Con l'Operazione "SANTA TECLA" Operazione "Santa Tecla" sgominato il "locale" della 'ndrangheta di Corigliano Calabro. Agli arresti in 67 e beni sequestrati per un valore di oltre 250 milioni di euro (tra beni mobili, immobili - 69 appartamenti e ville, 68 terreni -, attività commerciali e quote di società, 48 imprese e 55 veicoli, oltre a polizze e conti correnti). L'operazione, eseguita dal Gico e Scico della Guardia di Finanza, parte dalla Calabria e più precisamente dalla provincia di Cosenza ha raggiunto le province di Bologna, Brescia, Milano, Roma, Reggio Calabria e Foggia. Le accuse sono di associazione di stampo mafioso, estorsione, usura e traffico di stupefacenti...
Tra gli arrestati anche i fratelli della Sindaco di Corigliano (eletta lo scorso anno) Pasqualina Straface del Pdl, molto impegnata a Corigliano nella primavera scorsa, insieme al sottosegretario Mantovano per sostenere la candidatura alla presidenza della regione Scopelliti.
Si tratta degli "imprenditori" Mario e Franco Straface, indicati anche da diversi collaboratori di giustizia quali imprenditori legati alla 'ndrangheta ed accusati di un estorsione per la realizzazione di un villaggio turistico. L'accusa anche su questo caso è chiara: il capo della csca di Corigliano, Maurizio BARILARI, ha costretto il titolare della società che realizzava il villaggio ad affidare un appalto milionario alla STRAFACE srl di Mario e Franco Straface. Una volta estorto l'incarico la STRAFACE srl ha provveduto a subappaltare i lavori e far eseguire fatture relative a importi non dovuti, così da creare fondi neri per la cosca. Secondo l'accusa la spesa dell'opera ha subito un aumento di spesa a carico dell'imprenditore vittima superiore al 20% dell'importo dei lavori.
Il nome dell'operazione, "Santa Tecla", della DDA di Catanzaro prende spunto dalla via del centro milanese, nei pressi del Duomo, dove gli uomini della cosca si incontravano per organizzare le strategie e gli accordi dei traffici di stupefacenti.
Il potente "locale" colpito dall'operazione sino al 10 giugno 2009 era guidato da Antonio BRUNO (59 anni), detto "giravite", ucciso in quella data. Da allora la guida era passata nelle mani di Maurizio BARILARI (41 anni), già arrestato il 16 luglio dello scorso anno nell'operazione "TIMPONE ROSSO" e che aveva colpito il "clan degli zingari". Dalle indagini è emerso il collegamento di detto clan con il "locale" di Corigliano.
Tra gli altri arrestati con posizioni forti all'interno del clan coriglianese vi sono: Pietro Salvatore MOLLO con il cognato Alfonso Sandro MARRAZZO, oltre a Antonio MARRAZZO, Pietro Longobuco MARRAZZO detto "'u iancu".
La cosca, oltre alle imprese utilizzava anche la società di calcio SCHIAVONEA '97 per riciclare i proventi di estorsioni e usura, attraverso l'emissione di fatture per operazioni inesistenti. L'importo delle fatture emesse dalle società era in realtà l'importo dell'estorsione mentre quelle della società sportiva utilizzava l'ormai collaudato sistema delle "sponsorizzazioni". Il presidente della società sportiva e della società di tinteggiatura usata per le fatture "estorsive" era il fratello del capocosca, ovvero il 39enne Fabio BARILARI.