Ora parliamo! La misura è colma. Siamo stati silenti nonostante i dubbi, tanti, troppi, su un'indagine che è stata condotta, a nostro avviso, in modo inadeguato per poter conseguire un risultato sul piano giudiziario. Noi siamo imputati a Torino per aver detto che alla DDA di Genova vi erano problemi seri. Oggi, crediamo, che sia evidente che quelle nostre preoccupazioni e critiche (senza mai alcuna offesa) non fossero campate in aria. Ma andiamo, brevemente, con ordine...
Non siamo al Sud. Non siamo quindi in una terra dove si è “consolidata” una giurisprudenza sulle organizzazioni mafiose. Non siamo nemmeno a Milano, dove ancora, da decenni, si è “consolidata” quella stessa giurisprudenza. Non siamo neanche a Torino, dove, nuovamente, vi sono ormai accertamenti giudiziari “storici”. Siamo in Liguria, terra dove la mafia c'è da decenni ma non la si è mai voluta vedere. Una terra dove, come ha detto anche il magistrato Anna Canepa, della Direzione Nazionale Antimafia, la responsabilità è anche di alcuni magistrati ciechi! Siamo in Liguria, quindi, all'incirca tra i trenta e quarantanni fa rispetto al sud, a Milano e Torino. Siamo a prima di Falcone e Borsellino...
Qui, in Liguria, al Nord, la 'ndrangheta non è quella conosciuta come sanguinaria, spudorata e cruenta, della Calabria. Così come la Camorra non è quella conclamata, palpabile e visibile della Campania... Così come nemmeno Cosa Nostra è quella vecchia immagine "coppola e lupara" che le fiction ci rappresentano. Qui, in Liguria ed al Nord, si mimetizzano, evitano accuratamente di rendersi evidente per quei tratti cruenti, eclatanti. Qui in Liguria fanno affari, riciclano, comprano e corrompono, si impossessano dell'economia "legale" e distruggono il libero mercato, così come succhiano ogni risorsa pubblica, dai soldi degli appalti e contributi, al territorio. Piegano, condizionando e infiltrando, la stessa gestione della cosa pubblica, mercanteggiando pacchetti di voti. Offrono servizi a basso costo per politica e imprese. Qui ha un volto mascherato, anche ben protetto da legami indicibili, che già ritrovavamo nello scandalo Teardo (primi anni Ottanta!) e che troppo spesso i Giudici non sanno (o non vogliono) riconoscere...
E quando si è un terra come la Liguria si deve partire dall'ABC dell'antimafia. Non si possono fare salti nel vuoto. Non si può combattere un “ectoplasma”... Se lo si fa, alla prima prova si cade e si producono danni. Si rende vano un lavoro immane dei reparti investigativi. I danni divengono devastanti. Andiamo avanti...
Il ROS che da Genova ha seguito l'indagine “MAGLIO 3” sulla 'ndrangheta in Liguria e “MAGLIO 1” sull'emanazione 'ndranghetista nel Basso Piemonte, ha operato così come opera il ROS a Milano, a Torino... a Reggio Calabria. Un lavoro di indagine capillare. Ed allora perché, restando al nord, a Milano arrivano le condanne, così come per le indagini di Torino, mentre per le indagini eseguite da Genova arrivano solo assoluzioni “perché il fatto non sussiste”?
La risposta non è certamente nei reparti investigativi, nel senso che lì di responsabilità non ce ne sono. La risposta la troviamo in quello che ci spiegava Giovanni Falcone (vedi qui). E la responsabilità quindi è nella scelta di coordinamento delle indagini, ovvero sull'impostazione data all'indagine ed al successivo mosaico probatorio scelto dai magistrati della pubblica accusa.
Perché? Semplice. Qui non abbiamo una “storia” giudiziaria che abbia accertato la presenza ed esistenza della 'ndrangheta. A Milano c'è, così come a Torino. Ed allora, soprattutto quando questa “storia” giudiziaria, queste sentenze passate in giudicato, non ci sono, bisogna dimostrare, senza possibilità di dubbio, non solo che esiste un'associazione di stampo mafioso, ma anche cosa fanno i componenti di quella associazione mafiosa.
Occorre partire dal basso, dai “reati-fine” e quindi salire all'associazione mafiosa. Questo è ciò che è mancato a MAGLIO 3 e MAGLIO 1...
Primo passo: “MAGLIO 1” (o “Alba Chiara”). Filone dell'indagine della DDA di Genova passato a Torino per competenza territoriale. Il materiale probatorio procurato dal lavoro del ROS è ben più che sufficiente per dimostrare l'esistenza della 'Ndrangheta nel Basso Piemonte. Mancano però atri pezzo del mosaico che l'indagine della DDA genovese non ha approfondito e che, quindi, non ha indicato. Non c'era la contestazione di alcun “reato-fine” che sarebbe stato commesso dai vertici e partecipanti del “locale” 'ndranghetista del Basso Piemonte. Mentre si svolge il procedimento con rito abbreviato il Giudice scarcera, per “cessata la pericolosità sociale”, tutti gli imputati. La DDA di Torino corre ai ripari (come abbiamo già visto, vedi qui) ed a pochi giorni dalla sentenza produce un supplemento di indagine che indica cosa facevano e quali vantaggi raggiungevano gli affiliati. Ormai però, per il primo il grado è tardi. Tutti assolti con formula piena: il fatto non sussiste.
Secondo passo: “MAGLIO 3”. Il filone principale dell'indagine coordinata dalla DDA genovese contro (una parte) della 'Ndrangheta in Liguria (ma con un buco nero abnorme: il savonese). Anche qui il materiale raccolto dal ROS è ben più che sufficiente per dimostrare l'esistenza della 'Ndrangheta, dei suoi “locali” e persino le dinamiche interne per influenzare le competizioni elettorali. Se l'unitarietà dell'organizzazione c'è, mancano i “reati-fine”. Completamente assente il “livello” imprenditoriale della 'ndrangheta in Liguria. Nessun indagine patrimoniale e sui movimenti dei soldi, sul “cosa fanno” e “quali vantaggi” producono il vertice ed i partecipi della 'Ndrangheta in questa regione. Non solo. A Genova, nel dibattimento a rito abbreviato, la DDA non riesce ad opporsi in modo efficace, come avviene invece a Torino o Milano, per fare due esempi, alla contestazione delle “traduzioni” dei dialoghi intercettati. Il procedimento si ferma. Si nomina un perito, come richiesto dalla Difesa, che certificherà “l'errore” nella tradizione dei dialoghi fatta dal ROS. Non sono riunioni di 'ndrangheta ma incontri tra compaesani, è il verdetto dell'interprete. Qui, a differenza che a Torino, la DDA non produce alcun nuovo elemento probatorio in merito ai “reati-fine”. Arriva la sentenza: tutti assolti con formula piena: il fatto non sussiste.
Ora, di nuovo, il ROS a Torino e Milano sa fare le indagini ed a Genova no? No, non scherziamo. Quello che con ogni evidenza è mancato a Genova (così come nel filone sull'alessandrino) sono i cardini probatori su che “cosa facevano” e “cosa producevano” gli 'ndranghetisti imputati.
E' vero, la Cassazione ha sancito che il 416 bis è un reato contestabile in quanto tale. Di per se non necessita di avere “reati-fine”. Questo è senza dubbio vero. Ma è vero quando si è già accertata che in un determinato ambito e territorio la mafia, in questo caso la 'Ndrangheta, esiste. Se questo presupposto, giudiziariamente parlando non c'è, se non c'è un retroterra (come a Torino o Milano) giudiziario che dimostra in modo consolidato che tale organizzazione mafiosa è presente ed attiva sul territorio, allora serve dimostrarlo, renderlo evidente al di là di ogni possibile dubbio.
Persino a Torino e Milano, ancora oggi, nelle inchieste antimafia vengono indicati i “reati-fine”, a Genova ciò non è stato fatto. A Torino e Milano ad ogni inchiesta antimafia vengono affiancate (intersecandosi) le indagini patrimoniali, la mappatura dei rapporti di collusione e complicità con il potere pubblico, oltre, anche, che con pezzi dei poteri e delle autorità di controllo. Si indaga sull'organizzazione e si indaga sulla rete di “imprese”, sugli affari degli uomini della 'ndrangheta e sui loro fiancheggiatori. Questo, tutto questo, nell'indagine e nell'impianto probatorio promosso dalla DDA di Genova non c'era. L'indagine era minata alla radice... ed ora ha mandato all'aria tutto il lavoro, tutto il patrimonio di conoscenza dell'organizzazione, che era stato, anno dopo anno, per anni, sviluppato dal ROS.
Qualcuno potrebbe dire. Vi è stata un'accelerata nella chiusura dell'indagine perché vi era stata una fuga di notizie. Vero in parte. I giornali scrivono quando le carte escono. Ed a Genova, per ogni inchiesta delicata, come già quella che riguardava i Mamone nel 2008 o Gullace, dopo, nel 2011, non si comprende perché escano da quel Palazzo quando ancora non sono state oggetto di un'Ordinanza del GIP. Ed allora: le talpe del Palazzo vanno individuate e colpite. Non si può liquidare la cosa con: il quotidiano ha pubblicato i nomi degli indagati ed ha bruciato l'inchiesta. Ma se ai giornalisti, quei nomi e dettagli, chi indagava non li avesse fatti, non ci sarebbe stata alcuna pubblicazione! Nessuna accelerata...
Qualcuno potrebbe dire: mancavano i “reati-fine” e rilievi patrimoniali, sul volto della 'ndrangheta che sta sul “mercato”, quello delle imprese e degli appalti e subappalti, quello che si occupa del riciclaggio, ad esempio? No, sostenere che mancavano questi possibili tasselli sarebbe falso! C'erano ma si sono “scollegati” quei filoni di indagine (emersi da inchieste non solo di Genova, ma anche del savonese e dell'imperiese, in alcuni, molteplici casi, anche con già condanne e pesanti precedenti) dall'indagine “madre” sulla 'ndrangheta in Liguria, ovvero da “MAGLIO 3”.
I magistrati hanno ampio potere discrezionale di valutare cosa portare come impianto accusatorio e cosa escludere. Hanno pieno diritto di farlo. Così come hanno pieno diritto di valutare quali filoni trascurare o lasciare fuori da un'indagine. Lo hanno fatto. In questo caso il pm Alberto Lari ed il Procuratore aggiunto Vincenzo Scolastico (che si vantava di aver concluso l'indagine MAGLIO 1 e 3 in un solo anno). L'impianto accusatorio scelto non ha retto, l'assoluzione perché il fatto non sussite per tutti gli imputati è devastante!
Ora forse, dopo questa ultima "mazzata", è più chiaro il perché delle nostre critiche alla DDA di Genova. Avremmo voluto sbagliarci allora. Speravamo di essere stati “esagerati” nel vedere e nell'indicare, senza mai offendere (o voler offendere), e sempre con una legittima critica, le scelte che ritenevamo sbagliate. Avremmo voluto essere smentiti in quelle nostre preoccupazioni. Avevamo detto che ritenevamo indispensabile che le indagini di mafia fossero seguite da chi ha una consolidata esperienza e memoria storica del fenomeno, perché altrimenti si rischia di veder sfumare le importanti emergenze investigative.
Non eravamo Cassandre, avevamo solo letto e riletto quegli Atti dell'indagine MAGLIO 1 e 3, ad esempio. Avevamo visto che mancavano quei capisaldi indispensabili perché da un'indagine sulla mafia si arrivasse ad una condanna dei mafiosi. Abbiamo solo valutato il tutto secondo quanto abbiamo appreso da altre inchieste e soprattutto da ciò che indicava, come ABC, Giovanni Falcone.
Noi a Torino dobbiamo rispondere di “diffamazione” nei confronti di quei magistrati che abbiamo criticato sul merito dei fatti e senza mai e poi mai andare oltre alla legittima e civile critica. Imputati per aver indicato questioni di opportunità. Gli 'ndranghetisti che quei magistrati dovevano far condannare, sono oggi liberi e assolti con formula piena!
Rendiamo conto di un fatto a questo punto, e da qui ripartiamo, voltando pagina una volta per tutte. Non vi è stata qualche assoluzione, qualche pena minore rispetto a quelle richieste... Siamo davanti ad un crollo totale, assoluto, dell'impianto accusatorio promosso dalla passata gestione della DDA di Genova. Tutti, tutti assolti con "formula piena"!
Il Giudice non avrà compreso, ma forse gli elementi probatori non gli hanno nemmeno permesso di vedere, fuori da ogni margine di dubbio, che quei 10 uomini erano e sono 10 'ndranghetisti, così come già era accaduto, a Torino, per il filone dell'indagine svolta a Genova e passata, per l'esecuzione, alla Dda piemontese.
Il colpo è stato pesante, non c'è tempo da perdere. Bisogna subito ripartire e tornare a colpirli finché non saranno schiacciati. La 'Ndrangheta deve essere, e può essere, spazzata via!
P.S. 1
Il dottor Scolastico qualche mese fa insultava e infangava pubblicamente il Presidente della Casa della Legalità per le critiche che gli aveva ed avevamo mosso. Poi in un incontro con i giornalisti tornò addirittura ad attaccare Abbondanza affermando nuovamente il falso, ovvero che era stato condannato a Torino per una querela del pm Landolfi, quando a Torino non c'è stata alcuna condanna per Abbondanza. Il suo problema pareva essere solo Abbondanza.
P.S. 2
Oggi, alcuni degli 'ndranghetisti assolti e liberati, che – sappiamo bene – imputavano ad Abbondanza le loro “disgrazie”, sono liberi e si aggiungono agli altri, che ad Abbondanza l'hanno giurata. Possiamo stare davvero tranquilli!
P.S. 3
La DDA di Genova ha voltato pagina con l'arrivo del Procuratore Capo Michele Di Lecce. Questi, oggi, davanti alla sentenza di primo grado, che assolve tutti gli imputati dell'indagine MAGLIO 3, ha già annunciato che, lette le motivazioni della sentenza, si promuoverà l'Appello, ricordando che la 'ndrangheta in Liguria esiste e la si combatterà.
Noi non faremo mancare il nostro modesto contributo, perché come abbiamo già detto: ne vale la pena, e non molliamo... Le vittime, tante e ancora chiuse nel silenzio, piegate dalla paura o dalla sfiducia nello Stato, hanno bisogno e Diritto di vedere che la Giustizia, anche se lenta, troppo lenta, alla fine arriva!
integrazione:
P.S. 4
Sono mesi che, lette le carte, letta l'impostazione data al processo "MAGLIO 3" avevamo compreso che si satava andando verso un'assoluzione degli imputati. Lo abbiamo confidato ad alcuni giornalisti ed addetti ai lavori. Auspicavamo di essere smentiti. Purtroppo la smentita a quelle nostre valutazioni non c'è stata... Non poteva esserci quando, come abbiamo visto si procede, in una realtà "nuova" dal punto di vista giudiziario a procedimenti per 416 bis, solo alla contestazione dell'associazione di stampo mafioso, senza contestazione di "reati fine" (e li spoteva indicare) e quant'altro abbiamo sopra indicato e qui non ripetiamo. La scelta di suddividere in diversi filoni, e quindi in distiti procedimenti, le risultanze delle indagini (procedimento per usura con al centro il Garcea, procedimento sui Pellegrino-Barilaro fermo al palo così come quello ai Marcianò, il filone relativo al patto politico-mafioso affrontato separatamente, ecc ecc) ha indebolito in modo evidente il mosaico probatorio sulla 'Ndrangheta in Liguria. Era una scelta legittima, quella fatta dall'allora Dda di Genova. Una scelta che rientra nella piena autonomia delle scelte e valutazioni dei pm titolari dell'indagine, il pm Lari ed il proc. Scolastico. Ma era una scelta discutibile alla luce della memoria storica della indagini sulle organizzazioni mafiose. Una scelta che non ritenevamo adatta per conseguire un risultato giudiziario efficace. Ora è evidente la scelta di procedere in quel modo, adottata dall'allora Dda di Genova, ha prodotto un terremoto, devastando l'impianto accusatorio ed indebolendo, di conseguenza, anche tutti gli altri filoni di indagine paralleli ancora aperti.
Si va avanti!