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La mappatura della Liguria
con le famiglie di 'Ndrangheta
e le radici di Cosa Nostra.
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Quella realtà di Diano Marina
che vorrebbe oscurare i fatti,
oscurando noi. Tutta la storia.
VAI ALLO SPECIALE
Le cementificazioni hanno un
prezzo come la mancata messa
in sicurezza del territorio
VAI ALLO SPECIALE
La messa in sicurezza latita,
la bonifica è lontana e qualcuno
vuole anche riaprire la Discarica.
VAI ALLO SPECIALE
dal blog di Beppe Grillo
Hanno interrotto il dipendente del Consiglio Prodi durante gli Stati generali dell’antimafia. Mentre diceva che il governo sta adottando misure efficaci per combattere la mafia. Gli hanno gridato: “In Parlamento ci sono 25 persone con sentenze passate in giudizio!” e “Cacciate i deputati condannati in via definitiva dalla commissione Antimafia!”. Prodi ha reagito con il vigore di un tortellino bollito: “Vengono poste al presidente del Consiglio domande che andrebbero fatte al Parlamento”. Era impreparato, può succedere. Ma nascondersi dietro al Parlamento non si fa. E’ un’ammissione di impotenza. Se non sa rispondere a domande fondamentali per la democrazia non può rappresentarci.
Alla commissione Antimafia va cambiato il nome. In commissione AntiStato. Da quando esiste, le mafie sono in piena espansione. L’Antimafia ha due nuovi membri condannati in via definitiva: Pomicino, tangenti, e Vito, corruzione. I loro sponsor sono Dc-Psi e Forza Italia. Ma gli altri partiti sono stati a guardare.
C’è una frattura tra il Paese e questa gente, questi partiti. Una spaccatura che non si nutre più di speranze di cambiamento, ma di frustrazione e di rabbia. Non sono un veggente. Non so come andrà a finire. Ma sono pessimista. E un comico pessimista non è un bello spettacolo. Ex corruttori e ex tangentisti contro le mafie. Chi vincerà?
Voglio Provenzano all’Antimafia. Mi dà più fiducia. Si è esposto in prima persona e non ha mai invocato l’immunità parlamentare. Rispetto a questi è un galantuomo.
18.11.2006 – Unità
Porco è bello
di Marco Travaglio
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Terremoto giudiziario Il magistrato conversando con Settimia Castagna esprime nei loro confronti giudizi poco edificanti
La Pasquin parla pure di Costa e Ranieli
L'inchiesta svela che il giudice temeva per la sua vita: se faccio alcuni nomi mi ammazzano
Nicola Lopreiato
Sono le centomila intercettazioni effettuate sul giudice Patrizia Pasquin a caratterizzare buona parte dell'inchiesta su toghe, affari, corruzione e presunte collusioni con esponenti del clan Mancuso di Limbadi. Piuttosto inquietanti sono quelle che riguardano l'ex sindaco di Vibo Valentia, Elio Costa e l'ex parlamentare dell'Udc Michele Ranieli. Il presidente della sezione civile del Tribunale, finita in carcere con l'accusa di corruzione aggravata, falso, truffa aggravata ai danni dello Stato e corruzione in atti giudiziari, parla con la sua amica Settimia Castagna, socia nell'affare della Melograno Village (anche lei in carcere con l'accusa di truffa ai danni dello Stato corruzione e falso) e spara a zero sull'ex sindaco: «Perché Costa si mangiava Vibo... se l'è mezza mangiata... e le cose non le ha fatte! Eh!... Sì sì!...se dico così è perché li conosco tutti e due... eh!...Bene!»
Accuse pesanti, che non hanno trovato mai alcun riscontro nella realtà. L'amministrazione Costa ha guidato la città dal maggio del 2002 a gennaio del 2005. Tutti i progetti messi in cantiere da quell'esecutivo sono a tutt'oggi fermi anche se il piano d'investimenti complessivo ammonta a circa 150 milioni di euro.
Le frasi del giudice Patrizia Pasquin lasciano perplessa, almeno così si evince dalle sue risposte, la stessa Settimia Castagna: «No... dico... Costa dici che si è mangiato qualcosa? Pronta la replica della Pasquin: «Sì! (ride) Costa... quello che... quel poco che...che siccome è troppo strafottente...siccome non ha fatto niente... ha mangiato poco perché non ha fatto niente... e perché voleva troppo!... Era troppo pretenzioso...».
Ipotesi sulle quali l'amica del magistrato non commenta al punto che la Pasquin continua a lanciare veleni e spiega perché l'ex sindaco, che ha retto l'amministrazione di centrodestra, è stato affossato: «Uhh!... Perché lo hanno fatto fuori?... Per questo!... Perché se no ti pare che Ranieli (l'ex parlamentare dell'Udc che ha sostenuto la caduta di Costa ndr.) non divideva! Eh! Eh!... Molto volentieri!».
Colloqui a ruota libera tutti finiti nelle bobine della squadra Mobile e poi confluiti nei fascicoli dei pubblici ministeri Domenica Gambardella e Mariella De Masellis che hanno riscostruito il grande intrigo in diversi capitoli che ammontano a 3.500 pagine, che concludono con la richiesta di ben 45 ordini di custodia cautelare in carcere, e tra questi nomi eccellenti come l'ex governatore Giuseppe Chiaravalloti.
E nella grande inchiesta saltano fuori le rivelazioni del collaboratore di giustizia Domenico Cricelli, il quale dichiara agli investigatori: «Conosco la dottoressa Pasquin dal 1989/90 circa, periodo in cui gestivo un ristorante "Porta Vaticana" in località Tropea, presso il quale la stessa veniva spesso per pranzare sia con il marito che con altre persone.
Tra queste persone vi era anche un noto pittore calabrese: Lorenzo Albino, un critico d'arte, e tante altre persone tra cui anche la dott.ssa Marataro, persona dalla corporatura robusta il cui marito mi pare faccia il geometra... ed è stato proprio il pittore Albino a presentarmi la Pasquin...».
Non sono poche le pagine di verbali contenenti dichiarazioni del collaboratore di giustizia che sono confluite nell'inchiesta "Dinasty 2 - do ut des". Cricelli parla anche dei rapporti tra l'avvocato Giovanni Vecchio e il giudice Patrizia Pasquin. A tal proposito Cricelli dichiara: «Quando cominciai ad avere dei problemi con degli assegni protestati, negli anni dal 1993 al 1995, mi rivolsi all'avv. Vecchio perchè si diceva che era un avvocato che conosceva molto bene i giudici del posto ed era in grado di risolvere molti "problemi".
Per tali motivi andai da lui esponendogli i miei problemi di assegni e gli consegnai tutta la documentazione. L'avv. Vecchio mi disse di non preoccuparmi assicurandomi che conosceva il giudice che si sarebbe occupato della vicenda. Dopo poco tempo, l'avv. Vecchio mi disse che aveva già parlato con il giudice e che riusciva a risolvere il mio problema evitando che si andasse a cadere nel penale. Nell'occasione mi chiese a più riprese soldi facendomi intendere chiaramente che doveva dare dei soldi perché si doveva pagare il giudice...».
Cricelli parla anche della famiglia Albino, quella del famoso pittore di Tropea. «Si era offerta di aiutarmi dicendo che potevano rivolgersi al giudice Pasquin se avevo bisogno di qualcosa. Io non ho voluto poiché sapevo che la Pasquin era amica dell'avvocato Vecchio...».
Il collaboratore tira fuori anche alcune confidenze di Pasquale Scordo, geometra di Tropea: «Mi ha detto che "la Pasquin, Peppino Romano e Gaetano Vallone (ex sindaco di Tropea), facevano porcate lì sopra al Comune, porcate che fa nella magistratura, cose da arresto, ma non mi ha mai raccontato fatti specifici».
E poi ancora «I Lorenzo mi hanno offerto la loro protezione. Mi dicevano che il nonno Albino era in grado di contattare la Pasquin e di poter avere informazioni sulla mia situazione giudiziaria, quindi anche nell'eventualità che avessero voluto arrestarmi».
E a proposito delle dichiarazioni di Cricelli, la Pasquin conversando con Settimia Castagna dice: «A questo scemo di pentito gli hanno fatto dichiarare che io aiuto, c'è quest'altra manovra in arrivo ed è molto pesante perché vogliono assolutamente mandarmi via e però devo stare attenta a non fare errori perché se no mi ammazzano, per cui mi devo difendere però nello stesso tempo (...) se riesco a difendermi adeguatamente senza i nomi che se no mi ammazzano, se no mi metto in pericolo di vita... perché vogliono mettere al posto mio Bianchi...».
Cirino Pomicino in Commissione Antimafia. Stupendo! Fantastico! Nel vero senso della parola, ossia che è una cosa da fantasia, anzi la supera. Che i pregiudicati per reati contro la pubblica amministrazione siano chiamati a rappresentare la pubblica amministrazione nella lotta contro l’illegalità, questo è un capolavoro che solo nel paese di Pirandello poteva compiersi. Nel paese di Pirandello, ma anche del Machiavelli maldigerito, diciamolo. Perché c’è qualcosa che non quadra in tutta questa vicenda parlamentare. Ricordate quando venne respinta la proposta dei deputati Orazio Licandro (comunista) e Angela Napoli (An), che chiedevano di non mettere in commissione gente sospetta di collusioni con la malavita o comunque non inquisita o condannata? I benpensanti dicevano di no perché “ci mancherebbe altro!”. Eccolo, il ci mancherebbe altro.
Be’, io non credo affatto casuale che solo un pugno di parlamentari abbia appoggiato quella proposta, che a un normale cittadino sembra davvero il minimo del buon senso. C’è qualcosa che viaggia sottoterra, e che è già esploso con l’indulto. Dirò di più: se davvero è la politica e non le regole a dovere garantire la pulizia istituzionale (principio sul quale posso anche essere d’accordo), non capisco perché i presidenti delle Camere (ossia il massimo del controllo politico) non abbiano sollevato obiezioni, visto che -diversamente dalle commissioni permanenti- sono loro a fare queste nomine, e non automaticamente i gruppi parlamentari. In assoluto trovo la questione grave, molto grave. Chissà, forse sul piano morale Cirino Pomicino non è nemmeno il peggio in quella commissione, se ho capito qualcosa facendone parte nella scorsa legislatura. Ma certo è quello che per i suoi trascorsi con la legge diventa simbolicamente più dirompente. Sicché la sensazione che anche in questo caso ci sia stato in piccolo un nuovo scambio politico tra destra e sinistra diventa consistente (e ho anche in mente quale ma non lo posso dire, perdonatemi).
Finita la Commissione stragi grazie all’uso che ne fece Pellegrino, andiamo ora dunque anche verso la fine della Commissione Antimafia? Diciamo che un giudice o un investigatore chiamato lì a dire le cose più segrete e, anche, per lui rischiose, ha tutto il diritto di pensare che i partiti non stiano facendo di tutto per garantirgli la massima, ma proprio la massima affidabilità. E che quindi si senta legittimato a non dire tutto quello che sa. Io, in verità, proprio nel superiore interesse delle istituzioni, non mi sentirei di criticarlo. Ma allora che senso avrebbe più questa commissione d’inchiesta, se non è in grado di acquisire le informazioni necessarie? Piuttosto (questa è la mia proposta) la facciano i cittadini dall’esterno. Un po’ di studiosi, di giornalisti, di esponenti di associazioni. E con il materiale esistente, verrà fuori qualcosa di buono sicuramente. Senza correre il rischio di informare di fatti segretissimi chi, per superficialità, per scarso senso dello Stato, potrebbe non farne l’uso migliore, mettiamola così. E’ una valutazione esagerata?
17.11.2006 – Unità
Uno scossone contro la mafia
di Giancarlo Caselli
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Terremoto giudiziario a Vibo
Proseguono davanti al gip gli interrogatori di garanzia
"Dinasty 2", emergono veleni e intrighi qualcuno tentava di delegittimare l'inchiesta
Nicola Lopreiato
Vibo Valentia - È l'inchiesta dei veleni e degli intrighi quella che i magistrati della Procura distrettuale antimafia di Salerno hanno denominato "Dinasty 2 - do ut des", scattata venerdì scorso a Vibo Valentia.
I magistrati stanno cercando di fare piena luce su alcuni elementi emersi nel corso delle indagini in base ai quali ci sarebbe stato anche un tentativo di delegittimare l'attività investigativa. Da quanto emerge, in ambienti vicini al giudice Pasquin nel corso di una perquisizione sarebbe stata trovata una denuncia a carico di alcuni poliziotti della Questura di Vibo Valentia, che da anni seguivano passo passo i movimenti del presidente della sezione civile del Tribunale Patrizia Pasquin, della sua socia in affari Settimia Castagna, nonché di avvocati e altri imprenditori che agivano nel "mare magnun" della corruzione. L'esposto, arrivava ad ipotizzare presunte collusioni tra alcuni investigatori e lo cosche della 'ndrangheta.
Sul piano strettamente giudiziario, invece, proseguono gli interrogatori di garanzia a carico delle tredici persone raggiunte da ordinanza di custodia cautelare in carcere ed ai domiciliari. Ieri davanti al gip Anita Mele di Salerno sono comparsi l'avvocato Michele Accorinti di Tropea; Pierina Penna, commerciante di Pizzo Calabro; Fortunato Polito, imprenditore di Mileto (marito di Settimia Castagna anche lei in carcere) che si è avvalso della facoltà di non rispondere, nonché Salvatore Valenzise, di Nicotera, nipote di Giuseppe Mancuso.
17.11.2006 –Gazzetta del Sud
Terremoto giudiziario Il gip interroga Michele Accorinti
I pm avevano chiesto 45 arresti, presentato il ricorso al TdL
Camera penale: il presidente si autosospende. L'avv. Filippo Accorinti e il dott. Franco Palaia reagiscono
Nicola Lopreiato
I pubblici ministeri della Distrettuale antimafia di Salerno non mollano. L'inchiesta che ha provocato un vero e proprio terremoto giudiziario va avanti ed è destinata a tenere con il fiato sospeso tutte le persone coinvolte. Sulla base di quanto è trapelato i magistrati della Dda avevano chiesto in totale l'arresto di 45 persone, mentre il gip ne ha concessi 13, tra cui il giudice Patrizia Pasquin. Nelle richeste dei pm figura l'ex governatore Giuseppe Chiaravalloti. Custodia cautelare, in carcere ed ai domiciliari, era stata chiesta anche nei confronti di molte altre persone indagate come il sindaco di Parghelia Vincenzo Calzona, l'ing. Nicola De Rito (sindaco di San Costantino), Giuseppe Esposito, funzionario del ministero delle attività produttive, degli avvocati Antono Galati, Giovanni Vecchio, Santo Gurzillo, Domenico Marchese e Gaetano Scalamogna. Identiche richieste anche per Michelangelo Aiello, Ilo Ugo Mario Bianchi, Maria Teresa Callà, Umberto Cesare Augusto Franco, Vincenzo Galizia, Francesco Maria Gatto, Fabio Gentile, Guglielmo Grillo, Claudio La Russa, Antonio Mancuso, Domenico Mancuso, Pantaleone Mancuso, Francesco Miceli, Alfonso Nastro, Luciano Giovanni Filippo Neri, Franco Palaia, Antonio Pugliese, Lucia Schiariti e Giancarlo Sganga.
La Procura intende far valere la tesi accusatoria ed ha deciso di ricorrere al Tribunale del riesame che dovrebbe emettere il suo verdetto entro pochi giorni. Ma tutti gli indagati coinvolti, successivamente, potranno ricorrere, eventualmente, in Cassazione. Una vera e propria tempesta, i cui effetti rischiano di farsi sentire a lungo.
Intanto ieri al Tribunale di Salerno si sono tenuti altri interrogatori di garanzia. Tra questi quello dell'avv.Michele Accorinti. I suoi legali, l'avv. Armando Veneto e l'avv. Giovanni Marafioti, hanno presentato atti che dimostrerebbero che l'avvocato Michele Accorinti non ha mai ricevuto alcun trattamento di riguardo da parte del giudice Pasquin. Anzi una causa, andata in discussione due mesi dopo l'approvazione della lottizzazione del Melograno Village, è stata assegnata a favore della controparte dell'avv. Accorinti.
E mentre a Salerno proseguono gli interrogatori, alcune delle persone indagate intervengono per chiarire le loro posizione. Tra questi l'avv. Filippo Accorinti: «Raccolgo tutte le mie forze dopo la feroce lapidazione ricevuta dagli organi di informazione per reagire indignato a questo assurdo linciaggio, basato su ignominiose accuse rispetto alle quali professo la mia assoluta innocenza. Non ho mai accettato alcuna utilità illecita – dice l'avv. Accorinti – né mai alcuno si è permesso di promettermela. Mai agito in danno di alcuno. Per altro anche la stessa ormai nota a tutti ordinanza del gip di Salerno, in molti passaggi attesta: "Filippo Accorinti era estraneo agli interessi di questo o di quella altra faccenda (sono le considerazioni dei magistrati non le mie). Nei miei confronti è stata operata un'interpretazione distorta di comportamenti perfettamente leciti, tenuti nel pieno e legittimo esercizio delle mie funzioni, qualunque esse siano state. Tutta la mia vita umana e professionale e soprattutto i miei conti e i miei averi sono lì a testimoniarlo, per sempre. Sono sereno e fiducioso dell'esito positivo – conclude l'avv. Filippo Accorinti – che questa vicenda giudiziaria avrà nei miei confronti ed io per primo spero ho interesse a che tutti gli accertamenti possibili ed immaginabili siano approfonditi sino a dissolvere ogni ombra di dubbio».
Interviene a tutela del dott. Franco Palaia, nella lista degli indagati, anche l'avv. Giuseppe Pitaro del foro di Catanzaro: «Il dott. Palaia è soggetto estraneo ai fatti in questione e immotivatamente viene catapultato all'interno di presunte circostanze criminali. Il dott. Palaia – precisa ancora l'avv. Pitaro – non è un sensitivo, bensì un valente e stimato psico-pedagogista con un ottimo curriculum professionale». L'avv. Pitaro, inoltre, rivela: «Il dott. Palaia aveva in cura la dott.ssa Pasquin, alla quale applicava una specifica terapia medica, e ciò non può essere ritenuta una colpa». Inoltre, il legale chiarisce: «Il dott. Palaia non era a conoscenza di tanti particolari prima fra tutti che da alcun giorni un pentito (Domenico Cricelli) stava rendendo dichiarazioni contenenti riferimenti alla dott.ssa Pasquin. Atti questi che sono finiti nelle inchieste della Procura distrettuale di Catanzaro».
Intanto la bufera dell'inchiesta che ha interessato il consiglio dell'Ordine degli avvocati, si è abbattuta anche sulla Camera penale. Il presidente Giovanni Vecchio, eletto da pochi giorni, ha ritenuto di autosospedersi dall'incarico. La stessa decisione era stata assunta dai tre consiglieri dell'Ordine coinvolti (Michele Accorinti, Santino Gurzillo e Gaetano Scalamogna).
L'AZIENDA
CHE HA
RESISTITO
ALLA
'NDRANGHETA,
DENUNCIANDO,
COSTRETTA
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SIAMO DI NUOVO
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Dal 29 dicembre si è
lavorato sodo per
salvare i dati e portare il
sito in sicurezza all'estero.
Abbiamo cercato, già che
si doveva operare sul sito,
di rinnovarlo e migliorarlo.
Ci sono ancora alcune cose
da sistemare e lo faremo
nei prossimi giorni.
Ma intanto si riparte!
Andiamo avanti.
f.to i banditi
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E OMERTA'
Savona,
chi sapeva ed
ed taciuto su don
Nello Giraudo?"
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don Nello Giraudo
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