmo potuto ammazzare in qualsiasi momento. Noi dovevamo beccare il pesce grosso, Fabbricatore». Già nel 2000 il pentito aveva rivelato ai magistrati della Dda che «il gruppo di fuoco aveva organizzato un attentato in terra tedesca, a Norimberga, dove si incontravano Arcangelo Conocchia e Vincenzo Fabbricatore, appena fuggiti dalla Calabria perchè ricercati. I sicari individuarono la zona – ha raccontato Basile – ma Fabbricatore s'accorse degli appostamenti riconoscendo uno dei compaesani: così tagliò la corda cambiando zona». Ciononostante Fabbricatore rimase in Germania, dove qualche tempo dopo fu arrestato dai carabinieri. E in Germania finì in manette anche uno dei componenti della "missione di morte", Tommaso Russo, il quale poco dopo l'arresto decise di collaborare con la giustizia: un fatto, questo, che creò grande scompiglio tra i "nemici" di Fabbricatore. A tal proposito Basile ha ricordato che «venne convocata una riunione a Mullheim per decidere cosa fare; così prima stabilimmo di eliminare Domenico Sanfilippo, un catanese che sapeva troppe cose». Non solo nel corso di un altro summit convocato in Germania venne progettata l'uccisione di alcuni stretti congiunti di Russo. L'intento era quello di costringerlo, attraverso una vendetta trasversale, a desistere dai propri propositi collaborativi. Nel mirino, secondo quanto riferito dal pentito Basile, era finita una sorella del collaboratore di giustizia. Poi, per fortuna, non se ne fece nulla. L'uccisione di Fabbricatore e Campana, tuttavia, sembra avere anche chiavi di lettura diverse. A ordinare l'uccisione dei due 'ndranghetisti in cerca di nuova gloria criminale, potrebbero infatti essere state persone diverse da quelle che ne avevano decretato la morte durante le riunioni convocate in Germania.(a.b.)
Operazione Corinan
L'allarme lanciato dai servizi di sicurezza
Le cosche alla conquista dei lander tedeschi
Ricostruiti gli interessi dei clan sibaritinelle città di Francoforte e Norimberga
di Arcangelo Badolati
Cosenza. Le "coppole" storte alla conquista dei lander. Nei giorni scorsi i servizi segreti tedeschi hanno rivelato l'esistenza di infiltrazioni e investimenti delle cosche della ' ndrangheta in Germania. Il quadro descritto è assolutamente realistico. Le consorterie sibarite si muovono da tempo, infatti, sullo scacchiere europeo. Tre pentiti ne parlano, peraltro, diffusamente. Si tratta di due ex 'ndranghetisti calabresi e di un trafficante tedesco. Antonio Cangiano, 24 anni, "picciotto" fuoriuscito dalle file dei clan della Sibaritide ha svelato ai pm antimafia della Dda di Catanzaro (coordinati dal procuratore aggiunto Mario Spagnuolo) gli scenari d'una immensa, continua, compravendita di sostanze stupefacenti e armi. Cangiano collabora con la giustizia da più di cinque anni. Da quando, cioè, gli uomini del centro Dia l'hanno incriminato per l'omicidio di Domenico Sanfilippo, 38 anni, detto il "catanese". Sanfilippo venne assassinato dal giovane pentito e da Giorgio Basile (pure lui "gola profonda") il 23 novembre del 1997 ad Arcen en Velden, in Olanda. I padrini nostrani temevano che il "catanese" potesse pentirsi. Con Basile e Cangiano aveva infatti venduto droga in mezza Europa, agendo per conto dei "mammasantissima" dell'area ionica calabrese. Dunque sapeva troppe cose e venne messo a tacere per sempre. Il suo corpo non è mai stato ritrovato. Cangiano è stato arrestato il 12 marzo del '98 al confine tra Germania e Olanda, perchè sorpreso in possesso di un chilogrammo di anfetamine. "Roba" buona destinata al mercato italiano e tedesco. Incastrato nei mesi successivi pure per il delitto Sanfilippo, il ventiquattrenne decise di saltare il fosso. Ai pm antimafia Salvatore Curcio e Vincenzo Luberto l'uomo ha rivelato – confemando le dichiarazioni già rese da Basile – l'identità del presunto principale "fornitore" di stupefacenti: Iacobus Sailort, 42 anni, per gli amici "Jack", un narcotrafficante con base operativa nella elegante città olandese di Arneheim. "Jack" smerciava "coca" proveniente direttamente dal Sudamerica e sbarcata sulle banchine del porto di Rotterdam. La "neve" veniva poi smistata da Basile, Cangiano e Sanfilippo ai "compari" responsabili dei "locali" di 'ndrangheta allestiti in Germania; alla "cellula" di pusher organizzata a Firenze e Pistoia e ai "picciotti" di Corigliano, incaricati di distribuirla lungo la fascia costiera compresa tra Roseto Capo Spulico e Cariati. Le "cantate" di Cangiano sembrano destinate a rivelarsi fondamentali per ricostruire la rete internazionale di rapporti strutturata in questi anni dalle cosche della Sibaritide. Il collaboratore, infatti, ha confermato l'esistenza di "nuclei" della 'ndrangheta a Francoforte sul Meno, Norimberga, Monaco di Baviera, Stoccarda, Mullheim e Mannheim. Gl'insediamenti criminali in terra tedesca sarebbero sorti già nei primi anni '90. Non a caso, Volker Gehm, direttore generale della sezione criminalità presso l'Ufficio federale di polizia criminale, ha sempre pubblicamente ammesso che "la mafia utilizza in misura sempre crescente la Repubblica federale di Germania come suo campo di azione". L'eroina e la cocaina acquistate Oltralpe giungono in Calabria attraverso fidati "corrieri". Lo stupefacente, poi immesso sul mercato clandestino locale, ha garantito in questi anni alle cosche coriglianesi introiti miliardari. Cangiano ha indicato nomi, luoghi e circostanze. Facendo da sponda a Giorgio Basile, suo ex "compare" di malefatte, e ora famoso in Germania per aver pubblicato una documentatissima autobiografia. Sia Basile che Cangiano sono stati peraltro condannati con sentenza definitiva per l'uccisione di Domenico Sanfilippo. La sentenza emessa dalla Corte di assise di Cosenza è passata infatti in giudicato. Degli "affari sporchi" conclusi da coriglianesi e cirotani tra il Reno, l'Oder e il Meno, ha parlato pure un pentito tedesco: Heiko Kschinna, 44 anni. L'ex trafficante di droga – sentito dai magistrati della Dda catanzarese nell'ambito dell'inchiesta "Galassia" – ha descritto dettagliatamente i rapporti intrattenuti con i calabresi. Antonio Cangiano, adesso, potrebbe aver disegnato la "mappa" del commercio sovranazionale della cocaina. Una "mappa" già prodotta agli inquirenti dai pentiti Giovanni Cimino, catturato in Germania dai carabinieri, e Tommaso Russo, arrestato dagli investigatori dell'Arma a Corigliano. Di traffici conclusi tra Olanda, Germania e Italia riferì agli investigatori del Ros nella maxinchiesta "Dust", anche Antonio Cicciù, 40 anni, ex boss di Cariati. L'ex malavitoso svelò i meccanismi crminali che consentivano ai malavitosi calabresi d'entrare in rapporti di affari con i contrabbandieri curdi – guidati dall'inafferrabile narcos Hayri Imak – specializzati nel traffico di eroina. I curdi attraverso lo smercio degli stupefacenti finanziano – come peraltro fanno i "signori della guerra" in Afghanistan – le loro formazioni guerrigliere impegnate nella lotta contro i turchi a Nord e gli iracheni-sunniti a Sud.
Terremoto giudiziario Il dott. Alfredo Laudonio affida agli avvocati Anello e Proto un comunicato attraverso il quale respinge gli attacchi
«Calunnie e denigrazioni sulla Procura»
Il magistrato spiega che tutte le inchieste antimafia sono nate nel suo ufficio e poi trasferite per competenza
di Nicola Lopreiato
Il silenzio è durato diciassette giorni. Ma alla fine il procuratore della Repubblica Alfredo Laudonio, contrariamente al suo modo di agire improntato alla rigida regola del "lavorare in silenzio", ha deciso di prendere posizione. Di scendere in campo a difesa della magistratura, degli uffici giudiziari e di tutti coloro che insieme a lui operano nel rispetto della legalità.
Così ha affidato il compito di sintetizzare i fatti agli avvocati Bruno Anello e Pietro Proto i quali affermano: «I reiterati attacchi, condotti anche attraverso gli organi d'informazione, a settori della magistratura vibonese hanno raggiunto il culmine con la denigrazione e la criminalizzazione degli uffici giudiziari e di singoli magistrati attraverso una consapevole mistificazione della realtà». Il riferimento degli avvocati, ovviamente, è tutto rivolto al recente terremoto giudiziario scaturito dall'operazione "Dinasty 2" coordinata dalla Procura distrettuale antimafia di Salerno che ha portato, tra gli altri, all'arresto del giudice Patrizia Pasquin.
E proprio per il coinvolgimento di un giudice l'inchiesta, nata negli uffici della Procura di Vibo, è stata trasferita ai magistrati di Salerno, competenti per territorio.
Gli avvocati Proto e Anello aggiungono inoltre: «È falso, infatti, che le principali indagini contro la criminalità organizzata di cui si parla siano derivate da fascicoli "archiviati" presso la Procura di Vibo, al contrario "Decollo", "Dinasty", "Flash", l'estorsione in danno di Ceravolo, in parte "Odissea", l'usura in danno di Scriva ed altri ancora sono originati tutti da procedimenti iniziati dalla Procura di Vibo e da questa trasmessi alla Dda già in fase di completa o avanzata istruzione, in formale accordo con la Procura generale, la procura nazionale antimafia e la Dda medesima. Il resto del lavoro, impossibile da elencare anche per sintesi, da "Martiri d'Ungheria" a "Tuono", da "Miranda" a "Ricatto", fa parte del notorio».
I due legali vibonesi, poi ribadiscono: «È falsa l'attribuzione di responsabilità alla Procura di Vibo e al procuratore per la concessione di permessi o per la restituzione di beni a sorvegliati speciali, come confermato, da ultimo, dalle stesse notizie stampa fornite dal procuratore di Salerno. È falso ancora che non sia stata esercitata vigilanza e che non siano state date tempestive notizie a tutti i competenti organi. È vero, invece, che il processo "Dinasty 2 - do ut des" ha avuto origine, sebbene mai evidenziato, da atti compiuti e dall'indagine iniziata proprio dalla Procura di Vibo fin dal 2003, trasmessa nello stesso anno a Salerno per competenza e proseguita, poi, anche nell'ambito di specifiche deleghe, dal procuratore Laudonio. Tutto ciò – aggiungono gli avvocati Anello e Proto – è stato ampiamente documentato non solo negli atti, ma anche da organi di informazione, per chiunque voglia accedere alla verità, che spesso oggi è travisata o dimenticata.
Il resto, che viene quotidianamente ammannito, è stato ritenuto assolutamente infondato dai giudici di Salerno dopo anni di penetranti indagini ed è in ogni caso frutto di illecita divulgazione, sulla quale altri giudici dovranno pronunciarsi».
Sulla decisione da parte del capo della Procura di intervenire sulla vicenda i due avvocati aggiungono: «Il dott. Laudonio ha, sino ad ora, scelto di non intervenire per la convinzione che la giustizia vada esercitata nei luoghi deputati e non impropriamente manipolata nelle piazze, ma avverte, oggi, il dovere di arginare questa campagna denigratoria che, nell'inspiegabile tentativo di delegittimare indistintamente tutti i magistrati, priva i cittadini di un bene eccezionale, cioè il diritto di rivolgersi serenamente alle istituzioni e di confidare in esse».
Da qui la decisione da parte del procuratore Laudonio e dei suoi legali di avviare «le necessarie azioni per la tutela in ogni competente sede nei confronti di tutti i responsabili dei diffamatori attacchi perpetrati anche contro la sua persona».
Infine, un appello agli organi d'informazione affinché contribuiscano in maniera consapevolmente responsabile, nell'interesse della collettività, alla limpida e completa divulgazione dei fatti.
L'AZIENDA
CHE HA
RESISTITO
ALLA
'NDRANGHETA,
DENUNCIANDO,
COSTRETTA
ALLA
CHIUSURA
PER LE
OMISSIONI
DEL COMUNE
leggi e scarica
gratuitamente
il volume,
in formato.pdf
CLICCA QUI
SCARICA IL
DOSSIER SU
"SARZANA.
Tra sinistra,
'ndrangheta,
speculazioni
(e l'omicidio
in famiglia)"
edizione aggiornata
al 15 MARZO 2015
- formato .pdf -
clicca qui
SCARICA IL
DOSSIER SU
"SLOT & VLT
le inchieste,
la storia,
i nomi e cognomi"
- formato .pdf -
clicca qui
SCARICA IL
DOSSIER SU
"DIANO MARINA
LA COLONIA"
QUELLA STORIA
CHE QUALCUNO
VUOLE
NASCONDERE
RICOSTRUITA
ATTRAVERSO
ATTI E DOCUMENTI
- formato .pdf -
clicca qui
SCARICA IL
DOSSIER SU
"TIRRENO POWER ED
I SUOI COMPLICI"
nel disastro doloso
(ambientale e
sanitario)
- formato .pdf -
clicca qui
SIAMO DI NUOVO
OPERATIVI ONLINE
(IN ESILIO DIGITALE)
Dal 29 dicembre si è
lavorato sodo per
salvare i dati e portare il
sito in sicurezza all'estero.
Abbiamo cercato, già che
si doveva operare sul sito,
di rinnovarlo e migliorarlo.
Ci sono ancora alcune cose
da sistemare e lo faremo
nei prossimi giorni.
Ma intanto si riparte!
Andiamo avanti.
f.to i banditi
SCARICA IL
DOSSIER SU
"PEDOFILIA
E OMERTA'
Savona,
chi sapeva ed
ed taciuto su don
Nello Giraudo?"
con documenti
dell'inchiesta su
don Nello Giraudo
e documenti interni
della Chiesa
- formato .pdf -
clicca qui