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La mappatura della Liguria
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Giovanni Falcone
Cose di Cosa Nostra
Giovanni Falcone descrive l’adesione degli uomini d’onore a Cosa Nostra e la sua struttura
Si può sorridere all’idea di un criminale, dal volto duro come la pietra, già macchiatosi di numerosi delitti, che prende in mano un immagine sacra, giura solennemente su di essa di difendere i deboli e di non desiderare la donna altrui. Si può sorridere, come di un cerimoniale arcaico, o di considerarla una vera e propria presa in giro. Si tratta invece di un fatto estremamente serio, che impegna quell’individuo per tutta la vita. Entrare a far parte della mafia equivale a convertirsi a una religione, non si cesserà di essere preti. Né mafiosi
Al momento dell’iniziazione , il candidato o i candidati vengono condotti in una stanza, in un luogo appartato, alla presenza del<< rappresentante>> della << famiglia>> e di altri semplici uomini d’onore. Spesso, questi ultimi sono schierati su un lato, mentre gli <<iniziandi>> dall’altro. A volte i candidati vengono tenuti chiusi in una stanza per alcune ore e sono poi fatti uscire uno alla volta. A questo punto il rappresentante della famiglia espone ai futuri uomini d’onore le norme che regolano l’organizzazione affermando prima di tutto che quella che comunemente viene detta mafia si chiama in realtà, Cosa Nostra. Avverte quindi i nuovi venuti che sono ancora in tempo a rinunciare all’affiliazione e ricorda loro gli obblighi che comporta l’appartenenza all’organizzazione fra cui: non desiderare la donna di altri uomini d’onore; non rubare; non sfruttare la prostituzione;non uccidere altri uomini d’onore , salvo solo in casi di assoluta necessità; evitare la delazione alla polizia; non mettersi in contrasto con altri uomini d’onore; dimostrare sempre un comportamento serio e corretto; mantenere assoluto silenzio con altri su Cosa Nostra; non presentarsi mai da soli ad altri uomini d’onore, in quanto le regole impongono che un altro uomo d’onore, conosciuto da coloro i quali devono mettersi in contatto, garantisca la rispettiva appartenenza a Cosa Nostra, pronunciando le parole:<< quest’uomo è la stessa cosa>>.
Esaurita la spiegazione dei comandamenti, riaffermata la volontà del candidato di entrare nell’organizzazione, il rappresentante invita i nuovi venuti a scegliersi un padrino tra gli uomini d’onore presenti. Ha quindi luogo la cerimonia del giuramento che consiste nel chiedere a ognuno con quale mano spara e nel praticargli una piccola incisione sul dito indice della mano indicata, per fare uscire una goccia di sangue con cui viene imbrattata una immagine sacra: molto spesso quella dell’Annunziata, la cui festa cade il 25 marzo e che è ritenuta patrona di Cosa Nostra. All’immagine viene quindi dato fuoco e l’iniziato, cercando di non spegnerlo mentre la fa passare da una mano all’altra, giura solennemente di non tradire mai le regole di Cosa Nostra, meritando in caso contrario di bruciare come l’immagine.
Mentre l’indice viene punto, il rappresentante gli ingiunge in tono severo di non tradire mai, perché si entra in Cosa Nostra col sangue e se ne esce solo con altro sangue. Particolare curioso: in alcune famiglie si usa per pungere l’indice una spina di arancio amaro; in altre, invece, una spilla, sempre la stessa ( nella famiglia di Riesi il << rappresentante aveva una spilla d’oro utilizzata esclusivamente per questo rituale>>); in altre ancora, una spilla qualsiasi. Il rappresentante o capo della famiglia spiega quindi al neofita i livelli gerarchici della famiglia, della provincia e di Cosa Nostra nel suo insieme. Si sofferma sul << capo decima>>, il quale, come indica il titolo, è alla testa di dieci ( o più) uomini d’onore e al quale l’iniziato farà direttamente capo. Non è ammesso nessun rapporto con il rappresentante. Può tuttavia capitare, soprattutto ne Palermitano, che alcuni uomini d’onore dipendono direttamente da lui, diventando i suoi uomini di fiducia, incaricati dei compiti più delicati e segreti.
Queste sono, con piccole varianti da provincia da provincia, le regole dell’affiliazione come sono state descritte dai pentiti, anche se per necessità la cerimonia può venire abbreviata. In casi d’urgenza sono sufficienti anche solo tre uomini d’onore, non importa se appartenenti a famiglie e province diverse. Antonino Madonia, secondo quanto ha raccontato il pentito Calderone, venne affiliato nella prigione dell’Ucciardone a Palermo alla presenza di tre uomini d’onore; e anche Nello Pernice ebbe una cerimonia di affiliazione molto affrettata con un padrino d’eccezione: Luciano Liggio in persona.
Non tutti possono aderire a Cosa Nostra. Questa Università del crimine impone di essere valorosi, capaci di compiere azioni violente e, quindi, di saper uccidere. Ma non è questa la qualità fondamentale. Sapere uccidere è condizione necessaria, ma non sufficiente. Molte altre devono essere soddisfatte.
L’appartenenza a un ambiente mafioso, i legami di parentela con uomini d’onore costituiscono nella fase iniziale un grande vantaggio. Tra le qualità indispensabili richieste, il pentito Salvatore Contorno ricorda l’essere di sesso maschile, il non avere parenti in magistratura e nelle forze dell’ordine. L’insulto più sanguinoso per un mafioso consiste nell’affibbiargli l’appellativo di << sbirro>> o di << infame>>. Ricordo in proposito che a Trapani negli anni sessanta, agli inizi della mia carriera, durante un litigio tra Mariano Licari boss di Marsala, e un altro mafioso; << sei uno sbirro>> gridò il primo. E l’altro ribattè: << se io sono un sbirro, tu sei un carabiniere a cavallo>>. Ho capito in quel momento, quale viscerale avversione nutra il mafioso nei confronti dei rappresentanti dello Stato. Tommaso Buscetta, nelle sue confessioni, ha parlato di un’altra regola non scritta dalla mafia: le decisioni della Commissione devono essere eseguite a qualsiasi costo e il capo della famiglia del territorio su cui viene consumato il crimine deve esserne assolutamente informato. Ha aggiunto poi con ironia:>> Nessuno troverà mai un elenco degli appartenenti a Cosa Nostra né alcuna ricevuta dei versamenti delle quote, il che non impedisce che le regole dell’organizzazione siano ferree e universalmente riconosciute>>.
La cellula base di Cosa Nostra è la << famiglia>> con i suoi valori tradizionali: onore, rispetto, dei vincoli di sangue, fedeltà, amicizia….Può contare anche duecento o trecento membri, ma la media è di circa cinquanta. Ogni famiglia controlla un territorio dove niente può avvenire senza il consenso preventivo del capo. Alla base vi è l’uomo d’onore, o il soldato, che ha un suo peso nella famiglia indipendentemente dalla carica che vi può ricoprire. Personaggi leggendari in seno a Cosa Nostra come don Calò Vizzini o Giuseppe Genco Russo o Vincenzo Rimi sono rimasti per tutta la vita soldati, a dispetto della loro influenza e del loro prestigio. Lo stesso è avvenuto nel caso di Tommaso Buscetta. I soldati eleggono il capo, che chiamano rappresentante, in quanto tutela gli interessi della famiglia nei confronti Cosa Nostra. L’elezione si svolge a scrutinio segreto ed è preceduta da una serie di sondaggi e di contatti. Quasi sempre l’elezione conferma all’unanimità il candidato prescelto. Una volta eletto, questi nomina un vice e a volte anche uno o più consiglieri. Tra capo e sodato si situa il capo decima.
Tutto ciò pone in rilievo quanto gerarchirizzata sia la mafia. Altro livello gerarchico: i capi delle famiglie di una medesima provincia (Catania, Agrigento,Trapani…) nominano il capo di tutta la provincia, detto rappresentante provinciale. Questo vale per tutte le province tranne che per Palermo, dove più famiglie contigue su uno stesso territorio (in genere tre) sono controllate da un <<capo mandamento>>, una sorta di capo zona, che è membro della famosa commissione o Cupola provinciale.
A sua volta questa Cupola nomina un rappresentante alla commissione regionale, composta di tutti i responsabili provinciali di Cosa Nostra: è questo il vero proprio organo di governo dell’organizzazione. Gli uomini d’onore la chiamano anche << la Regione>>, con riferimento all’unità amministrativa. La Regione emana i decreti, vota le leggi ( come ad esempio quella che proibisce i sequestri di persona in Sicilia) , risolve i conflitti tra le varie province. Prende inoltre tutte le decisioni strategiche ed operative.
Attorno a Cosa Nostra gravitano gruppi non mafiosi, come avveniva per il contrabbando di sigarette prima del traffico della droga., che sono generalmente coordinati da singoli uomini d’onore, ma che non fanno parte della mafia. Coordinamento, questo,avvenuto frequentemente anche nei confronti della malavita napoletana per risolvere gli innumerevoli contrasti interni e anche di assumere la direzione dei suoi affari a scopo di lucro. Questo si è verificato particolarmente negli anni Settanta quando Cosa Nostra arrivò fino a organizzare i turni per lo scarico delle navi contrabbandiere.
Nel golfo di Napoli, infatti, entrava solo un’imbarcazione per volta, con un carico di 40/50.000 casse di sigarette. Il carico apparteneva ora alla Commissione nel suo insieme, ora al gruppo palermitano di Tommaso Spadaro, ora ai napoletani di Michele Zara. Tali regole di ripartizione, molto precise, stabilite da Cosa Nostra, venivano rispettate da tutti.
L’organizzazione aveva quindi tutte le carte in regola per monopolizzare il controllo del traffico di stupefacenti destinati agli Stati Uniti. Alcuni gruppi si specializzarono nell’approvvigionamento di morfina-base in eroina; altri ancora si consacrarono all’esportazione di droga negli Stati Uniti, dove la mafia dispone di solide teste di ponte. Tutti i gruppi facevano capo a uomini d’onore.
Da: Cose di Cosa Nostra di Giovanni Falcone con la collaborazione Marcelle Padovani
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