Non siamo spariti e non ci siamo nemmeno fermati. Si è continuato a lavorare. Raccogliere informazioni, produrre segnalazioni dettagliate e denunce. Si è proseguito il cammino, senza alcuna sosta (anche per poter affrontare alcuni problemi tecnici che, risolti, ci permettono di procedere con maggiore efficacia)...
[ed il Senato autorizzi d'urgenza l'arresto, evitando qualche volo, ad esempio, per Emirati, Libano o Australia...]
La DDA di Reggio Calabria procede e mantiene fede all'impegno di arrivare e colpire il “livello superiore” della 'ndrangheta reggina, ovvero quell'area che passa dalla Massoneria ed arriva alle Istituzioni, sino al Parlamento.
Il colpo dell'operazione “MAMMA SANTISSIMA” è davvero pesante con, soprattutto, la chiusura del cerchio sulla componente apicale “segreta o riservata” della 'ndrangheta, evoluzione di quella “Santa”, nata negli anni Settanta, che segnava la trasformazione «della ‘ndrangheta da società dello sgarro a struttura di potere» attraverso la «creazione di interferenze fra ‘ndrangheta e ambiti massonici per determinare il controllo di interi settori dell’economia e delle istituzioni». E lì, in questa struttura segreta a capo della 'ndrangheta, oltre c'erano DE STEFANO Giorgio, ROMEO Paolo, CHIRICO Francesco, SARRA Alberto ed il CARIDI Antonio Stefano(di cui ci siamo già ampiamente occupati)...
La DDA di Reggio Calabria dopo essere riuscita a mettere a segno il risultato di “META” e l'evoluzione dell'inchiesta “BREAKFAST”, è arrivata agli altri risultati, con tappe forzate, che hanno squarciato il velo sugli “invisibili”...
La tragedia che ha colpito Genova, con il crollo del Viadotto Morandi, ha visto la proclamazione dello stato di emergenza con stanziamento dei fondi necessari agli interventi per garantire la realizzazione rapida di molteplici interventi (dalla rimozione dei materiali del viadotto crollati - su strade, alveo del Polcevera, linea ferroviaria - alla predisposizione anche di nuove strade di collegamento, demolizioni, etc).
La gestione dei fondi e degli interventi è in capo al Commissario Straordinario per l’Emergenza - nella persona del Presidente della Regione Liguria - che, come è noto, permette di agire in deroga a molteplici norme e procedure, a partire dalla possibilità di non adempiere a verifiche preventive sulle imprese affidatarie di incarichi.
Lei stesso ha riconosciuto che la Liguria (come le altre regioni del centro-nord) vede il proprio territorio e l’economia, da decenni, oggetto a radicamento ed operatività delle organizzazioni mafiose. In primis della ‘ndrangheta.
Troppo spesso abbiamo visto infiltrazioni nell’ambito di appalti pubblici così come nei lavori affidati da strutture Commissariali, o in quelli per somme urgenze. Un inquinamento e condizionamento, anche attraverso “cartelli di imprese”, che è stato appurato - da molteplici inchieste - essersi perpetuato da Ponente a Levante, passando per il capoluogo, sia con imprese registrate in Liguria, sia con imprese registrate in altre regioni.
Proprio sulla base dei poteri proprio del Commissario per l’emergenza, se da un lato risultano minori vincoli, dall’altro vi sono alcuni accorgimenti che possono, se adottati, ridurre il rischio che si ripeta l’indecenza, a tutela della parte sana delle imprese.
Per questa ragione, mentre si appresta ad avviare gli affidamenti, con la struttura Commissariale, le chiediamo di:
- prevedere nei contratti che saranno stipulati una clausola molto semplice,che per le imprese sane non sarà certamente di ostacolo, in cui si sancisce che: 1) il contratto di affidamento sarà immediatamente revocato se si dovessero verificare (con segnalazione della Prefettura, ovvero del Centro Operativo D.I.A. o di altra struttura dello Stato) situazioni di infiltrazione, condizionamento o collegamento ad organizzazioni di stampo mafioso, riguardanti l’impresa affidataria, nonché i suoi fornitori o quelle incaricate di subappalto o di noli (a caldo o a freddo); 2) in caso di tale revoca quanto dovuto per i lavori già eseguiti non verrà corrisposto; 3) la struttura Commissariale si riserva di agire nei confronti dell'impresa affidataria anche per danni all'immagine cagionati alla struttura commissariale;
- rendere trasparenti gli affidamenti diretti, comprensivi di fornitori, eventuali subappalti e noli (a caldo o a freddo), che vengono assegnati, con la pubblicazione online dei nominativi e dati delle imprese coinvolte per ogni singolo affidamento, in un’apposita sezione del sito internet della Regione Liguria (o altro sito specifico);
- inviare, a prescindere dalla procedura semplificata in deroga prevista per l’emergenza o agli importi di affidamento, copia della documentazione relativa ad ogni affidamento alla Prefettura di Genova;
- attivare, attraverso la Polizia Municipale del Comune di Genova o soggetto incaricato dalla struttura Commissariale, un monitoraggio degli accessi ai cantieri (di uomini - compreso il personale operante - e mezzi), e comunicando le liste delle presenze alla Prefettura di Genova.
Sono 4 semplici fattibili accorgimenti che, se adottati, possono segnare un cambiamento concreto nell’ambito della gestione dell’emergenza, che non ostacola la necessità di tempi rapidi di affidamento ed esecuzione dei lavori, ma che al contempo permette di garantire l’adozione di misure di prevenzione utili per la tutela della legalità, delle imprese sane e del territorio.
Casa della Legalità - Onlus
QUI IL TESTO DELLA LETTERA APERTA in formato .PDF
Ringraziamo l'ASSOCIAZIONE NAZIONALE CONTRO ILLEGALITA' E MAFIE "ANTONINO CAPONNETTO" che ha espresso la condivisione e sottoscrizione di queste proposte.
L’obbligo di verifica ed ancoraggio alla veridicità dei fatti dovrebbe essere, lo dice la parola, un Dovere di chi svolge la professione di giornalista. Nel ponente ligure, oggi, una giornalista della testata “Riviera 24”, Alice Spagnolo, ha dato prova che l’obbligo di verifica ed ancoraggio alla veridicità dei fatti per lei è un optional assolutamente trascurabile.
La Spagnolo mi dedica uno scritto sulla testata online “Riviera 24”, di cui ovviamente si assume - unitamente alla testata - la piena responsabilità.
La Spagnolo prende spunto dalla sua auto-identificazione in un post su facebook del sottoscritto. Che cosa avevo scritto nel post? Questo: “Se un/a iscritto/a all'Ordine dei Giornalisti che svolge attività professionale per una testata online del ponente ligure, si dimostra reticente davanti a fatti e soggetti del contesto 'ndranghetista (conclamato) ed in parallelo dimostra amicizia, vicinanza e sostegno pubblicamente ad esponenti politici in rapporti di amicizia con quello stesso contesto 'ndranghetista, e quindi procede sviolinando - negli articoli - in difesa e favore di quei politici/amministratori locali amici degli amici, omettendo anche fatti ben precisi, cosa dovrebbe fare l'Ordine dei Giornalisti?”. A cui si aggiunge un successivo commento: "il Ponente in talune circostanze si dimostra la terra di Alice nel paese delle "meraviglie"... e chissà che poi con tale comportamento "professionale", ed il silenzio dell'Ordine, tale giornalista possa ricevere anche un incarico di addetto stampa dal Comune amministrato dai suoi amici che sono gli "amici degli amici" (che invece fanno minacciare i giornalisti indipendenti).”...
Si riaprono a Genova gli Appelli dei processi “MAGLIO 3”e “LA SVOLTA”. Nel primo (e qui parliamo di PEPE’ Benito, CIRICOSTA Michele, dei BARILARO Francesco e Fortunato, GARCEA Onofrio + altri) sono imputati gli ‘ndranghetisti le cui assoluzioni sono state annullate dalla Cassazione perché non sta in piedi una Sentenza di assoluzione quando gli stessi giudici - sia il GUP che la Corte d’Appello – hanno affermano che gli imputati “sono ‘ndranghetisti”. Nel secondo, dopo la conferma in Cassazione delle condanne per gli esponenti della ‘locale’ di Ventimiglia (famiglia MARCIANO’ in testa), il nuovo Appello è chiamato processare i PELLEGRINO e BARILARO Antonino dopo che la Cassazione ha annullato le loro assoluzioni che, nel precedente appello, avevano ribaltato le pesanti condanne inflitte dal Tribunale di Imperia.
Nel frattempo abbiamo visto la Cassazione che confermava in via definitiva il pronunciamento della Corte d’Appello sulla pericolosità sociale qualificata dei PELLEGRINO (con applicazione della misura della sorveglianza speciale per Maurizio e Giovanni - ma non per il Roberto visto che questi si è rifugiato oltralpe – e la parallela confisca definitiva dei beni ai tre fratelli – qui il Roberto non l’ha scampata – e consorti per circa 9 milioni di euro).
Procedimenti (e pronunciamenti) giudiziari che hanno squarciato anche il velo sui rapporti della politica con gli esponenti dell’organizzazione ‘ndranghetista...
[il video della Casa della Legalità realizzato a seguito della visita a Bordighera
effettuata, insieme ai giornalisti della testatafivedabliu.it , il 21 giugno 2018]
AGGIORNAMENTO IN CODA
Per arrivare all'oggi ripartiamo dall'inizio...
Nel 2011 l’Amministrazione comunale retta dal sindaco BOSIO Giovanni venne sciolta per i condizionamenti della ‘ndrangheta.
Quello che venne documentato dall’indagine dell’Arma dei Carabinieri e dalla Commissione d’Accesso era inequivocabile [come avevamo già dettagliatamente documentato].
Non solo le assegnazioni di lavori alle imprese dei PELLEGRINO ma anche night club (collegato ad un giro di sfruttamento della prostituzione) mascherato da circolo affiliato ad un ente presieduto dal vice sindaco ed assessore comunale IACOBUCCI Marco, ed ancora esenzioni per le mense scolastiche nonostante il tenore di vita platealmente alto, frequentazioni ed altro, a partire dalla partecipazione alla campagna elettorale che portò alla vittoria BOSIO, da parte dei PELLEGRINO-BARILARO...
La Casa della Legalità – Onlus aderisce alla manifestazione di oggi, 23 giugno 2018, a Reggio Calabria, promossa dall’USB.
Non solo perché l’omicidio di Soumalia Sacko deve vedere affermata Giustizia, ma perché non è più tollerabile il clima razzista e xenofobo dilagante che fa da contraltare ad un sistema di schiavismo che nega dignità e diritti. Un sistema condannato a parole da decenni ma perpetuato nei fatti.
La baraccopoli di San Ferdinando è emblema dell’accettazione di questo nuovo schiavismo. Annunci di finanziamento, promesse di soluzione che si ripetono senza alcun reale e concreto cambiamento, in un persistere di una ghettizzazione antitetica ai principi costituzionali ed ai Diritti dell’Uomo.
Le Istituzioni sono le responsabili prime, con le loro omissioni, in un territorio dove la “Autorità” continua ad essere la ‘ndrangheta. Otto anni fa in prima fila nell’aggressione ai migranti erano gli esponenti della cosca Bellocco di Rosarno e da allora, ancora, nulla è cambiato. Lo sfruttamento nei campi è la “regola”, così come il caporalato nell’edilizia. In un meccanismo perverso di silenzi, acquiescenze e complicità che tutelano sono i nuovi schiavisti.
E’ così in terra di Calabria come altrove, sino al nord.
Non è più tempo di rinvii. Non è più accettabile la retorica. Occorre “liberare” i nuovi schiavi e sottrarre alla ‘ndrangheta il business che trae da un sistema di ‘accoglienza’ malato.
Chi lavora deve avere salario e contributi regolari. Devono avere, come quanti trovano rifugio in Italia, come tutti, il diritto di vivere in condizioni umane dignitose e sicure.
Esistono modelli di un’integrazione sociale ed economica che funzionano, come quello promosso a Riace, nella locride. Un modello perseguito da un piccolo Comune che funziona ma che viene ignorato, quando non addirittura insultato, e che dovrebbe essere preso ad esempio.
Per queste ragioni come “Casa della Legalità” sosteniamo la mobilitazione di oggi sabato 23 giugno.
l’Ufficio di Presidenza
della Casa della Legalità - Onlus