L'ex ministro cede la Stone al consigliere di Tanzi. Grazie agli
appalti di Anas e Autostrade l'azienda aumenta di valore. E a questo punto
viene venduta a un gruppo elvetico. Dove compare di nuovo il politico...
di Paolo Biondani e Vittorio Malagutti
Mentre era ministro, Pietro Lunardi era anche amministratore di una società
d'ingegneria svizzera. Che in quegli stessi cinque anni ha ottenuto ricchi
appalti dall'Anas, l'azienda di Stato guidata da un fedelissimo di Lunardi. È un
doppio conflitto d'interessi che il ministro berlusconiano non aveva mai
dichiarato. Un incrocio pericoloso tra affari e politica che nasce da una
storia a due facce, in bilico tra Italia e Svizzera.
Da una parte c'è Pietro Lunardi, l'ingegnere di Parma che è stato il responsabile
delle Infrastrutture nel secondo governo Berlusconi (2001-2006). Dall'altra (o
dalla stessa parte?) c'è Ettore Giugovaz, per gli amici Franco, un manager
italo-ecuadoriano che per più di vent'anni è stato il primo, più fidato e
riservato collaboratore di Calisto Tanzi, padre-padrone della Parmalat fino
allo storico fallimento da 15,5 miliardi di euro.
A cementare l'unione tra Lunardi e Giugovaz è la Stone, una società
d'ingegneria che progetta gallerie stradali e ferroviarie. Questa ditta, che
nel 2006 ha prodotto ricavi per oltre 14 milioni di euro (con utili netti per
1,2 milioni), è stata oggetto di un doppio passaggio azionario, prima e dopo il
crack Parmalat. Tappa di partenza, l'unica finora conosciuta: la famiglia
Lunardi nel 2002 cede il 95 per cento delle azioni a Giugovaz, all'epoca
'consulente personale' dell'ancora riveritissimo cavalier Tanzi. Ma ora si
scopre che quel compratore è già uscito di scena, perché nel 2007 Giugovaz ha
rivenduto il 95 per cento della Stone a un'impresa elvetica di progettazione, la MM Ingegneri
consulenti. Da qui però, ed ecco la sorpresa, si fa presto a tornare a Lunardi.
La MM Ingegneri
e consulenti nasce infatti da una costola di un'altra società svizzera, la Marcionelli &
Winkler, con cui condivide, tra l'altro, la sede a Lugano. Ebbene, dal 2000 al
2005 l'allora ministro delle Infrastrutture ha occupato anche la carica privata
di consigliere d'amministrazione della Marcionelli & Winkler. E in quegli
stessi anni, con Lunardi al ministero, l'azienda luganese ha conquistato
sostanziosi appalti in Italia dall'Anas.
La doppia operazione sulla Stone documenta un incrocio finanziario, di portata
imprevedibile, tra gli interessi personali dell'ingegnere berlusconiano e le
fortune private di Giugovaz, un businessman internazionale che conosce molti
misteri di Parma e della Parmalat. Nato a Venezia 68 anni fa, Giugovaz è stato
per un quarto di secolo una specie di agente di Tanzi nelle missioni più
delicate. Già nei primi anni '80, è lui a rappresentare la Bonatti, l'industria di
costruzioni controllata da Calisto, in un Paese ad alto rischio come la Libia di Gheddafi. Nella
seconda metà del decennio Giugovaz si trasferisce in Ecuador, per gestire
appalti petroliferi della Bonatti. Nello stesso periodo diventa l'anello di
collegamento tra il sistema Parmalat e il mondo Fininvest.
Il ragionier Calisto arriva a richiamarlo dal Sudamerica per presenziare a una
trattativa delicatissima: c'è da siglare nientemeno che un'alleanza televisiva
fra Silvio Berlusconi e Tanzi (con la sua Odeon Tv). Di quel contratto
preliminare, firmato personalmente dal Cavaliere di Arcore e da mister Parmalat
a metà anni Ottanta, è proprio Giugovaz a conservare l'originale (ora in mano
ai pm di Parma). Il patto segreto salta, secondo Giugovaz, solo perché
Berlusconi si sente abbastanza forte di appoggi politici e bancari da andare
avanti da solo. Per Tanzi invece l'avventura nell'etere si chiude con un
passivo di 300 miliardi di lire, che sarà il primo mattone della futura
bancarotta. Da allora Giugovaz occupa ininterrottamente la poltrona di
consigliere d'amministrazione della Parmalat fino al 1997. E fino al 2001 è il
gestore unico di alcune società controllate. Benché ormai stabilitosi in
Ecuador, continua a intascare un lauto stipendio come "consulente
personale del presidente Tanzi".
E tra il 19 e il 26 dicembre 2003, quando il mondo scopre chela multinazionale
italiana è solo una montagna di falsi in bilancio, chi si rivede in viaggio con
Calisto? Chi lo accompagna in Ecuador in quella settimana cruciale che va dal
crack all'arresto? Ancora Giugovaz. Passata la bufera, nel 2007 Giugovaz ha
potuto patteggiare (due anni e due mesi coperti dall'indulto) l'accusa di
concorso nella bancarotta di Collecchio. Ed è proprio in quei mesi di
trattative legali sul caso Parmalat che si colloca la partita di ritorno
dell'affare Stone.
Questa società era stata fondata nel 1991 da Pietro Lunardi come una piccola
srl con il minimo di capitale sociale: 20 milioni di lire. Nel 2001, quando
Berlusconi lo nomina a sorpresa ministro, con tanto di superpoteri garantiti
dall'apposita legge-obiettivo, a Parma le malelingue vociferano di una
raccomandazione di Tanzi. L'unico fatto certo è che il futuro bancarottiere
allora aveva ottimi rapporti con Berlusconi. Non a caso dal 1994 al 2001 la Parmalat ha dirottato
pubblicità per decine di milioni di euro dalla Rai alla Fininvest. Dopo
l'arresto, Tanzi arriverà a dichiarare che quel travaso di spot sarebbe stato
il mezzo concordato con Berlusconi per finanziare occultamente Forza Italia.
È in questo quadro di rapporti incrociati che s'inserisce la soluzione del
primo conflitto d'interessi di Lunardi, quello visibile che riguarda la Stone. Accusato
dalla stampa per il suo doppio ruolo di ministro pubblico e progettista privato,
infatti, il 3 settembre 2001 Lunardi tenta di trarsi d'impaccio cedendo il 75
per cento della società a sua figlia Martina, che già controlla il restante 25.
Ma la soluzione in famiglia non placa le critiche. A quel punto, il 16 gennaio
2002, arriva Giugovaz: è lui ad acquistare da Martina Lunardi il 95 per cento
della Stone. L'affare tra il ministro e il consigliere personale di Tanzi
diventa pubblico solo dopo il crack, nel gennaio 2004, conuno scandalizzato
articolo del 'Financial Times'.
Ma intanto la Stone
vede crescere il suo giro di affari. Nel 2002 si trasforma in società per
azioni e aumenta il capitale sociale a 350 mila euro. Nel 2006 il senatore
diessino Massimo Brutti, in un'interrogazione, sostiene che la Stone, fra il 2001 e il
2004, avrebbe decuplicato il fatturato ottenendo una lunga serie di appalti e
subappalti di opere inserite nella legge-obiettivo: decine di gallerie delle
autostrade Adriatica, Parma-La Spezia, Grande raccordo anulare, tunnel
ferroviari per l'alta velocità Torino-Milano-Venezia, due nuove metropolitane
milanesi. La galleria Loreto dell'autostrada Asti-Cuneo, sempre secondo Brutti,
sarebbe stata assegnata alla Stone direttamente dall'Anas. Sul conflitto
d'interessi di Lunardi, per quanto se ne sa, ha indagato solo l'Antitrust, che
ha assolto il ministro in un caso che peraltro riguardava i finanziamenti
concessi dal governo tramite il Cipe.
All'epoca la Stone,
comunque, risultava di Giugovaz. Ma la svolta finale arriva nel gennaio 2007.
Poche settimane prima della condanna per il crack Parmalat, Giugovaz cede il
proprio 95 per cento alla MM Ingegneri e consulenti di Lugano, cioè a
un'azienda appena nata, costituita solo a febbraio 2006. I registri del Canton
Ticino informano che la MM,
con un capitale di 400 mila franchi svizzeri, ha lo stesso oggetto sociale
della sua controllata italiana ("Progettazione e direzione di opere
stradali e ferroviarie", anche "sotterranee o idrauliche") ed è
amministrata dall'ingegner Marco Marcionelli, partner della società di
progettazione Marcionelli & Winkler di Bellinzona. In apparenza questa è
un'azienda tutta straniera, se non fosse per quell'amico italiano, ingegnere e
ministro al tempo stesso. Solo nel 2005, a cinque anni dalla prima nomina,
Lunardi fa un passo indietro e si dimette dalla Marcionelli & Winkler.
Strana ma vera, insomma, l'avventura societaria della Stone: dalla famiglia
Lunardi ai soci svizzeri di Lunardi, passando per le tasche del custode dei
segreti di Tanzi. Ma ancora più singolare è la lista degli appalti pubblici che
la Marcionelli
& Winkler, con precisione elvetica, elenca sul proprio sito Internet. Tra i
contratti siglati in Italia tra il 2001 e il 2006, spiccano il nuovo viadotto
Torre del Lago dell'autostrada Sestri-Livorno, il Ponte Cadore sulla statale 51
di Belluno e il viadotto Granaro sulla strada transcollinare Piceno-Aprutino. Tutti
appalti banditi dall'Anas, l'azienda di Stato allora guidata da Vincenzo Pozzi,
un fedelissimo di Lunardi. Chissà se qualcuno, all'interno dell'Anas, ha mai
sospettato che tra gli amministratori di quella società svizzera c'era anche il
ministro in carica. E chissà cosa o chi ha spinto l'impresa elvetica a scendere
in Italia per comprarsi proprio la
Stone da Giugovaz, già condannato per Parmalat.
Bilancio record
È boom di profitti per la
Rocksoil targata Lunardi. Nel bilancio chiuso a settembre del
2007 la società di ingegneria controllata dalla famiglia dell'ex ministro
Pietro Lunardi ha fatto segnare utili record: 2,2 milioni di euro su 9,9
milioni di giro d'affari, quasi il triplo rispetto al risultato del 2006, di
poco superiore ai 700 mila euro. L'intero capitale della Rocksoil fa capo alla
Immobiliare San Marco, una holding a sua volta controllata dai tre figli
dell'ex ministro delle Infrastrutture berlusconiano. E cioè Martina 38 anni,
Giovanna 35 e Giuseppe, il più giovane, pure lui ingegnere, 26 anni. Anche i
conti della cassaforte di famiglia viaggiano a vele spiegate. Nel bilancio
2006, l'ultimo di cui sono disponibili i dati, i profitti hanno raggiunto quota
1,3 milioni. Una crescita davvero impetuosa se si considera che l'esercizio
precedente, il 2005, si era chiuso sostanzialmente in pareggio (6 mila euro di
utile) e il 2004 era andato addirittura in perdita di 34 mila euro. Come si
spiegano gli utili della holding? Il bilancio dell'Immobiliare San Marco non lo
chiarisce con precisione. Si limita a riferire di 'proventi da partecipazione'.
Cioè la Rocksoil.
A Parma processo al via
Per limitare i danni e uscire di scena il più in fretta possibile Ettore
Giugovaz ha scelto la strada del patteggiamento, chiuso con una condanna a due
anni e due mesi. Ma per i 66 imputati dei vari filoni del crack targato Tanzi
il processo si aprirà il 14 marzo tra gravi incertezze. Sono cinque i
dibattimenti fissati per lo stesso giorno, in orari diversi, davanti al
medesimo tribunale di Parma, che potrebbe quindi riunire almeno i due tronconi
principali: le accuse ai 23 amministratori e revisori della multinazionale, tra
cui l'ex patron Calisto Tanzi e il manager Fausto Tonna; e il crack di
Parmatour, il gruppo turistico della famiglia Tanzi, che chiama in causa anche
il banchiere Gianpiero Fiorani. Nel filone Ciappazzi (l'azienda di Ciarrapico salvata
da Tanzi su pressione della Banca di Roma) è imputati anche l'ex presidente di
Capitalia, ora al vertice di Mediobanca, Cesare Geronzi. La prima sfida
riguarderà l'accorpamento agli altri due di questo terzo processo, che potrebbe
allungarne i tempi. La legge ex Cirielli ha dimezzato i tempi della
prescrizione. Ai pm restano meno di 8 anni per chiudere i tre gradi di
giudizio. E per le banche estere, da Bank of America a Citigroup, non è ancora
chiusa la fase delle indagini. Finora la condanna più pesante, 9 anni con il
rito abbreviato, è stata inflitta al revisore Maurizio Bianchi.