
A
Genova
la logica dei doppi binari sembra una
tradizione a cui non si vuole rinunciare. Mentre i
reparti
investigativi lavorano e mettono a segno importanti risultati per
estirpare le mafie, ci sono
pezzi delle Istituzioni che
remano contro, anzi che fanno esattamente il contrario.
Partiamo
dall'azione di "pulizia". La DIA di Genova con l'
Operazione
"Terra di Nessuno" ha dato il via ad un'azione per
colpire al cuore l'organizzazione criminale: nel patrimonio. Dopo il
colpo inflitto alla
famiglia siciliana dei CANFAROTTA,
anche i loro "amici" sono finiti nei guai. E' iniziato l'effetto
domino. Così che sono iniziati i sequestri alla
famiglia
calabrese degli ZAPPONE da parte della Polizia di Stato. Se
però il sequestro promosso dalla DIA, con il pm Lari della DDA, ai
CANFAROTTA ha portato al sequestro dell'intero
patrimonio pari a
circa 5 milioni di euro, quello
applicato a
ZAPPONE dalla Polizia di Stato, con il
pm Nanni sempre della DDA, è stato
un sequestro parziale dei
beni riconducibili all'attività criminale degli
ZAPPONE,
ovvero solo 4 "alcove"... ora aspettiamo il seguito!
Ma oltre
ai sequestri è stata promossa, dai reparti investigativi, la
necessità di porre
Benito Canfarotta,
Filippa
Lo Re,
Salvatore Canfarotta, così come di
Salvatore
Zappone, alla
sorveglianza speciale (il
figlio del Salvatore,
Cecilio Zappone, era già agli
arresti da un anno per aver gambizzato un marocchino nella zona della
Maddalena)...
I
CANFAROTTA avevano accumulato
un patrimonio ingiustificabile con le "regolari" entrate, in
decenni di attività praticamente "tollerate" dalle Istituzioni
locali, sono divenuti il punto di riferimento per una sorta di
"smistamento" della tratta dei migranti (soprattutto dalle
informazioni che abbiamo acquisito tra Vico del Pepe e Vico della
Rosa)... chi destinato alla prostituzione negli immobili di
"proprietà" della famiglia, chi invece ad una vita da
clandestino e quindi bacino di quel lavoro nero che prolifera
soprattutto nei cantieri edili, ma non solo. E' così che dopo un
indagine di anni ai soggetti oggetto del provvedimento è stato
contestato sia lo sfruttamento della prostituzione, sia quello
dell'immigrazione clandestina.
Gli
ZAPPONE,
invece, ed in particolare per il provvedimento in questione, il
vecchio boss
Salvatore ZAPPONE ed il figlio
Cecilio,
sfruttavano la prostituzione dando in "affitto" appartamenti e
bassi a più prostitute per ogni immobile, così da far "rendere"
al massimo l'esercizio delle straniere e quindi accumulare per la
famiglia un ingente capitale illecito. Dei beni sequestrati due sono
intestate al Salvatore e due al figlio carcerato e si trovano tutte
nella zona della Maddalena (vico dietro il coro della Maddalena, vico
Cannone, vico Lavagna e piazza Lavagna). Lo
ZAPPONE
che era già stato "avvisato" dall'Autorità per le sue
frequentazioni con uomini della criminalità organizzata (noi
sappiamo per certo che oltre ai rapporto con i
CANFAROTTA,
infatti, il vecchio boss si accompagnava spesso con il
boss
Rosario CACI), aveva anche annunciato di averci querelato -
noi siamo ancora in attesa di collezionare anche la sua, sic! -
perché affermava che lui è persona per bene e non potevamo
permetterci di indicarlo come mafioso.
In parallelo alle
operazioni antimafia nei confronti dei
CANFAROTTA e
ZAPPONE, anche altri storici boss del centro storico
genovese continuano a meritare attenzione. Ed è proprio qui che si
inserisce chi rema contro nell'ambito delle Istituzioni locali, chi
in modo più velato e chi invece in modi eclatanti.
Partiamo
dal boss
Rosario CACI, esponente di primo piano
della mafia gelese, legato agli
EMMANUELLO ed al
clan di
PIDDU MADONIA. Al
CACI nel
2005 la DIA fece confiscare i beni di Vico delle Mele (un
appartamento e tre bassi) ed un casolare nell'alessandrino.
Demanio,
Prefettura (gestione Prefetto Giuseppe Romano) e
Comune di Genova (Giunte Pericu e Vincenzi) hanno
fatto per anni orecchie da mercante, lasciando che il boss, uscito
dal carcere per la condanna a 17 anni, tornasse beato a vivere nei
beni confiscati. La storia va avanti sino a tutto il 2007, quando,
dopo una serie di iniziative pubbliche a partire da ottobre, come
Casa della Legalità, riuscimmo
a far sì che venisse sloggiato il boss. La cosa curiosa è che
l'
amministratore di condominio del palazzo dove vi
sono i beni confiscati, non solo è un residente che quindi conosce
bene la storia del
CACI ed il suo spessore
criminale, ma
è anche un agente della Polizia Municipale,
Fabio Fabri, del nucleo operante proprio nel centro storico!
Non si è mai accorto di nulla in questo caso come in altri dei
palazzi amministrati dalla società "Studio Fabbri e Magri sas"
(che con
lui vede anche operare moglie e figlio), dove la presenza di attività
di sfruttamento della prostituzione è estremamente palese, come ad
esempio oltre al Vico delle Mele, proprio Vico della Rosa al centro
delle attività dei
CANFAROTTA. Ma non basta sul
CACI anche l'ex (per fortuna)
Vice Prefetto
di Genova (ora a Bologna e
ci spiace per la città emiliana),
Pasquale Gioffré
(uno
dei
dirigente dell'associazione "Città del Sole"
con, tra gli altri,
Salvatore Ottavio COSMA - fulcro
dei contatti tra politica, amministratori pubblici e 'ndranghetisi -,
Gaetano FOGLIANI - principale
esponente dell'impero economico-commerciale della famiglia FOGLIANI
indicata dalla DIA e PNA come fulcro di riciclaggio a Genova -,
Giuseppe PROFITI - l'uomo
del cardinal BERTONE, al centro di inchieste per corruzione,
turbative d'asta e minacce a pubblico ufficiale), non si
è prodigato molto... non solo perché la Prefettura svolge un ruolo
determinante sui beni confiscati ed invece è rimasta muta davanti al
boss che li aveva rioccupati, ma anche perché si è spinto persino a
richiamare pesantemente i cittadini di vico delle Mele che in un
incontro sulle problematiche della sicurezza gli segnalavano per
l'ennesima volta che il
boss Rosario CACI continuava
a farla da padrone in quel territorio. Può bastare? Certo che no.
Il
Comune di Genova, con l'Amministrazione guidata da Marta
Vincenzi-Marchese, pensa bene di pagare l'albergo al boss Rosario
CACI nel momento in cui finalmente si era riusciti sull'onda
della nostra pubblica denuncia a farlo sgomberare dal bene confiscato
ed anche dopo che il nuovo Prefetto Anna Maria Cancellieri dispose la
scorta per gli operai che dovevano effettuare i lavori di
restauro dei beni confiscati di Vico delle Mele, che il boss CACI
continuava a minacciare.
Basta? No... e così intanto
il Comune di Genova rilascia anche una licenzia per aprire un
pubblico esercizio, il bar "la Boheme cafè" di Via
Canneto il Lungo, una parallela della centralissima Via San Lorenzo,
intestato al figlio ma dove opera il
boss Rosario CACI con
la "madre dei suoi figli". Basta? Non ancora... infatti
il boss che sfreccia da un vicolo all'altro, che minaccia
gli operai tanto che la Prefettura fa disporre la scorta.... che
premette ai giornalisti che lui non è mafioso ma vorrebbe vedere
Abbondanza - che afferma gli ricordi il colonnello Riccio della DIA
- sciolto nell'acido,
oltre a vivere in albergo a spese del
Comune di Genova, cioè dei contribuenti, percepisce anche una
pensione di invalidità, da invalido al 100%!
E con cotanta
beneficenza a favore del boss mafioso almeno i beni di vico delle
Mele sono stati aperti per finalità sociali? Certo che no,
mica ci si può scontrare con il "proprietario" ed allora la
Vincenzi-Marchese con il consulente da 96mila euro all'anno Nando
Dalla Chiesa (anche presidente onorario di Libera) accennano ad una
sorta di apertura dei beni con l'associazione Libera rappresentata
dal Nando medesimo, per poi richiuderli e consegnarli nuovamente al
buio più totale. La delibera per il percorso che con i Liberi
Cittadini della Maddalena avevamo proposto come Casa della Legalità,
cioè una gestione comune di tutte le associazioni disponibili per
attività sociali sulla base dei bisogni espressi dagli abitanti
della zona, così da allargare la "bonifica" a tutto il
territorio circostante, è sempre ferma e mai la Giunta trova il
tempo di approvarla e l'Assessore alla Sicurezza, che si era preso
impegno a procedere per coordinare tale percorso, continua a ripetere
"è pronta, è pronta... bisogna solo approvarla"... Appunto...
non c'era tempo per approvare la delibera per riaprire i beni
confiscati ma gli Uffici comunali hanno dato il via libera, grazie al
parere favorevole del nucleo dei vigili urbani dove opera il buon
vigile-amministratore Fabbri, ad un dehor in uno dei classici stretti
vicoli della zona della Maddalena, proprio nel
regno di CACI,
al
bar dove si ritrovano gli amici del boss di Cosa Nostra,
che amano sedersi per guardare bene a destra e a manca, tra vico San
Sepolcro, piazzetta dei Greci e piazza delle Vigne, per poi
fischiettare se passa qualcuno di particolare o aggredire chi osa
filmare o fotografare quei vicoli (dove vi è uno dei palazzi dei
Rolli, il Brancaleone Grillo, che non a caso viene categoricamente
dimenticato dalle iniziative del Comune)... E tra questi amanti della
seggiola-di-controllo vi è anche il prossimo dei personaggi che
adesso vediamo: il
Vincenzo FIUMANO'.
Già
tutto questo dovrebbe bastare per farci capire la situazione ma a
tutto questo si aggiunge la storia di un altro storico boss della
città vecchia, il calabrese
Vincenzo FIUMANO'. Lui
gira, si aggira per il centro storico... passa da un bar all'altro
dove incontra i suoi... vaga con l'Ape, passa di negozio in
negozio... aveva provato anche a "presidiare" piazza Senarega
quando doveva svolgersi la nostra manifestazione contro le mafie...
ma noi l'abbiamo fatta lo stesso alla faccia sua e dei suoi sodali.
Il vecchio calabrese si fa chiamare
"don Vincenzo"
e prova sempre a farsi vedere quando ci sono le riunioni degli
abitanti della Maddalena... certe volte arriva anche a piazzare la
propria Ape nel mezzo delle piazze dove si devono tenere le
assemblee. Ma non gira solo qui... anche lui ama girare in Comune ed
anche qui, come per
CACI, l'amore sembra ricambiato.
Perché? Semplice: ci è stato segnalato che il
Vincenzo
FIUMANO' riceve un assegno di sostegno sociale dal
Comune di Genova! Ma anche qui, tranquilli,
questa è
solo la ciliegina sulla torta offerta dall'Amministrazione comunale.
Infatti allo stesso ed alla sua famiglia sono stati rilasciate
tranquillamente dal Comune le licenze per attività commerciali sia
proprio nella zona storica delle loro attività, la Maddalena, sia
anche per quella baraccopoli, data in gestione a stranieri, che sorge
in Piazza Caricamento, davanti al Porto Antico, tra l'uscita
della metropolitana e lo storico Palazzo San Giorgio.
Sarebbe
davvero utile scoprire sulla base di quali leggi e norme il Comune di
Genova da questi sostegni economici ai boss mafiosi. Ci sono Comuni
che nel sud Italia che davanti a procedure e "sovvenzioni" del
genere, vengono sciolti!
A Genova vi sono leggi
diverse, probabilmente, stando ai fatti! Forse è per questo che il
Salvatore CANFAROTTA, il 25 luglio scorso, ha
lanciato un appello per avere sostegni economici dopo i sequestri
della DIA, affermando che avevano già avuto il sostegno della
Caritas. Curioso già questo aspetto: da un lato le
organizzazioni religiose aiutano molto nel contrasto allo
sfruttamento della prostituzione e dall'altro si mettono a sostenere
chi sfruttava la prostituzione e l'immigrazione clandestina? Ma
andiamo avanti. Il
Salvatore CANFAROTTA, che si
recava in Sicilia e incontrava anche certo
LO PICCOLO
(che non è un mafioso perché lui si è premunito di chiedergli se
lo fosse, ricevendo la risposto: no, solo omonimia), dice che ha
rotto ogni rapporto con il padre molti anni fa per sostenere che lui
è pulito e che i beni che gli sono stati sequestrati sono per lui
fondamentali per mantenere le sue tre bambine. Ma se aveva rotto i
rapporti con il padre e la madre (il
Benito e la
Filippa LO RE), come mai aveva i beni in comune con
loro? E poi se è vero che ha rotto i rapporti, perché era lui ad
andare in Sicilia a tenere i rapporti e seguire gli "affari"
della famiglia? Ed ancora : ha intenzione di collaborare con la
magistratura e dire tutto quello che sa? E' pronto a scegliere la via
della collaborazione con la Giustizia e svuotare il sacco
sull'origine dell'immenso patrimonio e della rete con cui (o per cui)
gestivano lo sfruttamento della prostituzione e dell'immigrazione
clandestina?
Anche in questo caso sarà difficile che ci giungano
risposte, ma magari scopriremo che anche per lui e gli altri
CANFAROTTA,
scatterà (o magari è già scattato) un aiutino del
Comune
di Genova, d'altronde il vecchio
Benito CANFAROTTA
è sempre in bella vista a mostrarsi come se nulla fosse in Piazza
Caricamento, prima o poi qualche sostegno anche a loro, oltre che al
CACI e
FIUMANO' con le leggi e
norme che pare siano in vigore a Genova, l'aiutino è facile che lo
trovi da chi remava e continua a remare contro le operazioni
antimafia nella città della Lanterna. E poi: agli
ZAPPONE
niente? Il figliolo faceva già una sorta di "ronda" nei
carruggi... sparando il 1 giugno 2008 alle gambe di un 22enne
marocchino e finendo proprio per questa "attività" dietro le
sbarre.
Non ci resta che attendere... e per noi
attendere è sempre girare, raccogliere segnalazioni e passarle a chi
di dovere! Perché, nonostante l'atteggiamento e le scelte
devastanti del Comune di Genova,
i cittadini collaborano e
segnalano... e questo è il segnale più importante che
segna non solo un sostegno concreto ai reparti investigativi, ma
anche un
effettivo cambiamento, con la rottura del silenzio e
dell'omertà che per troppi anni ha dominato indisturbata.
E
nell'attendere, cioè nel continuare ad agire in quel territorio,
iniziamo già a seguire bene la mappatura dei beni sequestrati (come
di quelli che devono ancora essere sequestrati)
perché
quando scatterà la confisca definitiva, non vogliamo proprio che il
Comune di Genova ripeta la pratica del voltarsi dall'altra parte,
lasciandoli chiusi o nell'uso o disponibilità dei boss,
come è successo per quelli di Vico delle Mele, a pochi passi da
"Calata Falcone Borsellino e loro compagni di sacrificio". Non
solo siamo pronti alle denunce, pubbliche e nelle opportune sedi, ma
siamo pronti ad azioni civili concrete!