Ma in Italia vi è anche un informazione libera e indipendente. Non solo nel web, ma anche nella stampa e nella televisione. E' fatta di giornalisti e cittadini liberi che studiano, approfondiscono, si documentano e scrivono sul web, sulla base dei fatti e dei dati. Uno di questi esempi è certamente Led.it di Elio Veltri con Roberta Anguillesi e Marco Ottanelli. Vi sono poi giornalisti che sono anche cittadini liberi che hanno la forza e costanza di fare inchiesta e informazione non per ricercare scoop o fama, bensì per assolvere al ruolo di controllo che la stampa libera dovrebbe avere. Alcuni di questi esempi sono giornalisti come Marco Preve, Ferruccio Sansa, Marco Menduni, Matteo Indice, Roberto Galullo, Fabrizio Gatti, Vittorio Malagutti... per citarne alcuni. Vi sono poi i giornalisti e cittadini liberi che possono operare nell'ambito della televisione e che non "urlano" semplificazioni o slogan (utili ad uno o all'altro politico o tribuno)... giornalisti che si documentano, studiano, approfondiscono e guardano, di nuovo, in modo indipendente ai fatti a 360 gradi. Tra questi vi è la redazione di Exit, la trasmissione di Ilaria D'Amico su La7, con ad esempio Alessandro Sortino, Valentina Petrini, Alessandra Ferrari, Lisa Iotti, Rosita Rosa. Giornalisti free-lance, come gli operatori... proprio come i giornalisti che seguono le inchieste scomode di Report o alcuni della redazione di AnnoZero che però non trovano spazio nella filosofia tra militanza e sensazionalismo da audience di Santoro & C.
Di questo fronte di informazione libera non si parla nel Paese, non si discute. Li si ignora. Parlarne vorrebbe dire guardare in faccia i fatti, la realtà. Ed allora meglio che le inchieste di questi giornalisti cadano nel silenzio più in fretta possibile. Meglio il silenzio per cercare di isolarli, farli passare per "schegge" impazzite e magari anche cercare di farli stare in silenzio con pressioni su editori, dirette o tramite quella ampia schiera di "amici" travestiti da "inserzionisti".
E quanti urlano alla censura ed al regime? Tacciono anche loro, quelle "urla" sono di copione, per la messa in scena che fa concentrare le attenzioni dove il "sistema" vuole e non invece dove sono i fatti, cioè il problema e dove, quindi, si deve e può trovare anche la soluzione. La verità è scomoda e lo è anche per gli urlatori "miti" e "guru".
Del libro "Il Partito del Cemento" abbiamo già parlato ampiamente, tra poco uscirà il seguito sul panorama di colate nazionali di cemento e asfalto, ed anche qui abbiamo visto come risposta del "sistema" la minaccia della querela e la mannaia del silenzio, delle non risposte... il muro di gomma.
Del libro "Capitalismo di Rapina" e delle inchieste sul potere finanziario, le collusioni e compromissioni della "razza predona" abbiamo già parlato ed anche qui la risposta del "sistema" è stata quella di ignorare e lasciar correre perché la gente dimentica in fretta... di nuovo il muro di gomma.
Potremmo andare avanti ancora a lungo con la lista, ma, ad ora, ci concentriamo sull'unica trasmissione televisiva libera che ha saputo mandare in onda inchieste scomode facendo emergere le vere responsabilità (politiche trasversali) ed i fatti, senza sconti a nessuno.
Parliamo di Exit e delle prime due puntate di questa nuova edizione.
Nella prima puntata "La Grande Opera", Alessandro Sortino ha saputo fornire quelle informazioni sui fatti che in troppi hanno taciuto in tutto o in parte in questi anni. Finalmente sulla TAV viene offerta ai cittadini la possibilità di valutare le responsabilità delle scelte, i costi e le conseguenze (a medio e lungo termine), nonché le pesanti infiltrazioni mafiose e l'aggressione alla libertà e dignità di una comunità come quella della Val Susa. Non più un montaggio depistante sulla demonizzazione o incensazione ideologica della Tav, ma una esposizione dei fatti e dei dati perché tutti possano capire e valutare. Grazie a questo lavoro di Alessandro Sortino oggi è possibile comprendere le ragioni economiche per cui la Tav non regge... perché non è utile ad alcuno sviluppo, così come il disastro sociale e ambientale che quest'opera porta con se, dopo il Mugello e Bologna, così come anche l'infiltrazione mafiosa che caratterizza i movimenti terra ed i cantieri come già evidenziatosi nelle altre tratte a partire dalla Roma-Napoli con l'asse camorra - coop rosse. L'inchiesta di Sortino per Exit ha messo in evidenza quanto sia unito e determinato il popolo di quei territori piemontesi che non vuole quell'opera... un popolo che sono quei fantomatici soggetti eversivi o anarco-insurrezionalisti come hanno sempre tentato di far credere i pro-Tav... Ha anche evidenziato quale sia la risposta del "sistema" di Potere (trasversale, tra destra e sinistra): avanti per la Tav, anche con la forza!
Nella seconda puntata "La macchina del consenso", di Valentina Petrini, sulla Calabria, regione sotto ricatto di 'ndrangheta e politica clientelare e collusa che devasta la spesa pubblica a partire da quella che dovrebbe garantire una Sanità efficace. Questo lavoro coraggioso, che ha monitorato la campagna elettorale e le elezioni in Calabria del marzo scorso, ha portato fatti, tutti documentati e riscontrabili nelle carte ufficiali di rapporti, relazioni, inchieste e sentenze, ma anche nei bilanci e negli uomini della Regione così come delle Asl calabresi. Per la prima volta non si è piegata la questione "Calabria" alle semplificazione da "destino cinico e baro" o all"alibi" della 'ndrangheta. Valentina Petrini ha messo in evidenza quanto è stato accertato. Da un lato la 'ndrangheta condiziona il voto perché la 'ndrangheta fa affari, non si infiltra, bensì entra nella gestione del Potere, nelle stanze dove si decidono opere, stanziamenti e assunzioni; dall'altro lato una classe politica che usa la spesa pubblica, a partire da quella sanitaria, per costruire clientele che, con il voto di scambio, permettono di far bottino di pacchetti di voti in cambio di lavori in strutture sanitarie devastate e inadeguate. Ha messo in evidenza, con quelle immagini e quelle interviste, con i documenti, quanto sia concreto l'allarme lanciato da Angela Napoli sul pesante condizionamento, in tutti gli schieramenti politici, della 'ndrangheta. Lo ha fatto mettendo in evidenza che vi è una "responsabilità politica", ben prima, oltre e indipendentemente, dalla "responsabilità giudiziaria". Lo ha fatto sbattendolo in faccia a tutti e facendo comprendere quanto la Sanità calabrese, da quella della Asl di Locri dei Fortugno-Laganà a quella dominata da Domenico Crea, sino a Vibo Valentia e via così per i centri diagnostici privati che fanno incetta di soldi pubblici, eleggono i propri uomini al Consiglio Regionale (che regola le convenzioni e gli accreditamenti)... e che fanno spuntare come funghi ospedali senza attrezzature, altri che cadono a pezzi ed in cui le assunzioni sono solo clientela che poi porta, nelle emergenze, spesso, alla morte di chi invece dovrebbe trovare salvezza. Noi lo dicemmo molto tempo fa, come praticamente soli denunciammo che in Calabria non si trattava di "morti per malasanità" ma di morti per corruzione, mafia e clientela che dominano nella sanità pubblica, come in quella privata.
Davanti ai fatti contenuti in queste due inchieste lucide, precise, documentate quei famosi "popoli" che scendono nelle piazze nel nome di giudici ammazzati (senza sapere nemmeno cosa questi affermavano quando erano in vita), nell'inneggiare alla lotta alla mafia (pensando sia una questione di slogan o di colore politico), nell'urlare a senso unico contro il "regime" e la "censura" (quando invece questo è il "sistema" della Costituzione formale - e non quindi sostanziale - che abbiamo da sempre in questo Paese), cosa fanno? Tacciono, perché queste inchieste non individuano il nemico semplificato in uno o l'altro, ma fanno pensare, impongono di indignarsi e riflettere... ci dicono che non è questione dell'una o dell'altra parte ed ancor meno una questione che spetta ai magistrati affrontare risolvere. Queste inchieste ci dicono che la realtà è ben più complessa delle semplificazioni sul "tiranno" e sulla sua ciurma... Queste inchieste ci dicono che non c'è differenza, alla prova dei fatti, bensì una perfetta e univoca complementarietà dentro il "sistema"!
Qui sta la ragione per cui queste inchieste rischiano di essere attaccate nei corridoi, con le classiche telefonate agli editori, con "variazioni" di investimento degli inserzionisti, ma nel silenzio tombale che, per tutelare il "sistema", deve garantire che tutto quanto documentalmente mostrato in queste due inchieste venga dimenticato in fretta.
Ecco quindi che la questione "informazione" ci si pone davanti nella sua vera questione italiana.
Abbiamo "miti" e "guru" costruiti su forme di informazione parziali, anche urlati e barricaderi, non sono altro che pienamente funzionali al "sistema", capaci di censura quanto quel Potere che dichiarano di combattere. Tipologia di informazione che altro non è che prodotto di quella auto-censura e manipolazione delle informazioni, per ragioni di parte e per costruire fittizi scenari in cui vi sono apparenti nemici e verosimili contrapposizioni utili a mascherare il medesimo disegno sovversivo volto a ridurre gli spazi di libertà di espressione, quelli di un informazione capace di dare strumenti di riflessione e valutazione, ed anche, infine e soprattutto, permettere attacchi definitivi alla stessa azione giudiziaria ed all'autonomia e indipendenza della magistratura.
Dall'altra parte abbiamo un informazione corretta e precisa, basata sui fatti senza manipolazioni e capace a guardare a 360 gradi. Un informazione promossa da tanti giornalisti, soprattutto giovani, che non piegano il proprio lavoro alle convinzioni o convenienze di parte, e che non si prestano a scoop o campagne mediatiche in cui i giornalisti si sostituiscono ai giudici, spingendosi ad avvallare, ad esempio, le dichiarazioni di collaboratori di giustizia che l'autorità giudiziaria non ha ancora riscontrato e che quindi non hanno alcun valore di attendibilità.
Ecco dunque il problema cardine: in Italia pare proprio che non interessi la verità dei fatti, bensì piace quella sorta di verità che più si presta ad assecondare la propria visione e convinzione personale o collettiva. Ecco perché i giovani giornalisti davvero liberi ed indipendenti non fanno notizia, non vengono sostenuti come dovrebbero da quei fantomatici movimenti in difesa della "libertà", "legalità" e "informazione"... Meglio difendere i "miti", che se poi - se si studiassero le questioni e si approfondisse un attimo - si comprenderebbe non essere altro che strumento stesso del "sistema".
Noi ribadiamo che siamo al fianco di quanti lavorano seriamente nel mondo dell'informazione, che non usano gli atti giudiziari per sezionarli e offrire visioni parziali (funzionali a chi vuole attaccare le intercettazioni e le stesse inchieste giudiziarie), ma che offrono la complessiva visione degli atti (quando sono disponibili e non rischiano di mandare in fumo il lavoro dei reparti investigativi e delle Procure), e soprattutto che pongono alla base del lavoro di informazione i fatti, tutti, senza sconti o strabismi, così che chiunque possa leggerli e valutarli. Questa è l'informazione che da alla cittadinanza gli strumenti della conoscenza e quindi della scelta. Questa è l'unica informazione vera e libera, necessaria ad un Paese civile e libero... necessaria a far emergere la verità. Non possiamo più, quindi, tollerare quanti nel nome dello scoop e del guadagno usano informazioni utili (o parte) di inchieste giudiziarie, che se diffuse "brucino" quelle stesse inchieste che i "miti" ed i "guru" dell'informazione dichiarano di voler invece difendere. Questi "miti" e questi "guru" che dicono di fare informazione per battere il "regime" non fanno altro che delegittimare quella Magistratura, prestandola ad attacchi senza freno, che invece dichiarano di difendere.
Guardiamo e sosteniamo i giornalisti liberi e indipendenti... apriamo gli occhi e forse qualcosa potrà davvero cambiare in questo Paese.