L'antimafia è una cosa seria. Se non la si sa fare non la si faccia e soprattutto non la si faccia nel nome di Antonino Caponnetto.
Anni fa dovemmo intervenire per dire che sul palco del vertice dell'antimafia promosso dalla Fondazione Caponnetto non si si facessero salire e parlare soggetti avvolti da pesanti ombre e molte responsabilità come, ad esempio, la signora Maria Grazia Laganà ved. Fortugno (vedi qui e qui). Lo facemmo perché non si riteneva possibile assistere all'uso del nome e della memoria di “nonno Nino” da parte di pessimi soggetti che necessitano di rifarsi una verginità ed una credibilità antimafia.
Abbiamo lasciato correre per lungo tempo, sperando che la decenza e serietà prendesse il sopravvento. Ci siamo limitati a segnalare l'assurdità di assegnare la “bandiera della Legalità” alla Regione Liguria, terra di 'ndrangheta da decenni dove si sono consolidati rapporti indecenti, quando non addirittura illeciti, tra politica e 'ndrangheta, trasversalmente agli schieramenti politici, partendo da molteplici Comuni per arrivare al palazzo della Regione, sino ad alcuni eletti al Parlamento (vedi ad esempio qui). Ci siamo limitati ad indicare la superficialità e fantasia con cui venivano redatti i “Rapporti” della Fondazione Caponnetto sulle mafie in Liguria, come in altre regioni.
Questi fatti testimoniavano l'assenza di serietà di chi operava nel nome di Antonino Caponnetto.
Ora, dopo l'ultimo eclatante caso, non possiamo che tornare a chiedere ai suoi eredi, primi custodi della sua memoria, di fare qualcosa per salvaguardarla...
Quanto è successo con la denuncia promossa da Salvatore Calleri, presidente della Fondazione Caponnetto, sulla Toscana è qualcosa a cui non avremmo mai voluto assistere.
L'indicare la presenza di una discarica abusiva di rifiuti tossico-nocivi dei Casalesi, a Prato, quando questa discarica abusiva non esiste è un elemento gravissimo. L'attribuire, inoltre, tale indicazione al Procuratore Nazionale Antimafia, è ulteriore intollerabile aggravante (leggi qui).
Il Calleri per la Fondazione Caponnetto avrà anche conquistato uno spazio mediatico, ma a quale prezzo? Screditare per l'ennesima volta una realtà della cosiddetta antimafia e rischiando di gettare discredito anche sulla Procura Nazionale Antimafia.
Chi ha un minimo di conoscenza del modus operandi delle organizzazioni mafiose nell'ambito dei traffici e smaltimenti illeciti di rifiuti, inoltre, sa bene che, ad oggi, esiste una sostanziale differenza tra e diverse mafie. I Casalesi, ad esempio, prendono i rifiuti tossico-nocivi delle imprese del centro-nord e li interrano nei loro territori, in Campania. La 'ndrangheta, invece, per lo stesso “servizio” alle imprese opta per diversi metodi di smaltimento, da quello internazionale, agli affondamenti in mare, agli interramenti in qualsivoglia area nella loro disponibilità, anche nelle regioni del centro-nord, anche piombando i rifiuti tossico-nocivi sotto le fondamenta di nuove costruzioni, così come nelle cave discariche sparse sul territorio e “formalmente” controllate da Enti locali (da Comuni, Province e Regioni, a seconda delle normative regionale) che si dimostrando latitanti. Già questo avrebbe dovuto far comprendere che quella nel “Rapporto” della Fondazione Caponnetto non fosse corrispondente alla realtà, ed invece sono dovute intervenire le smentite ufficiali, a partire da quella del Procuratore Nazionale Antimafia, per smentire la castroneria del Calleri (vedi qui).
A questo punto, davvero, si faccia qualcosa per evitare di dover assistere nuovamente ad ennesimi episodi che pongano in discussione la credibilità dell'antimafia civile e la memoria di Antonino Caponnetto e dei suoi preziosi insegnamenti.
C'è bisogno di serietà. Questo non significa “tacere”, ma affrontare la realtà, indicare ciò che è reale, anche con toni pesanti, quando è necessario, così come anche con accuse decise e dettagliate. In Toscana ci sono segni pesanti di presenza mafiosa, non solo straniera, ma anche di riciclaggio ed infiltrazione nell'economia locale (come nel caso, ad esempio, degli 'ndranghetisti della famiglia RASO, recentemente individuati e colpiti; o il caso di esponenti della Camorra attivi anche nel settore dell'usura e delle estorsioni, o di Cosa Nostra... vi sono pesanti infiltrazioni negli appalti e supappalti, oltre che nel settore "tradizionale" dell'edilizia... vi è una pesante cappa di corruzione che avvolge piccole e grandi opere - si veda il caso della TAV - che rappresenta un portone spalancato più pesanti e invasive infiltrazioni e condizionamenti mafiosi). Si parli di questo che è reale e si lascino perdere le invenzioni. Non è infatti utile a nessuno dare fiato a fantasie, inventandosi “casi” dal nulla, sfruttando gli eventi e le emotività (come in questo periodo lo scandalo – ben noto ma ignorato per decenni, anche dai cittadini e dagli agricoltori, oltre che dai politici, della cosiddetta “Terra dei Fuochi”), per conquistare qualche spazio mediatico per scopi, evidentemente, diversi da una concreta azione ed efficace antimafia, bensì dannosi proprio alle battaglie per la legalità.