Oltre a pubblicare, di seguito, gli articoli di Repubblica - Genova e de Il Secolo XIX relativi all'Operazione Antimafia "Il Crimine", pubblichiamo integralmente i quattro volumi dell'Ordinanza di Fermo a conclusione della lunga indagine delle DDA di Milano e Reggio Calabria (in formato .pdf): primo
volume | secondo volume | terzo volume | quarto volume Seguono gli articoli dei quotidiani genovesi...
14.07.2010 - REPUBBLICA
La maxioperazione
Scacco al "clan dei calabresi"
in manette il boss e l´emergente
Droga e appalti pubblici, Genova nella
geografia delle cosche
L´incubo ´Ndrangheta
Tra la Calabria e Milano 156 indagati, l'inchiesta ligure mette nel mirino Domenico Gangemi e Domenico
Belcastro
GIUSEPPE FILETTO
MARCO PREVE
Le frizioni, per il controllo del
crimine, tra il gruppo di Domenico Gangemi, "affiliato di
elevato spessore alla ‘ndrangheta», e quello di Domenico Belcastro
si sarebbero risolte nella riunione di settembre, alla festa della
Madonna della Montagna dei Polsi, quando i due calabresi, residenti a
Genova, sarebbero tornati al paese. A Reggio Calabria il primo, a
Siderno il secondo. La tregua sarebbe stata firmata, affidando nuovi
incarichi, da Domenico Oppedisano, "U Mastru", al vertice
delle famiglie della "provincia", divisa in tre mandamenti:
Tirrenico, Jonico e Centro.
Tutto ciò emerge dalle intercettazioni
ambientali nell´agosto del 2009 in Calabria, nell´ambito della maxi
operazione denominata «Il Crimine». La ramificazione dell´indagine,
sul territorio ligure affidata alla Squadra Mobile ed ai carabinieri
del Ros (a Genova gli arresti sono coordinati dal procuratore
aggiunto Vincenzo Scolastico e dal pm Alberto Lari), ieri ha portato
al fermo di Gangemi, dagli ambienti investigativi ritenuto referente
della ‘ndrina per la Liguria, e di Belcastro, l´emergente,
accusati del reato di associazione mafiosa (416 bis). Insieme ad
altri 121 affiliati alle famiglie calabresi, sparse in tutta Italia,
sono finiti in un provvedimento composto da 2665 pagine. In tutto
sono 156 gli indagati, "Mimmo" Gangemi, di 64 anni,
nel 1970 indicato quale capo del quartiere reggino di Spirito Santo,
in quel periodo era rimasto coinvolto persino in un omicidio: prima
che il boss giungesse a Genova e aprisse il negozio di frutta e
verdura "Da Mimmo" in piazza Giusti. Nell´ordinanza di
custodia si legge che è sposato con Francesca Condidoro (dalla quale
ha avuto due figli), sorella del pregiudicato Arcangelo, anche lui
residente nel capoluogo ligure.
Domenico Belcastro, di 48 anni, nato a
Siderno, a Genova con la famiglia (ha un figlio) abita in via
Fereggiano, dove gestisce una rivendita materiali edili, la
"Edilmarassi". Anch´egli con vari precedenti di polizia
però è ritenuto un personaggio di profilo più basso. È difeso
dall´avvocato Pietro Bogliolo.
Le indagini portano alla luce la
geografia delle cosche, che dalla Calabria si ramifica nel Nord
Italia. Allunga i suoi tentacoli, seguendo una ragione economica, e
si insedia a Genova, il più importante accesso alle rotte di
approvvigionamento di droga. Gangemi e Balcastro apparterrebbero al
"locale" del capoluogo ligure che conta parecchi affiliati
e controllerebbe l´assegnazione degli appalti pubblici (soprattutto
il rilascio di licenze commerciali), ma che cerca pure di indirizzare
i voti della comunità calabrese. Inoltre, la ‘ndrangheta
attraverso i "locali" di Ventimiglia, Sarzana e Lavagna, ha
individuato nella Riviera un paradiso ove riciclare ricchezza
prodotta dalle attività illecite, all´ombra del Casinò di Sanremo.
Nell´ordinanza si legge che i due, Gangemi e Belcastro, in rotta di
collisione tra loro, sono "elementi di vertice, che dirigono il
sodalizio, assumono decisioni rilevanti, comminano sanzioni agli
associati". In particolare Gangemi è incaricato di tenere i
contatti con Oppedisano; Belcastro quelli con Giuseppe Commisso, capo
delle famiglie di Siderno.
In un dialogo registrato dai Ros
l´interesse delle cosche per le elezioni. E le loro indicazioni
Sullo sfondo l´ombra del voto di
scambio "Appoggiamo Monteleone e la Moio"
Ancora una volta la ‘ndrangheta si
dimostra interessata alla gestione del potere. E ancora una volta,
nelle intercettazioni di un´inchiesta, spuntano nomi di politici sui
quali convogliare i voti della comunità. Magari all´insaputa degli
stessi beneficiari.
È quanto sostengono ad esempio Rosario
Monteleone, Udc, presidente del Consiglio regionale della Liguria, e
Fortunata Moio, poco più che ventenne di Ventimiglia che si candidò
ma non fu eletta alle regionali. I loro nomi saltano fuori nel corso
di una dialogo registrato dai carabinieri del Ros. Domenico Belcastro
parla con Giuseppe Commisso, ritenuto il capo della cosca di Siderno.
Belcastro riferisce dei contrasti con Gangemi a proposito dei
candidati da sostenere alle imminenti elezioni regionali: «Stiamo
appoggiando ad uno... che vi conosce... quel Moio... che è un amico
che si impegna e adesso sta candidando la figlia». Vincenzo Moio,
originario di Taurianova, è stato vicesindaco di Ventimiglia mentre
la figlia Fortunata era candidata per la Lista Bertone, Partito
Pensionati, Alleanza Democratica.
Belcastro spiega che Gangemi era
contrario perché appoggiava un "finanziere" che gli
avrebbe fatto avere un lavoro per il genero («... uno sbirro, cinque
anni fa ha detto lui che è sbirro questo qua che è un infame»);
poi dice un po´ confusamente che Gangemi in seguito avrebbe
sostenuto «... a Monteleone lui... lo potete appoggiare... uno vale
l´altro... appoggiamo a Monteleone». Successivamente, sempre a
stare al racconto di Belcastro, Gangemi si sarebbe pentito e avrebbe
«chiesto scusa pure a questo Moio». Insomma, aldilà della poca
chiarezza ciò che appare evidente è la volontà dei presunti
affiliati alla ‘ndrangheta di controllare il voto di una parte
della comunità calabrese in Liguria. Perché, come spiega Gangemi in
una conversazione con il boss Domenico Oppedisano «compare, quello
che amministriamo lì, lo amministriamo per la nostra terra... non è
che lì amministrano loro... lì amministriamo sempre noi calabresi».
Un aspetto che è stato più volte
sottolineato dagli attivisti della Casa della Legalità di Christian
Abbondanza che una settimana fa avevano distribuito un volantino in
cui si sottolineava il ruolo di Gangemi. Rosario Monteleone è
amareggiato ma la sua replica è durissima: «Sono millantatori. Ho
conosciuto Gangemi alcuni anni fa; mi era stato presentato e mi aveva
chiesto aiuto per trovare un posto di lavoro ad un suo parente a
Reggio Calabria. Di fronte alla mia dichiarata impossibilità di
aiutarlo disse che si sarebbe rivolto ad esponenti di altri partiti.
Tutti sanno come faccio politica. Addirittura non mi iscrivo neppure
alle associazioni. Escludo quindi nella maniera più categorica di
aver mai avuto alcun tipo di aiuto elettorale dai signori coinvolti
nell´inchiesta».
(g. fil. e m. p.)
Il dossier
La Casa della Legalità denuncia
"Controllate i comuni a Ponente"
La Casa della Legalità di Genova
chiede al prefetto di Savona Claudio Sammartino l´istituzione di una
procedura per verificare lo stato di infiltrazione mafiosa di due
comuni del Savonese: Borghetto Santo Spirito e Balestrino.
L´associazione che da anni denuncia la presenza della criminalità
organizzata in Liguria e in altre regioni italiane ha fornito alla
prefettura un voluminoso dossier nel quale si sottolinea come alcuni
imprenditori della zona, i cui nomi sono legati a condanne o a
segnalazioni della Direzione Nazionale Antimafia, controllino
importanti settori degli appalti e del commercio. Christian
Abbondanza e altri attivisti, nei giorni scorsi, oltre ad aver
volantinato a San Fruttuoso per segnalare il ruolo di Domenico
Gangemi, avevano anche pubblicato - e consegnato alle forze
dell´ordine - due foto scattate durante la Festa dei Calabresi
organizzata dall´associazione Mediterraneo della quale è presidente
il consigliere comunale del Pdl Aldo Praticò. In alcune immagini
Gangemi è ritratto con altre persone assieme al politico, che
precisa: «Quell´incontro è avvenuto durante un evento pubblico
dove viene chi vuole e invitiamo sempre anche tv e media a
partecipare. Come politico conosco tanta gente, non se ne può più
dei parallelismi calabresi-´ndrangheta, siciliani-mafia». Gli
attivisti della Casa della Legalità sono reduci da un altro
volantinaggio a Loano, nel corso del quale, così hanno denunciato,
sono stati aggrediti da Antonio Fameli, nome noto alle cronache per
una condanna per omicidio annullata in Cassazione per un vizio di
forma e più volte sottoposto a misure di sorveglianza speciale.
Gli articoli de IL SECOLO XIX del 14.07.2010
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