Clementina Forleo a giudizio al CSM per alcuni
passaggi contenuti nelle Ordinanze con cui chiedeva al Parlamento
l'autorizzazione ad utilizzare le intercettazioni sui parlamentari della lobby
dei "furbetti". Il fatto che gli viene contestato è l'aver inserito, in qualità
di Gip, in quelle ordinanze dei rilievi penali senza che i soggetti fossero
stati iscritti nel registro degli indagati, anticipando quindi un giudizio di
merito...
Luigi De Magistris a giudizio al CSM per aver proceduto nell'inchiesta "Why Not",
con perquisizioni e sequestri, senza informare e controfirmare gli atti con il
magistrato co-assegnatario del procedimento, ovvero il Procuratore Lombardo
(che era in costante contatto con alcuni degli indagati). Fatto che ha reso
inefficaci le perquisizioni e nulli i sequestri.
Detto questo, ovvero delle contestazioni procedurali, occorre sottolineare che
queste potevano e dovevano certamente essere evitate. Nel caso delle "scalate"
con l'iscrizione nel registro degli indagati dei parlamentari su cui si
intendeva chiedere l'autorizzazione a procedere al Parlamento; nel caso "Why
Not" con la richiesta preventiva di intervento al CSM sul Procuratore Lombardo,
per i suoi rapporti con alcuni degli indagati, per poter quindi essere messi
nella condizione di poter procedere senza il rischio di favoreggiamenti, fughe
di notizie e conseguente inquinamento delle prove.
Certo, sulla "procedura" nulla da obiettare. A Milano si è chiesta
l'autorizzazione all'utilizzo di intercettazioni "con rilievi penali" senza
l'iscrizione al registro degli indagati, e questo vizia il procedimento. A
Catanzaro non si è agito di concerto con l'altro magistrato co-assegnatario del
fascicolo, e questo vizia il procedimento.
La procedura è essenziale, siamo d'accordo. Peccato che ogni giorno, quando si
tratta di cittadini dai nomi non famosi, di persone normali e non di potenti,
le procedure siano spesso calpestate o viziate, e nessuno se ne accorge. Gli
esempi non mancano. Prendiamone alcuni. A Gela un magistrato dopo 8 anni non ha
ancora scritto le motivazione della sentenza ed i condannati per mafia escono
liberi come se nulla fosse; qui il CSM interviene ma troppo tardi e senza
effetto risolutivo. A Locri un magistrato archivia l'indagine per l'omicidio di
un ragazzo, Massimiliano Carbone, mentre un collega inizia a perseguire la
madre di questo ragazzo che si è permessa di chiedere verità e giustizia, facendo
sì che fosse accertato (e provato!) il movente dell'omicidio, rompendo l'omertà
nella locride, collaborando da subito con i reparti investigativi e giudiziari perché
venisse individuata la mano assassina che ha spezzato la vita di suo figlio. A
Vibo Valentia addirittura il Presidente del Tribunale era collusa con la cosca
dei Mancuso e piegava la "giustizia" al volere degli "amici" mafiosi e massoni.
O, ancora, in Lucania dove la commistione politica-affari-massoneria ha
infiltrazioni pesanti nel Palazzo di Giustizia.
La procedura è essenziale, quindi, quale garanzia, proprio come lo sono
l'indipendenza e l'autonomia dei magistrati. Peccato che spesso, per quieto
vivere, perché intimiditi, quando non allineati-chini al Potere, alcuni magistrati
rinunciano all'autonomia e all'indipendenza che gli viene riconosciuta dalla
Costituzione. Peccato che la procedura sia "sorvolata", facendo sì che via
siano due "giustizie", quella per i potenti e quella per i poveri cristi.
Inquieta tutto questo perché segna ancora una volta che la "giustizia", in
questo nostro dannato Paese, non è "uguale per tutti". Dove le vittime, come
quanti hanno coraggio di denunciare le illegalità del sistema, si ritrovano
doppiamente vittime e spesso tramutate in imputati, mentre gli imputati
eccellenti vengono tramutati in vittime di "persecuzioni". Così è anche per
quanti fanno i giornalisti per informare e non per servire, che si ritrovano
indagati e perseguiti, certe volte, sempre più spesso, con assurde accuse,
figlie della mistificazione dei fatti e della realtà. Così è anche per pezzi
della società civile che collaborano per contrastare le illegalità, la
corruzione come le attività mafiose, e si ritrovano loro sul banco degli
imputati mentre la "zona grigia", quella dei colletti bianchi mafiosi, diviene la
parte "offesa", l'accusa. Qualcosa non funziona, qui la "procedura" ed il "diritto"
vengono rovesciati!
Ma vi è anche un altro aspetto, che non si può ignorare. La procedura è
essenziale, decisiva, nel procedimento penale. Il merito della questione, o
meglio delle questioni, per una valutazione etica dei comportamenti degli
uomini politici che gestiscono la cosa pubblica, esula dalla "procedura" ed in
alcuni casi esula dalla questione giudiziaria.
Sulle "scalate dei furbetti" le responsabilità morali dei politici coinvolti,
dell'una e dell'altra parte, sono evidenti e gravi perché rappresentano una
commistione pericolosa tra politica e affari, tra interessi particolari e
interesse generale. Sull'intreccio politico-massonico-affaristico che "Why Not"
ha portato alla luce - con il coinvolgimento dei più alti livelli di governo
nazionale e regionale, una loggia massonica coperta, faccendieri e uomini
politici dell'opposizione - le responsabilità etiche e morali sono altrettanto
palesi quanto gravi.
Su questo piano, indipendentemente dal rilievo penale (e dagli errori di
procedura che possono aver inficiato i procedimenti), il giudizio di condanna
morale deve essere netto e non possono essere messe in discussione o cancellate
dal "giudizio" del CSM su Forleo e De Magistris.
Siamo sempre allo stesso discorso. Ci sono elementi certi, fatti accertati, commistioni
e complicità evidenti. Queste non sono sufficienti per istruire un procedimento
penale (grazie ai cavilli figli delle Leggi approvate - scientificamente - negli
ultimi decenni da centrodestra e centrosinistra), ma sono più che sufficienti
per una condanna morale o quanto meno per far mettere da parte i personaggi
responsabili. Questo, come ricordava Paolo Borsellino, non compete alla
magistratura, alle sentenze. Compete alla Politica stessa.
Ma perché ciò sia, oltre ad una Politica che vuole essere pulita, occorrerebbe anche
un informazione corretta, che non distorce i fatti, che non nasconde le
responsabilità morali dietro ai cavilli della procedura penale. Servirebbe
semplicemente che fossimo un altro Paese, dove i Potenti accettano i controlli
di legalità e non cercano di farla franca o di nascondere le malefatte commesse
con la scusante del fatto che i procedimenti penali si arenano su cavilli che,
troppo spesso, valgono solo, appunto, per i potenti.
Giulio Andreotti ad esempio è stato riconosciuto colpevole del reato di
associazione mafiosa, con reato commesso ma prescritto. Un giudizio chiaro,
inequivocabile, confermato dalla Cassazione. Qui non si avevano solo sospetti, elementi
di prova inequivocabili, ma addirittura una sentenza, anzi una sentenza confermata
in Appello e Cassazione. Ma anche qui, in presenza di un riconoscimento di
colpevolezza, la Politica ha scelto di santificare Andreotti e tramutare i
giudici in "carnefici", arrivando a colpire il giudice Giancarlo Caselli con un
decreto che gli impedisse di concorrere alla Procura nazionale antimafia. . Anche
qui i media, tranne alcuni pochi giornalisti, hanno presentato Giulio Andreotti
come "assolto", "perseguitato" "vittima". E' stata rovesciata la realtà dei
fatti.
Identica sorte il sistema politico e mediatico ha fatto con Mani Pulite. E'
stata rovesciata la realtà. Gli imputati sono stati trasformati in vittime ed i
giudici del Pool tramutati in colpevoli. Anche qui abbiamo sentenze di condanna
inequivocabili, ma la realtà è stata rovesciata abilmente, dai Potenti e dai
loro servi della cosiddetta "informazione.
Quindi, non stupiamoci. Ci mostreranno i Potenti coinvolte in quelle inchieste
come "santi", vittime della "persecuzione giudiziaria" e fondamentalmente persone
per bene e oneste. Lo hanno fatto quando c'erano le sentenze di condanna, lo
faranno ancora di più ora alla luce di quegli errori di "procedura" che hanno
viziato i procedimenti. Loro li mostreranno così, sta ai giornalisti con la
schiena dritta - che ancora ci sono - ed a ciascuno di noi, che si sente
cittadino e non vuole ridursi a suddito, raccontare la verità dei fatti, il
merito delle questioni, che esula dalla procedura penale.