* Presidente
dell'"Osservatorio veneto sul fenomeno mafioso"
Grato per l'attenzione riservata
al mio
articolo, preciso che il concetto di
"nuova" o
"seconda"
- e non
"prima" - Resistenza si basa sul fatto che i valori di
democrazia, libertà e giustizia, soffocati dal Fascismo e divenuti bandiera
della Resistenza, essenza della Costituzione repubblicana e quindi fondamento
del nostro Stato democratico e di diritto, sono stati poi calpestati da quei
poteri criminali e occulti che hanno svolto nel Paese un ruolo autenticamente
eversivo...
Sono
convinto che sarebbe bene che, attraverso i commenti, certi temi fossero
affrontati con passione non soltanto nei periodi preelettorali, elettorali e
postelettorali perché la vera democrazia non è solo consenso che si esprime periodicamente
con il voto, ma soprattutto partecipazione sistematica e continuativa alla
soluzione dei problemi di interesse generale anche con l'arma della cultura.
Bisogna
purtroppo riconoscere che da tempo i partiti non sono più palestre di
democratico, libero e costruttivo dibattito alimentato da iscritti e
simpatizzanti.
Questi,
di fatto, hanno solo la facoltà di prendere atto - altrimenti sono guardati
male dall'
establishment e dai ruffiani di turno se non
addirittura emarginati - delle decisioni prese in
"alto loco"
non sempre in coerenza con i principi, gli ideali e i valori proclamati dai
"grandi capi".
E il
discorso vale anche e soprattutto per il modo in cui vengono affrontate le
magagne interne e per i criteri che si seguono nella scelta delle persone da
inserire nelle liste elettorali.
Repetita
iuvant
Pio La Torre, agli inizi degli anni
Ottanta, andò a Palermo per riorganizzare e rilanciare il suo partito, ma anche
per fare pulizia all'interno dello stesso.
Certi personaggi
verso i quali lui aveva puntato l'indice, rimasero però ai loro posti, fecero
carriera e venti anni dopo furono arrestati per associazione mafiosa.
E il
processo sulla
"pista interna" per il suo barbaro assassinio,
prescindendo dai dettagli e dal giudizio finale, sotto l'aspetto morale e
politico suona come vergogna a futura memoria nei confronti di quanti presero e
continuano a prendere, anche relativamente ad analoghe situazioni, posizioni
ultragarantiste per motivi spesso inconfessabili.
Uno di
questi è Vladimiro Crisafulli, eletto per la seconda volta al Parlamento, già
indagato per essere stato sorpreso e filmato, in data 19 novembre 2001, in un
hotel mentre parlava con l'avvocato democristiano andreottiano Raffaele
Bevilacqua, suo vecchio amico, già pregiudicato per associazione mafiosa in
quanto
«boss del clan mafioso di Enna e Barrafranca, in contatto con
l'allora superlatitante Bernardo Provenzano» (Travaglio e Gomez,
"Onorevoli Wanted", Edizioni Riunite).
Nel
novembre dell'anno scorso, in vista dell'assemblea costituente del Partito
Democratico siciliano, il candidato alla Presidenza, designato dalla
maggioranza, è l'on. Giuseppe Lumia.
E' noto
che nel 2000, quando era presidente della Commissione parlamentare antimafia,
Bernardo Provenzano aveva dato il proprio assenso all'idea di Nino Giuffrè di
ucciderlo perché dava fastidio in modo
«martellante» a Cosa
Nostra.
Ipergarantismo
sospetto
Allora è
bene che non si perda la memoria di certe vicende.
Alcuni
giorni prima del citato congresso Aurelio Angelini, leader della componente
eco-dem, chiede a Crisafulli il sostegno, per l'elezione del presidente del
partito, della candidatura di Mariolina Bono, di Sciacca, in contrapposizione a
quella di Lumia.
Crisafulli
accetta la proposta in funzione della sua tradizionale avversione nei confronti
di Lumia, espressa dalla massima rievocata su
"La Repubblica-Palermo",
dell'11 novembre 2007, da Emanuele Lauria:
«Se c'è Lumia, io sto
automaticamente da un'altra parte».
Il motivo
di tale avversione è facilmente immaginabile: la sua posizione ipergarantista
in materia di politica giudiziaria antimafia è diametralmente opposta a quella
di Lumia, sostenitore della necessità dell'introduzione del cosiddetto sistema
del
"doppio binario": uno per le pene previste per i delitti
comuni; un altro per quelle, decisamente più severe, per i delitti commessi da
soggetti appartenenti o collegati ad associazioni di tipo mafioso, da estendere
anche ai responsabili di delitti di terrorismo politico.
Stando
così le cose, la scelta, da parte del Crisafulli, secondo chi è al corrente
delle segrete cose potrebbe basarsi sul fatto che Mariolina Bono - indicata da
chi la conosce da ragazza come
«la "pasionaria" di Sciacca» - ne
condivide, sia pure lungo un diverso versante, la concezione ipergarantista
avendo fatto parte del movimento sessantottino che altrove ha successivamente
alimentato in qualche misura i gruppi dell'estrema sinistra, rivoluzionaria e
violenta.
In
Sicilia, in molti ricordano il suo attivismo all'epoca in cui frequentava
l'università.
Il suo
consorte studiava invece a Bologna, dove nei primi anni Ottanta fu arrestato
come appartenente a
"Prima Linea" o ad analoga organizzazione
collegata: sarebbe poi stato condannato in primo grado, per un certo tempo è
stato agli arresti domiciliari e nel 1988 la Corte d'Assise d'Appello lo ha assolto, ma per
insufficienza di prove.
Ebbene,
pur avendo manifestato una certa inclinazione nel campo delle amicizie e delle
alleanze, stando ai fatti, Vladimiro Crisafulli, nel PD pesa e conta più di
Giuseppe Lumia che ha sempre rivelato tutt'altre tendenze: nelle recenti
elezioni è infatti messo subito e senza discussioni in lista per la Camera, mentre Lumia, in un
primo tempo, viene escluso.
«Ritengo
che la presenza di Crisafulli non sia compatibile con l'obiettivo di dare
fiducia, forza ed energia a quella Sicilia che vuole il cambiamento» dichiara Lumia, subito dopo la decisione
del vertice del partito.
Veltroni,
atto primo
E Valter
Veltroni che fa?
Davanti
alle proteste dei sostenitori di Lumia non entra nel merito della
"questione
Crisafulli", che avrebbe dovuto offendere la sua
"purezza".
Sostiene
però che
«l'antimafia è una pratica e non una persona».
La
frecciata è formalmente diplomatica ma velenosa nella sostanza.
«Veltroni -
ribatte Lumia -
ha ragione a parlare di lotta collettiva. Ma a
maggior ragione è importante tenere conto di chi su questo tema si batte da
quando ha iniziato a fare politica, anche se ciò ha significato ricevere
minacce pesantissime e correre rischi elevati».
Che le
cose stiano così lo ha sempre dimostrato proprio la mafia: non ha mai fatto
attentati per danneggiare strutture, apparati, questure, caserme o palazzi di
giustizia per distruggere documenti dannosi per l'organizzazione o per decimare
magistrati, carabinieri e poliziotti, come faceva ad esempio Salvatore Giuliano
con la sua banda contro le forze dell'ordine.
La mafia
ha sempre colpito le
"punte avanzate" del fronte di uno Stato
che contro l'organizzazione non è mai stato compatto appunto perché le
istituzioni sono state sempre caratterizzate da un certo tasso di inquinamento
prodotto dagli
"amici degli amici".
Gli esempi
concreti, che tanti hanno dimenticato e l'aspirante premier fa finta di non
conoscere, non mancano.
«Credo - disse il Prefetto Carlo Alberto a
Giorgio Bocca nella storica intervista pubblicata su La Repubblica del 10
agosto 82, a qualche settimana dalla
"Strage di Via Carini" -
di aver capito la regola del gioco: si uccide il potente quando avviene
questa combinazione fatale, è diventato troppo pericoloso ma si può uccidere
perché è isolato».
Io
abito da quaranta anni in Veneto. Nei giorni della polemica sull'esclusione di
Lumia, trovandomi in Sicilia, ho avuto modo di registrare la reazione di
Giovanni Burgarella, un sindacalista della Cgil Trapani, già sequestrato e
torturato da boss mafiosi al servizio di imprenditori edili senza scrupoli per
aver capeggiato una rivolta di operai maltrattati.
«Ma
come? I mafiosi volevano farlo fuori e il mio partito lo tratta così? Ma si
rendono conto?» mi dice
con rabbia.
Scrivi,
Giovanni, scrivi! Prende carta e penna e va subito al nocciolo della questione.
«Bando
alle ipocrisie! Come cittadino, lavoratore e consigliere provinciale impegnato
da sempre nella lotta alla mafia nel settore edile e nella difesa dei diritti
dei più deboli - scrive
in un comunicato -
non posso fare a meno di manifestare la delusione
e l'indignazione per l'esclusione dalla lista del PD, il mio partito, dell'on.
Giuseppe Lumia. Chi, come lui, ha fatto della stessa battaglia una ragione di
vita politica, si trova indubbiamente esposto alle rappresaglie ed avrebbe
dovuto essere valorizzato. Andrebbero piuttosto emarginati quanti hanno
dialogato con "uomini del disonore" o alimentato il malaffare per trarne
vantaggi. Ma qui sembra che le cose si siano invertite: i meriti sono stati
ignorati e in qualche caso i demeriti premiati. La storia delle tre
legislature? Mi sembra una scusa. Il mio partito dovrebbe far tesoro di quanto
rilevato quindici anni fa dalla Commissione antimafia presieduta da Luciano Violante:
la responsabilità politica di certi comportamenti rende incompatibile chi li ha
assunti con lo svolgimento di funzioni pubbliche. Sono sindacalista da una vita
ma in questo caso condivido pienamente la posizione del presidente della
Confindustria siciliana Ivan Lo Bello: la mancata inclusione di Lumia nella
lista indebolisce obiettivamente l'azione di contrasto della mafia su tutti i
fronti».
Reazioni autorevoli
Giovanni
centra il problema.
Ma, comunista
di ferro, se da un canto ricorda le battaglie condotte ai bei tempi su
ispirazione di Pio La Torre,
dall'altro ha memoria delle ferree regole di disciplina del suo vecchio partito
e non si rende conto se la sua iniziativa sarà gradita del tutto e da tutti.
Il
giorno dopo, leggendo i giornali, si accorge però che le sue idee collimano
perfettamente con i concetti espressi non soltanto dallo stesso Lumia, ma
anche, fatto inusuale, addirittura dal Procuratore Generale di Caltanissetta
Giuseppe Barcellona.
«La
mia grande paura è restare isolato» sono le parole di Lumia che riecheggiano quelle di Dalla Chiesa.
«In casi come il mio, in passato - aggiunge -
è sempre
scattata la tutela attraverso una copertura istituzionale. Nella storia della
lotta alla mafia le migliori protezioni sono arrivate con la copertura del
Parlamento».
E il
dottor Barcellona?
«La
previsione di una mancata ricandidatura al Parlamento nelle prossime elezioni
nazionali di Giuseppe Lumia
- sostiene -
sottrarrebbe la magistratura isolana, e quella
nissena in particolare, di un prezioso interlocutore nel campo della lotta alla
criminalità organizzata privando altresì il territorio di una costante e vigile
presenza di persona, già presidente della Commissione nazionale antimafia, che
a rischio, come ben noto, della propria incolumità personale ha sempre portato
una voce di solidarietà ogni qualvolta le istituzioni più sensibili hanno
manifestato il loro impegno nell'attività antimafia».
Veltroni,
atto secondo
E Valter
Veltroni che fa?
Ancora
una volta evita di pronunciarsi sul problema e un bel giorno si reca a Genova
per un comizio in Piazza Matteotti.
Alla
manifestazione, organizzata in pompa magna, giungono anche esponenti della
"Casa della Legalità" «per denunciare e contestare - scrivono poi in un comunicato -
le candidature del PD» riguardanti
«personaggi le cui
collusioni con Cosa Nostra sono state accertate inequivocabilmente come nel
caso, ad esempio, di Vladimiro Crisafulli».
«In
quelle stesse liste -
precisano -
è stato invece escluso Beppe Lumia, vice presidente
della Commissione Parlamentare Antimafia,condannato a morte da Cosa Nostra, da
sempre impegnato nel contrasto alle mafie, nel sostegno ai reparti
investigativi, alle vittime ed a chi denuncia. Non crediamo infatti accettabile
che i collusi, conniventi e indagati siano candidati, mentre chi combatte la
mafia trovi esclusione ed isolamento! Crediamo giusto che i cittadini sappiano
quello che sta succedendo, che siano informati di chi sono i candidati e gli
esclusi! Abbiamo distribuito a quasi tutti i presenti in piazza il volantino
"vergognatevi" in cui si denunciava questa inquietante scelta di campo contro
l'Antimafia. Molti erano sconcertati, altri (pochi) ci hanno tacciato di essere
"berlusconiani" (sic!). Peccato che a candidare i mafiosi e amici dei mafiosi
siano tanto il PdL con Berlusconi quanto il Pd con Veltroni! Durante il comizio
di Veltroni non giungeva risposta e quando il leader del PD ha sottolineato che
"loro hanno il coraggio di fare delle scelte e che le scelte che loro fanno
sono dettate dalle esigenze del Paese", allora, abbiamo urlato: "Perché
candidate Crisafulli amico dei boss mafiosi e non candidate Beppe Lumia?". Lo
abbiamo urlato più volte mentre alcuni del servizio d'ordine che volevano
allontanarci (a forza) dalla piazza perché "maleducati", sono stati fermati da
Roberto Adorno, dirigente locale del Pd, che ci proponeva di fare un incontro
con Veltroni al termine della manifestazione per avere un chiarimento ed a cui
abbiamo risposto: non vogliamo un incontro riservato, la risposta non la deve a
noi, ma ai cittadini; è a loro che deve spiegare perchè candida Crisafulli e
non candida Lumia. Abbiamo aspettato inutilmente la fine del comizio per
sentire cosa diceva dal palco, ma una risposta non è giunta, il comizio si è
concluso con l'invito a "divertirsi tutti insieme"».
«Siamo
andati allora in Piazza De Ferrari, dove erano parcheggiati i pullman del tour» aggiungono.
«Lì, quando
Veltroni è uscito da Palazzo Ducale, abbiamo urlato nuovamente la domanda:
"Perché candidate Crisafulli amico dei boss mafiosi e non candidate Beppe Lumia
condannato a morte da Cosa Nostra?". Lo abbiamo fatto più volte mentre il
servizio d'ordine si stringeva attorno a Veltroni spingendolo velocemente verso
l'entrata del pullman (quasi fossimo dei "terroristi") e mentre Giuseppe
Morabito (di Africo ma a Genova da quando aveva 15 anni), già dirigente ed
"eletto" diessino, provava a tappare la bocca, per ben due volte, al Presidente
della Casa della Legalità, per farlo tacere e per passare quindi a spinte e
strattoni, per cercare di farlo cadere. Fortunatamente sono intervenuti gli
agenti della Digos e lo hanno fermato. A quel punto abbiamo mostrato a chi era
intorno il libro "I Complici: tutti gli uomini di Provenzano da Corleone al
Parlamento" di Lirio Abbate e Peter Gomez, dove vi è la ricostruzione completa
di chi è Vladimiro Crisafulli, mentre Beppe Lumia, come anche - di nuovo -
Nando Dalla Chiesa, uomini simbolo della lotta alla mafia, sono stati messi fuori
dalla porta! La risposta alla domanda "Perché candidate Crisafulli amico dei
boss mafiosi e non candidate Beppe Lumia condannato a morte da Cosa Nostra?"
non è giunta, Veltroni è ripartito».
Ciotti e Libera
Anche Luigi
Ciotti, assieme a tante altre personalità di spicco, ha manifestato solidarietà
a Lumia, ma se oltre a un messaggio o una semplice firma (a titolo personale o
come presidente di Libera?) avesse mobilitato le 1300 associazioni aderenti a
Libera presenti in tutto il Paese, sarebbe stato meglio.
Qualcuno
potrebbe dire che sarebbe stato visto come un invito ad associazioni
"apartitiche" a prendere posizione su un problema riguardante un
preciso partito.
Ma un
discorso del genere assumerebbe la configurazione di una censura nei confronti
dell'iniziativa del Procuratore Generale di Caltanissetta Barcellona, che
invece ha riscosso consensi unanimi in quanti hanno veramente a cuore la lotta
alla mafia e sono convinti che la stessa, per essere efficace, va condotta con
la collaborazione delle persone più motivate presenti in tutte le Istituzioni
dello Stato.
Alla fine
il problema si risolve felicemente solo per un apprezzabile atto di generosità
del primo candidato della lista per il Senato che cede generosamente il posto a
Giuseppe Lumia.
Veltroni
atto terzo
E Valter
Veltroni?
«Non
vogliamo i voti dei mafiosi: vinceremo e loro saranno distrutti» ripete nei successivi discorsi,
soprattutto in Sicilia e in Calabria.
Doverosa
parentesi per un vecchio ricordo:
"Vinceremo!" fu un'espressione
tanto cara a Benito Mussolini: verso la fine della guerra la fece scrivere
persino sulle cartoline postali - tuttora ricercate dai collezionisti del
settore - ma non gli portò fortuna.
E' chiaro
però che la lotta alla mafia, nella società e in Parlamento, possono farla
efficacemente anche le minoranze politiche attraverso la promozione di
iniziative concrete a 360 gradi: prima fra tutte l'opposizione, dura e
costante, ai tentativi dei
"soliti noti" di trasformare leggi
antimafia valide in armi spuntate o di emanare nuove leggi che di fatto
favoriscono i mafiosi.
Verità
sulle stragi
Recentemente,
Pierluigi Vigna e Antonio Ingroia hanno rilanciato per l'ennesima volta l'idea
della creazione di una commissione parlamentare d'inchiesta sulle stragi del 92
e gli attentati del 93: vedremo chi si muoverà in tal senso con la dovuta
grinta nell'ambito delle istituzioni e se
"Libera" -
associazione di associazioni la cui nascita, prima ancora dell'approvazione del
relativo statuto e della scelta della denominazione, fu patrocinata
ufficialmente da Luciano Violante in qualità di vice presidente della Camera
dei Deputati con comunicazioni scritte su carta intestata e spedite con la
franchigia del prestigioso ufficio - mobiliterà le associazioni aderenti in
questa direzione, che è l'unica da percorrere per far piena luce e
materializzare l'ectoplasma di cui tanti, in politica, parlano ma non
dimostrano concretamente la volontà di andare avanti , con coraggio, a oltranza
e senza guardare in faccia nessuno, come avevano fatto Giovanni Falcone, Paolo
Borsellino e tutte le altre personalità che non ci sono più per il semplice
fatto che avevano sempre operato a viso aperto e in prima linea consapevoli del
pericolo cui andavano incontro con le loro delicate inchieste.
Se questo
non avverrà, si darà ragione a quanti pensano che la mancata ricerca della
verità sia dovuta al timore che vengano tirati fuori certi scheletri da certi
armadi tenuti finora blindati. Un timore che si rivelerebbe più diffuso di
quanto si possa immaginare.
"Ai posteri l'ardua sentenza"
scriveva il Manzoni.